27/11/07

La dolcissima Dorothea

Dorotheas Rache
La dolcissima Dorothea
di Peter Fleischmann (1973 RFT/FRA 92')
con Regis Genger, Anna Henkel, Barbara Ossenkopp,
Elisabeth Potchanski, Gunther Thiedicke

Introvabile in Italia il terzo lungometraggio simbolista di Fleischmann, autentico scult movie, narra di Dorothea, un'adolescente di Amburgo, figlia di borghesi benestanti, il cui padre si interessa solo ai giocattoli che fabbrica (meccanismi capaci di indurre risate isteriche nei possessori), mentre la madre ha una relazione con altri due uomini.
Dorothea annuncia, nelle prime sequenze, ai genitori di aver fatto l'amore con un marziano e come prova mostra di possedere un fumante meteorite. I genitori allarmati si chiedono se la pillola del giorno dopo possa aver efficacia in caso di rapporti del terzo tipo. Si scopre che la ragazza si diverte a parodiare i film erotici con gli amici alla ricerca del vero significato dell'amore. Ma ben presto passa dal gioco alla realtà, accumulando esperienze di ogni genere in una serie incredibile di situazioni freak...La discesa di Dorothea é progressiva e la ragazza attraversa questi affastellati "inferni derisori" senza mai perdere una sorta di grazia e innocenza, tanto che la protagonista fu soprannominata "Maria Maddalena del quartiere a luci rosse". Alla fine, con i suoi amici, Dorothea abbandona la città per stabilirsi in campagna, dove forse comincerà un'altra vita in un utopico finale dove il ritorno alla natura permette di rigettare l'oscena società degli uomini che distrugge l'amore e coglierne finalmente il vero profondo significato.
Nell'intenzione degli autori (Fleischmann e Jean-Claude Carrière) il film vuole rappresentare, attraverso le modalità della satira e le forme della parodia, la distruzione dell'amore e denunciare lo sfruttamento commerciale del sesso in una oscena società capitalistica. I metodi di ripresa sono affini a quelli del cinema verità con tutta la pellicola filmata con camera a mano in ambienti naturali, con una fotografia volutamente sciatta e rozza per richiamare l'estetica del cinema porno (che all'epoca stava invadendo il mercato). Il fantasma di Bunuel aleggia sulla pellicola, ricca di momenti surreali e ammantata di un evangelismo blasfemo. L'ironia e lo humour nero accompagnano l'odissea di Dorothea e il film viene ad essere un'analisi inesorabile sulla nevrosi ossessiva del sesso nella società contemporanea. Jodorowsky, Arrabal e Topor conferirono alla pellicola il Gran Premio del Gruppo Panico ed elogiarono il risultato surrealista ottenuto da Fleischmann, riallacciandolo alle teorie di Pasolini e Breton. L'attrice Anna Henkel, che in seguito reciterà nel "Novecento" di Bertolucci, si mette in gioco totalmente e senza mai perdere la purezza, vittima in un viaggio iniziatico attraverso l'oscurità, la bizzarria, l'osceno e il perverso che regnano nella malata società contemporanea.

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