23/12/12

Programmazione Scaglie gennaio 2013

Gennaio Cinema 2013 Scaglie


Mercoledì 9 Gennaio ore 21.30
Twixt
di Francis Ford Coppola (2011 USA 88’)

L’esecuzione del vampiro, il covo di streghe, undici bambini sgozzati, una gang di presunti satanisti ai confini della città. E non è finita: uno sceriffo burbero che custodisce il cadavere impalato di una bambina, e il di lei spettro che si aggira nei boschi chiedendo salvezza. 

In una parola “Twixt”, l’incubo di Francis Ford Coppola approdato in Europa sul palcoscenico del Torino Film Festival che lo ha scelto come evento di chiusura. C’è una sottile linea che separa l’horror dell’anima dal caos dell’anima e il regista de “Il padrino” vuole raccontarci la sua nuova storia lungo quei confini. Un budget di soli sette milioni di dollari gli permette di creare un esperimento visivo in territorio horror di indubbio fascino. 

Un viaggio allucinogeno nel mondo reale e in quello del sogno, due realtà destinate a incrociarsi e contagiarsi a vicenda. Dopo una prima mezz’ora ipnotica, Coppola sembra indeciso: continuare con il mistero o scegliere la logica narrativa classica. Edgar Allan Poe viene scelto dal regista come guida del protagonista all’interno dell’orrore. Lontano da Hollywood e con parte della critica che ormai non crede più nel suo cinema, Coppola non si preoccupa e continua a fare film personali, da duro e puro maverick.

Mercoledì 16 Gennaio ore 21.30
Beket
di Davide Manuli (2008 ITA 80’)

Commedia della solitudine in forma di itinerario geografico-esistenziale, un film non per tutti i palati: impegnativo alla visione, pieno di riferimenti, intelligente ma (consapevolmente) criptico. Per chi è disposto ad accettare la sfida, si tratta di una parafrasi del beckettiano "Aspettando Godot"; una versione "dinamizzata" che ha ricevuto premi della critica a Locarno. "Dinamizzata" nel senso che, invece di starsene fermi ad aspettare, Vladimiro ed Estragone (qui ribattezzati Jajà e Freak) per andare da Godot si mettono on-the-road per la strada che solca un paesaggio desertico. Ma incrociano un sacco di gente: Adamo ed Eva, un cowboy? Guest-star Fabrizio Gifuni, Roberto "Freak" Antoni degli Skiantos, Paolo Rossi (in immagine televisiva), Beckett manifesta ascendenze nobili (ci sono memorie del surrealismo), ma poi gioca con i codici e gli stereotipi del cinema di genere. Un divertissement strano - non tutti saranno disposti a trovarlo divertente - che nella bella fotografia in bianco nero di Tarek Ben Abdallah evoca il cinema di Ciprì e Maresco.

Mercoledì 23 Gennaio ore 21.30
Fuoco
di Gian Vittorio Baldi (1968 ITA 86’)

Amato dai "Cahiers du cinema" e boicottato dalla censura e dal mercato, Gian Vittorio Baldi è uno dei cineasti più anomali nella storia del cinema italiano e un autore impegnato nelle tematiche della marginalità individuale e sociale. Il suo itinerario di regista e produttore, nelle tensioni degli anni Sessanta e Settanta, è rappresentativo di quell'epoca di utopie e provocazioni.
"Fuoco!" (1968), definito da Morando Morandini "notevolissimo per rigore, adeguamento tra intenzioni e risultati, coerenza interna tra materia drammatica e forme in cui è espressa", viene presentato in DVD nell'edizione restaurata dalla Cineteca di Bologna presso il laboratorio 'L'Immagine Ritrovata'.
Girato interamente in presa diretta, il film racconta un episodio inquietante ed enigmatico: un uomo, asserragliato nel suo miserabile appartamento con la moglie e la bambina, spara contro la statua della Madonna durante una processione religiosa. Nasconde in casa un arsenale e continua a fare fuoco alla cieca dalla finestra. Inizia l'assedio delle forze dell'ordine che si protrarrà per un giorno e una notte. Presentato alla Mostra del cinema di Venezia del 1968, divenne subito emblematico del clima di violenta contestazione contro lo stato, la famiglia, la religione.

Mercoledì 30 Gennaio ore 21.30
The Pixar Story
di Leslie Iwerks (2007 USA 87’)

Non è un documentario come gli altri, questo the Pixar Story. Ha seguito un lungo percorso. Leslie Iwerks ha semplicemente cominciato a raccontare una storia che ancora doveva concludersi. Se sei saggio e vuoi fare un documentario, aspetti che la storia sia pronta per essere raccontata. Ovvero aspetti che, in qualche modo, termini. Questo accade di solito. Ma Leslie Iwerks alla saggezza preferisce di gran lunga l’audacia.
Così la regista segue tutte le volute della complessa vicenda Pixar. E per farlo ci mette un po’ di tempo: «Abbiamo cominciato a girare nel 2002» ammette la prolifica regista «e nel 2006 siamo riusciti a concluderlo. Credo ne sia valsa la pena, non credete?». L’applauso scatta sincero. Sincero perché, ancora una volta, la Iwerks coinvolge in una storia di grandi scommesse e sfide. Portate avanti con sana follia e poco raziocinio. Esattamente come quella che l’ha portata a girare il documentario. La coerenza, prima di tutto.  Tutto nasce da Tron. Più o meno. Dopo che il giovane regista John Lasseter lo vede si chiede: «Perché non possiamo farlo anche noi?!». Mi correggo. Non lo chiede a sé stesso, ma al suo capo alla Disney. Allora John prova a fare una timida animazione in 3D e la presenta al capo.  Il capo gli dà una pacca sulla spalla, gli fa un sorriso e torna nel suo ufficio. Il giorno dopo Lasseter viene licenziato. La troppa audacia alcune volte non paga. O forse Lasseter non aveva osato abbastanza. Insieme a un certo Steve Jobs, già milionario, e a Ed Catmull, un mega computer scientist, lanciano una poderosa sfida all’industria dell’intrattenimento: produrre e girare cartoni animati in 3D. Inizialmente utilizzano la nuova tecnologia per diverse scene in Bianca & Bernie nella terra dei canguri e ne La Bella e la Bestia (giusto per mostrare i muscoli e far vedere di cosa erano capaci). Presa fiducia nelle loro capacità e potenzialità cominciano a lavorare sul primo lungometraggio: Toy Story. Da qui è Storia. Monsters and co., Nemo, Gli incredibili, Up. Una storia di successi, premi Oscar e super incassi al botteghino. Quello che ci mostra la Iwerks è l’ardore, il credere ciecamente in qualcosa che non c’è e “make it happen”. Sia nel momento della creazione dal nulla della compagnia, sia nella sua piena affermazione. Pochi sanno che Toy Story 2 fu riscritto in un fine settimana perché le preview erano andate malissimo. Un’azienda che spinge sempre più in là il limite, che non si ferma ed è avida di stupirci, ancora una volta, nel buio delle grandi sale.

(recensioni tratte dal web)

17/12/12

Rudolf Steiner e il sogno del serpente verde



Il barcaiolo rappresenta le forze inferiori della natura; egli riposa sulla riva opposta – la vita mentale – del fiume, che rappresenta il mondo astrale, il piano della brama.
Due fuochi fatui, in cui vive solamente il kama-manas, l’intelletto inferiore, vogliono pagare il barcaiolo con l’oro, ma egli non ne ha bisogno. L’intelletto inferiore non può dominare le forze inferiori della natura.
Il fiume significa la passione.
I frutti della Terra, tre cavoli, tre cipolle, tre carciofi – tre volte tre fa nove –, esprimono l’elemento sensoriale umano.
La voragine separa i quattro principi inferiori da quelli superiori. Nella voragine vi abita il bel serpente verde, il manas superiore, il sé spirituale.
Il barcaiolo raccoglie l’oro e lo va a gettare nella voragine, dove il serpente lo ingoia, diventando, per questo, trasparente e luminoso. Egli ne ricerca il donatore e trova i fuochi fatui, rallegrandosi d’incontrare dei parenti. Essi gli dicono di essere imparentati con lui solo in apparenza. Il serpente si sente a disagio in quella compagnia, non può drizzarsi verso l’alto e teme di perdere il suo splendore. Chiede da dove provenga l’oro ed essi se ne scrollano una gran quantità; egli lo ingoia con avidità, diventando più luminoso, e li servirà per riconoscenza. Essi gli chiedono qual è la via per andare dalla bella Lilia – la somma beatitudine – e vengono a sapere che essa abita al di là dell’acqua, da dove essi provenivano.
Il barcaiolo trasporta solo di qua e non di là – veniamo al mondo tramite le forze di natura; l’uomo deve poi ritornare da se stesso nel mondo superiore. Il serpente indica ai fuochi fatui due possibilità: egli si offre di traghettarli a mezzogiorno; il gigante offre la seconda possibilità – la morte –, il cui corpo non è capace di far nulla, ma la cui ombra – il sonno, il sonno profondo, il trance – può fare molto, anzi, tutto: essa si distende sul fiume la sera e al mattino. I fuochi fatui si allontanano, il serpente torna nella voragine rocciosa dove soleva andare. Lì, già precedentemente, aveva fatto una strana scoperta; attraverso un crepaccio, aveva trovato cose che erano sino allora sconosciute. Fino a quel momento aveva incontrato soltanto prodotti naturali che poteva distinguere col suo sentire anche negli spazi sotterranei; portava alla luce cristalli, argento e molte pietre preziose. Si stupì di trovare pareti lisce, colonne ben modellate e figure umane. Con la sua luce non poteva rischiarare completamente la volta sotterranea, ma riconobbe gli oggetti.
La prima figura, un re d’oro – manas, il pensare –, la seconda un re d’argento – budhi –, la terza un re di bronzo – atman –, l’uomo con la lampada – la religione; la fiamma della lampada illuminava l’intero tempio. Il quarto re – i quattro principi inferiori – aveva venature d’oro, d’argento e di bronzo non ben amalgamate: i tre superiori mescolati in modo disarmonico con gli inferiori.
La fiamma della lampada, la forza della religione, però, non può illuminare se non le vien incontro la fede. Il serpente vede ora il quarto re.
Il re d’oro chiede all’uomo: «Quanti segreti conosci?». «Tre», risponde il vecchio. «Qual è il più importante?», chiede il re d’argento. «Quello palese». «Vuoi manifestarlo anche a noi?», chiede il re di bronzo. «Appena saprò il quarto».
«Io so il quarto», dice il serpente; e bisbiglia al vecchio qualcosa nell’orecchio. Il vecchio esclama con voce possente: «È giunta l’ora!». Il tempio riecheggia, le statue risuonano, il vecchio sprofonda verso occidente, il serpente verso oriente.
Il tempio è il tempio dei misteri, come si trova ancora in India, dove venivano rappresentati in modo figurato gli elementi fondamentali dell’uomo. Il serpente sussurra al vecchio di essere pronto a sacrificarsi. Il vecchio grida: «È giunta l’ora!». Il tempio risuona. Nel “Prologo in cielo” del Faust leggiamo:
243 Gareggia il sole, con l’antico suono, tra le sfere sorelle, in armonia.
Il cielo – devachan, mondo spirituale – è il piano dove risuona; là il suono – il regno, la musica delle sfere – 1
4667 risuonando è, per le orecchie spirituali, già nato il nuovo giorno.2
I passaggi che il vecchio percorre si riempiono subito d’oro dietro di lui; la lampada ha la proprietà di trasformare tutte le pietre in oro, tutto il legno in argento, gli animali morti in pietre preziose e di distruggere tutti i metalli, ma deve illuminare da sola, poiché con un’altra luce vicina produce soltanto un bel chiarore.
Il vecchio rientra nella sua capanna sulla montagna e vi trova la moglie in lacrime. Essa racconta come i fuochi fatui l’avessero importunata, si fossero scrollati di dosso l’oro e come per disgrazia il loro cagnolino ne avesse mangiato e sia ora morto. Essa aveva promesso di saldare il loro debito al barcaiolo. «Quale debito?», chiede il vecchio. «Tre cavoli, tre carciofi e tre cipolle», risponde la donna. La vecchia è l’essenza animica – la vita sensibile abituale. I fuochi fatui – la scienza intellettuale – leccano l’oro – il sapere storico – e lo spargono di nuovo; esso lusinga la natura inferiore, ma non ha alcuna forza vivificante – il cagnolino che ne mangia muore. La scienza naturale nega la forza vitale e senza la forza vivificante della lampada – per la luce che porta la religione – la vita muore attraverso il sapere morto. Nella quarta incarnazione planetaria della Terra, la Terra attuale,3 il regno minerale racchiude la forma per la saggezza. La donna paga il fiume della passione con i frutti della Terra. Il cavolo, il vegetale a buccia, rappresenta le foglie; la cipolla, l’essenza, che consiste di involucri, rappresenta la radice; il carciofo, il frutto. Essa deve pagare questo tributo al fiume. La donna spegne il fuoco del camino, raccoglie le monete d’oro e ora la lampada illumina di nuovo nel più bello splendore, i muri si ricoprono d’oro e il cagnolino è trasformato in onice.
«Prendi il tuo cesto», disse il vecchio, «e metti dentro l’onice, poi prendi i tre cavoli, i tre carciofi e le tre cipolle, sistemali intorno alla pietra e portali al fiume. A mezzogiorno fatti traghettare dal serpente e va a trovare la bella Lilia; portale l’onice; toccandolo lo renderà vivo, come toccando tutto ciò che è vivo lo uccide. Dille che non deve essere triste, che può considerare la più grande disgrazia come la più grande fortuna, poiché l’ora è arrivata».
Il cesto pesa sulla testa della vecchia appena si mette in cammino; la verdura fresca pesa, non l’onice; tutte le cose morte che porta non le sente, anzi il cesto si solleva in alto e rimane sospeso su di lei; ma una verdura fresca o un animale vivo le è molto gravoso. Calpesta quasi l’ombra del gigante, non sa come evitarlo; le mani della sua ombra le prendono un cavolo, un carciofo e una cipolla; poi egli le lascia libero il cammino; essa riflette se non debba tornare indietro, ma continua ad andare avanti fino a raggiungere il fiume e attende a lungo il barcaiolo, che alla fine arriva. Un uomo giovane, bello e nobile scende dalla barca. Il barcaiolo non accetta la verdura, poiché manca un pezzo di ciascun ortaggio, malgrado l’insistenza della donna. Egli le assicura che non dipende nemmeno da lui.
«Devo tenere assieme quello che mi spetta – egli dice – per nove ore, e non posso accettare nulla per me, finché non ne abbia dato un terzo al fiume. C’è ancora un mezzo: se garantite per il fiume, io prendo i sei capi, ma questo presenta un certo pericolo». «Se mantengo la parola non corro nessun pericolo?». «Nessuno, mettete la vostra mano nel fiume – prosegue il vecchio – e promettete di saldare il debito entro ventiquattr’ore». La vecchia fa così e si spaventa vedendo la sua mano diventata tutta nera. È infelice perché addirittura inizia ad esser più piccola. «Ora appare solo così – dice il vecchio, – ma se non mantenete la parola può diventarlo davvero; potrete fare tutto con essa, ma nessuno la vedrà».
Tre volte tre fa nove, il numero dell’elemento sensoriale umano; l’essere umano è passato attraverso tutti i tre regni. La donna paga il fiume delle passioni con i frutti della terra. Dell’essenza animica, della donna va persa una parte dei suoi istinti e frutti che essa ha acquisito con cura nell’orto, e cioè dormendo, sognando, non stando desta. Tuttavia si è impegnata a saldare il debito dei fuochi fatui – della forza intellettuale; il raziocinio da solo non essendo capace di portare né foglie, né fiori, né frutti, affida ciò alle forze animiche. Ma le forze inferiori della natura – il barcaiolo – insistono sulla loro ragione ed anche il fiume delle passioni sarà appagato. Ma qui alla donna mancano i mezzi sufficienti a questo, essa lo sconta sul suo corpo. L’uomo lascia posto alla passione, così subisce un danno. È molto particolare che la donna si rammarichi molto per l’aspetto che la gente vedrà, più che per la perdita della capacità di lavorare («Preferirei non poterla usare, ma che si vedesse», ella dice, riferendosi alla mano), che però, a dir il vero, secondo le parole del barcaiolo, non incombe su di lei. La donna prende ora il suo cesto e corre dietro al giovane. Costui, anche per il suo strano aspetto (corazza e mantello purpureo, il capo scoperto e i piedi nudi esposti alla calura del sole), la induce ad attaccar discorso con lui, ma egli se ne interessa poco. Non appena però egli viene a sapere che la strada porta anche lei dalla bella Lilia, si fa coraggio ed esclama: «Facciamo la stessa strada». Si scambiano il racconto delle loro vicende; il giovane descrive la sua situazione: corona, scettro e spada sono andati persi, corazza e mantello gli sono di peso, egli è stanco e bisognoso come ogni altro figlio della terra, poiché i begli occhi azzurri di lei, Lilia, tolgono la forza ad ogni essere vivente e quelli che non ha ucciso col suo tocco, si trovano ridotti a vivere come ombre vaganti.
Il giovane è soprattutto l’umanità che è ammalata di nostalgia della vita, l’eterno femminino la trae verso l’alto. Se l’uomo aspira alla conoscenza superiore, viene colpito da una paralisi; quindi, senza salde basi morali è pericoloso cercarla. L’attacco impetuoso ha come conseguenza la morte. L’amore uccide la vita, ma uccide affinché possa risorgere la vera vita nel senso del “muori e diventa”:4
Chi non muore prima di morire, quando muore si corrompe.5
L’io inferiore deve morire. Così la morte è la radice della vita.
Essi giungono al ponte, il serpente – il manas superiore – che si è inarcato sopra il fiume. Dall’altra parte

si accorgono che li stanno accompagnando i fuochi fatui. Inoltre il serpente stesso li segue. La donna, il giovane e il serpente vanno da Lilia, i fuochi fatui restano fino al crepuscolo nel parco di Lilia. La vecchia si avvicina per prima a Lilia ed inizia con entusiasmo a lodarne la bellezza. Lilia risponde: «Non rattristarmi con una lode inopportuna, non fai che accrescere la mia infelicità». Il suo canarino – la forza profetica –, spaventato dal falco – l’annunciatore del futuro (insegna anche a capire le leggi) – si è rifugiato sul suo seno ed ora è morto. Certo, il colpevole paralizzato dal suo sguardo sconta la propria pena sulla riva. La vecchia porta ora la notizia del marito: la più grande infelicità sia considerata come la più grande felicità, poiché «è giunta l’ora». Essa chiede a Lilia di procurarle gli ortaggi mancanti nel suo cesto. Cavoli e cipolle – foglie e radici – glieli darebbe volentieri, ma il suo giardino non ha un carciofo – frutto. La donna vedendo con spavento come la sua mano scompaia sempre di più, vuole andarsene, ma ricordatasi del cagnolino, lo dà ora a Lilia. Lilia vede con piacere e meraviglia i molti bei segni: la morte dell’uccello, la mano nera dell’amica, il cagnolino di pietra preziosa che è mandato dalla lampada; tuttavia si lamenta: «Perché il tempio non è sul fiume? Perché il ponte non è costruito?». Il serpente appare e le dice parole di incoraggiamento, la profezia sarebbe compiuta, il ponte di pietre preziose si inarca sopra il fiume. Lilia risponde che la profezia non parla solo di pedoni, ma di carrozze e cavalli che dovrebbero poter passare su un solido ponte, i cui pilastri poggerebbero sul fiume.
La vecchia, con gli occhi fissi sulla mano, vorrebbe andare; Lilia le chiede di portare con sé il canarino, affinché la lampada lo possa trasformare in un bel topazio; essa poi lo farà rivivere. «Ma fate in fretta – dice alla donna – poiché al tramonto una putrefazione prenderà la povera bestiola». La vecchia mette il cadavere tra le foglie nel cesto e se ne va in fretta.
«Il tempio è costruito», riprende il serpente. «Ma non si alza ancora sul fiume», obietta Lilia. «Giace ancora nelle profondità della terra, – dice il serpente – io ho parlato con i re». «Quando si alzeranno?», chiede Lilia. Risponde il serpente: «Ho sentito risuonare nel tempio le grandi parole: “È giunta l’ora!”». Divenuta serena, Lilia dice: «Io odo già per la seconda volta, oggi, queste parole felici; quando verrà il giorno in cui le sentirò per la terza volta?». Tre ancelle le si avvicinano. Intanto lei gioca con il cagnolino rianimato, dotato però solo di mezza vita.
Il giovane si avvicina abbattuto e pallido; porta sulla mano il falco – il messaggero del futuro, la profezia dei misteri –, alla cui vista Lilia è contrariata, poiché ha ucciso il suo beniamino. «Non rimproverare l’uccello – ribatte il giovane – e concedimi di stare insieme al compagno della mia sventura». Geloso del cane che ella stringe al seno, si risveglia nel giovane l’ultima scintilla del suo eroismo. Il falco vola via dalla sua mano, egli si avventa sulla bella e cade esanime ai suoi piedi. Lilia disperata cerca aiuto. Il serpente forma col suo corpo un cerchio attorno al cadavere, afferra con i denti l’estremità della coda e rimane lì fermo.
Ora si avvicinano le ancelle: la prima porta un seggiolino a Lilia, la seconda le mette un velo color del fuoco attorno al capo, la terza le porge un’arpa. Appena Lilia ne trae alcuni suoni, la prima torna con uno specchio in modo che Lilia vi scorga la propria immagine risparmiata dal dolore. In quel momento torna senza fiato la donna col cesto; né il barcaiolo né il gigante la vogliono traghettare. Il serpente e Lilia aspettano con impazienza e tristezza, vedono in alto nell’aria il falco, il cui petto di color rosso fuoco raccoglie gli ultimi raggi del sole. Si sono inviati i fuochi fatui per far venire l’uomo con la lampada. Il serpente è molto contento del buon segno, che non inganna, poiché poco dopo vi arriva l’uomo con la lampada sul lago, come se camminasse sui pattini. Egli tranquillizza Lilia e dice: «Un individuo singolo non può esser d’aiuto, ma solo chi si unisce con molti altri al momento giusto».
Egli si pone con la lampada vicino al serpente in modo da far cadere la luce sul giovane. Anche il canarino viene messo sul cadavere. Giunge la vecchia, ancor sempre preoccupata per la sua mano, con i fuochi fatui che si intrattengono con Lilia. Il sole è tramontato; la lampada, il serpente e il velo della giovane donna illuminano, ciascuno con una propria luce. Preoccupazione e dolore erano attenuati da una sicura speranza. Intanto si era fatta mezzanotte. Il vecchio guarda le stelle e dice: «Siamo riuniti in un momento fortunato, ognuno compia il proprio compito, e una felicità generale dissolverà i singoli dolori, come un’infelicità generale distrugge le singole gioie». Ognuno era soddisfatto del proprio compito, parlandone ad alta voce. Solo le tre ancelle dormono per la stanchezza. Il vecchio dice al falco: «Prendi lo specchio e con il primo raggio di sole illumina le fanciulle addormentate e svegliale con la luce riflessa dall’alto». Il serpente si scioglie e si reca verso il fiume, seguito dai fuochi fatui con aria seria. Il vecchio e sua moglie tirano il cesto in lunghezza, che ora diffonde una propria luce, prima non notata, vi adagiano dentro il corpo del giovane e l’uccellino morto. Il cesto si libra in alto sopra il capo della vecchia, Lilia segue col cane, l’uomo con la lampada chiude il corteo. Giunti a riva vedono il serpente che ha dispiegato un magnifico arco sul fiume; tutti avanzano, il serpente li raggiunge e richiude un cerchio intorno al cadavere. Il barcaiolo li osserva con stupore. Il vecchio chiede al serpente che cosa ha deciso. «Di sacrificarmi prima di venire sacrificato». Lilia tocca il serpente con la mano sinistra e il giovane con la destra; egli ritorna in vita, si mette ritto, l’uccellino vola sulla sua spalla, ma lo spirito non era ancora tornato in loro. Si accorgono con stupore che il serpente si era frantumato in migliaia di pietre preziose. Il vecchio e sua moglie ne raccolgono i pezzi e li gettano nel fiume.
Il vecchio apre il corteo che va verso il tempio con la lampada, il giovane lo segue in modo meccanico, Lilia esitante si tiene a una certa distanza, la vecchia cerca di portare la sua mano nella luce della lampada, i fuochi fatui chiudono il corteo. La via conduce attraverso la roccia che si apre davanti a loro. Essi giungono a una grande porta di bronzo con i battenti chiusi da una serratura d’oro. I fuochi fatui leccano serratura e chiavistello – l’accesso ai gradini superiori della coscienza deve dapprima essere cercato dall’intelletto. Le porte si aprono di scatto, il bronzo risuona forte e nel tempio appaiono le figure dei re illuminate dalle luci che entrano. Tutti si inchinano davanti a loro; il re d’oro chiede: «Da dove venite?». «Dal mondo», risponde il vecchio. «Dove andate?», chiese il re d’argento. «Nel mondo», dice il vecchio. «Che cosa volete da noi?», chiede il re di bronzo. «Accompagnarvi», dice il vecchio. I fuochi fatui vogliono avvicinarsi al re d’oro, che li allontana; dopo aver illuminato il re d’argento, si dirigono di soppiatto, passando davanti a quello di bronzo, al re misto. «Chi dominerà il mondo?», chiese questi. «Chi sta sui propri piedi», risponde il vecchio. «Sono io quello!», dice il re misto. «Si vedrà, poiché è giunta l’ora», dice il vecchio.
La bella Lilia si getta al collo del vecchio e lo bacia nel modo più affettuoso: «Padre santo, ti ringrazio infinitamente, perché odo per la terza volta le parole profetiche».
Ora, appena finito di parlare, il terreno comincia a tremare sotto di loro, ed ella si aggrappa strettamente al vecchio. Il giovane e la vecchia si tengono l’un l’altro. Il tempio comincia a muoversi dapprima nelle profondità, poi sotto il fiume, e nella salita le macerie della piccola capanna del barcaiolo cadono attraverso la cupola del tempio e coprono il vecchio e il giovane. Le donne balzano di lato; il tempio si scuote come una nave che inaspettatamente tocchi terra. Nella penombra le donne si aggirano intorno alla capanna, la porta è chiusa. Ascoltano meravigliate il legno che inizia a tintinnare: la lampada lo ha trasformato in argento, che si amplia in un magnifico tempietto o altare d’argento in mezzo al grande tempio. Il giovane sale in alto per una scala, l’uomo con la lampada gli fa luce e un altro in una corta veste bianca, con in mano un remo d’argento, sembra sorreggerlo: è l’ex barcaiolo. Attraverso il passaggio sul ponte, il tempio doveva rendersi visibile grazie alla cooperazione di tutte le forze. Solo attraverso lo spirito di sacrificio dell’io è possibile il superamento del fiume delle passioni. I fuochi fatui devono aprire il tempio. Occorre avere la conoscenza della natura per penetrare i segreti.
Lilia sale all’altare, deve ancora tenersi lontana dal suo amato. La vecchia è infelice per il fatto che fra tanti prodigi non ve ne sia uno che possa salvarle la mano. Suo marito indica la porta aperta e dice: «Guarda, sta spuntando il giorno, corri a bagnarti nel fiume». Essa ne ha paura perché non ha ancora pagato il suo debito. «Va’, – dice il vecchio, – «dammi retta! Tutti i debiti sono rimessi». Essa si precipita di corsa e in quel momento appare la luce del sole che sorge sulla corona della cupola. Il vecchio si mette tra il giovane e la fanciulla ed esclama ad alta voce: «Sono tre che dominano sulla terra: la saggezza, la bellezza e la potenza». Alla prima parola si alza il re d’oro, alla seconda quello d’argento e alla terza quello di bronzo. Il re misto ad un tratto si mette goffamente a sedere; i fuochi fatui ne avevano succhiato tutto l’oro che lo tenevano unito ed egli crolla in un ammasso informe.
L’uomo con la lampada conduce giù dall’altare il giovane che ha sempre lo sguardo fisso davanti a sé e lo porta dal re di bronzo, ai cui piedi vi è una spada in un fodero di bronzo; il giovane se la cinge. «La spada a sinistra – solo per la difesa, non per l’attacco –, la destra libera – per offrire benedizione e pace», esclama il potente re. Poi vanno dal re d’argento che porge il suo scettro al giovane; costui lo prende e il re dice con voce cortese: «Pasci le pecore!». Giungono al re d’oro che con gesto di benedizione paterna pone sulla testa del giovane la corona di quercia e dice: «Riconosci ciò che è supremo!».
Il vecchio osserva come, dopo aver cinto la spada, il petto del giovane si sollevi, le sue braccia si muovano e i piedi poggino più sicuri; prendendo lo scettro, la sua forza pare mitigarsi e divenire ancor più poderosa per una grazia indicibile, ma quando la corona di quercia adorna i suoi riccioli, i tratti del suo viso si animano, gli occhi brillano di una inesprimibile spiritualità e la prima parola sulle sue labbra è: «Lilia!».
Egli le corre incontro su per i gradini dell’altare ed esclama: «Lilia! Lilia! Che cosa può desiderare un uomo, che possiede già tutto, di più prezioso dell’innocenza e del silenzioso affetto che il tuo cuore mi offre! Oh, amico mio, – continua, rivolgendosi al vecchio e guardando le tre sacre statue, – il regno dei nostri padri è splendido e sicuro, ma tu hai dimenticato la quarta forza che ancor più certa domina il mondo: la forza dell’amore». E si getta al collo della bella fanciulla, che ha gettato via il velo. A ciò il vecchio, sorridendo, replica: «L’amore non domina, ma forma, e questo è ancor più».
Ormai è pieno giorno ed essi vedono attraverso la porta aperta un grande spazio circondato da colonne, che forma l’atrio, in fondo al quale si vede un lungo e magnifico ponte che si estende sopra il fiume, ormai completamente animato da persone di ogni genere che lo percorrono sia a piedi che in carrozza; il re e la sua sposa guardano tutto quel popolo, felici del loro amore.
«Ricorda con onore il serpente, – disse l’uomo con la lampada, – tu gli devi la vita, i tuoi popoli il ponte. Quelle pietre preziose, resti del suo corpo sacrificato, sono i pilastri di questo magnifico ponte, su cui si è costruito e si manterrà». Si stava appunto per chiedergli un chiarimento di questo segreto, quando entrarono delle belle fanciulle. Dall’arpa, dall’ombrellino e dal seggiolino si riconobbero le ancelle di Lilia; la quarta era sconosciuta. «Mi crederai di più in futuro, cara donna? – disse alla bella l’uomo con la lampada. – Salute a te e ad ogni creatura che questa mattina si bagnerà nel fiume!». Anche il vecchio era diventato più giovane e prestante.
Un momento di disagio nella felicità generale viene recato dal grosso gigante che avanza barcollando sul ponte. Ebbro di sonno, intende bagnarsi come al solito nel fiume e trova inaspettatamente il ponte, dove si infila in modo goffo tra uomini e animali; sebbene susciti meraviglia in tutti, nessuno lo avverte. Quando però il sole gli abbaglia gli occhi ed egli alza le mani per stropicciarseli, l’ombra dei suoi enormi pugni passa sulla folla in modo così maldestro che uomini e animali cadono in gran quantità, correndo il rischio di venir gettati nel fiume.
Il re alla vista di quella scena porta istintivamente la mano alla spada, ma poi riflette e guarda calmo il suo scettro, la lampada e il remo dei suoi compagni.
«Indovino i tuoi pensieri, – disse l’uomo con la lampada, – ma noi siamo impotenti di fronte a questo impotente; è l’ultima volta che fa danno». Intanto il gigante si avvicina, lascia cadere le mani per lo stupore di quello che vede e non provoca più nessun danno. Entra nell’atrio a bocca aperta e giunto alla porta del tempio, all’improvviso viene trattenuto in mezzo al cortile. Rimane là come una colossale, poderosa statua e la sua ombra segna le ore a terra, non in numeri, ma in immagini nobili e significative. Il popolo lo osserva stupito e preme alla porta; in quel momento il falco con lo specchio si libra in alto sul tempio, raccoglie la luce del sole e la proietta sul gruppo che sta all’altare. Il re, la regina e i loro accompagnatori appaiono illuminati da un celeste splendore e il popolo si prostra. Quando la folla si riprende, il re con i suoi è sceso dall’altare per raggiungere il suo palazzo attraverso sale segrete. Il popolo si sparpaglia nel tempio e osserva con riverenza l’immagine dei tre re, ma quando giunge al quarto, l’ammasso informe è coperto con un prezioso tappeto che nessuno può sollevare. La folla si sarebbe schiacciata nel tempio, se i fuochi fatui, tra scherza e risa, non si fossero scrollato da sé l’oro, su cui la gente si precipita. Alla fine essa si disperde e fino ad oggi il ponte brulica di viandanti e il tempio è il più frequentato di tutto il mondo.
C’è ancora molto da spiegare, il serpente che si morde la coda e circonda il giovane morto, è il principio budhi che deve essere vissuto e amato.
Ciò che risplende del divino – atma – è la pace, l’armonia, l’onnicoscienza. Questo viene raggiunto grazie alla trasformazione in amore del desiderio. Tutto ringiovanisce.
La capanna che si sgretola delle forze inferiori viene trasformata grazie allo spirito vitale, ora queste possono condurre di là e di qua.
Il gigante, le forze della natura, hanno perso la loro forza distruttiva; questa è la conclusione che si verificherà solo dopo un determinato periodo di tempo. L’ultimo avversario è la morte; poi esse segnano solo il ritmo del tempo. E il ponte? Non è la fede che rende beati anche senza la visione dei misteri!
Ma la cosa suprema si nasconde all’occhio della folla, il re e la regina si nascondono. Tutta la beatitudine si rivela alla fede, se si aggiunge la saggezza alla fede, solo poi può essere raggiunta la perfezione.
Ciò che Goethe ci ha voluto dire con la Fiaba possiamo riassumerlo brevemente: è la rappresentazione simbolica della redenzione dell’uomo singolo, nonché di tutto il genere umano; il segreto del divenire, del morire e dell’animico-spirituale finale. Si è chiesto a Goethe di dare egli stesso una spiegazione. Egli promise di farlo se fossero state fornite cento interpretazioni. Quindi si iniziò a raccoglierle e pagarle; tuttavia fino alla sua morte non si riuscì a raggiungere quel numero.
Di conseguenza finora è mancata una giusta interpretazione. Probabilmente, usando le stesse parole della fiaba, “non era ancora l’ora”. Quella giusta la può appunto dare solo chi conosce i misteri.
Ci sono ancora diverse spiegazioni più profonde, ma potrebbero venir comprese solo nella misura in cui l’uomo stesso sia iniziato ai misteri. 

16/12/12

Il sogno del serpente verde (Goethe)

Goethe's Fairy Tale of The Green Snake and the Beautiful Lily

Sul grande fiume, che una violenta pioggia aveva gonfiato fino a farlo straripare, il vecchio barcaiolo dormiva nella sua piccola capanna, stanco delle fatiche della giornata. Nel cuore della notte alcune voci forti lo svegliarono; sentì che dei viaggiatori volevano essere traghettati.
Quando fu alla porta, vide ondeggiare sulla barca legata due grandi fuochi fatui, che gli assicurarono di avere molta fretta e di voler essere già sull'altra riva. Il vecchio non indugiò, partì e guidò attraverso la corrente con la solita abilità, mentre gli stranieri bisbigliavano tra loro in una lingua sconosciuta molto veloce e ogni tanto scoppiavano in una sonora risata, saltando su e giù, ora sui bordi e sulle panche, ora sul fondo della barca.
- La barca ondeggia! - esclamò il vecchio -, e se siete così irrequieti può capovolgersi; state seduti, fuochi!A questa richiesta i due scoppiarono in una gran risata, si burlarono del vecchio e si agitarono ancora di più. Lui sopportò con pazienza le loro scortesie, e presto toccò l'altra riva.- Questo è per la prima vostra fatica! - esclamarono i viaggiatori, e scuotendosi fecero cadere nella barca umida tante monete d'oro lucente.- Per amor del cielo, che fate! - esclamò il vecchio -. Volete rovinarmi! Se una moneta d'oro fosse caduta in acqua, la corrente, che non può sopportare questo metallo, si sarebbe sollevata in onde terribili, mi avrebbe inghiottito insieme alla barca, e chissà che ne sarebbe stato di voi; riprendetevi il vostro denaro!- Non possiamo riprendere quello che abbiamo scrollato replicarono quelli.- Allora - disse il vecchio piegandosi per raccogliere nel berretto le monete d'oro -, mi costringete a fare lo sforzo di cercarle, portarle sulla terraferma e sotterrarle.I fuochi fatui erano saltati dalla barca, e il vecchio esclamò: Dov'è la mia ricompensa?- Chi non accetta l'oro deve lavorare per niente!- esclamarono i fuochi fatui.- Dovreste sapere che posso essere pagato solo con i frutti della terra.
- Con i frutti della terra? Noi li disprezziamo, e non li abbiamo mai mangiati.
- Non posso lasciarvi andare, se non promettete di farmi avere tre cavoli, tre carciofi e tre grosse cipolle.
I fuochi fatui scherzando cercarono di sgattaiolare via, ma si sentirono inspiegabilmente incatenati al suolo: era la sensazione più sgradevole che avessero mai provato. Promisero di esaudire quanto prima la sua richiesta; lui li liberò e se ne andò.
Era già lontano quando lo richiamarono: - Vecchio! ascolta, vecchio!Abbiamo dimenticato la cosa più importante! -. Ma lui se n'era andato e non li sentiva più. Si era fatto trasportare dal fiume sull'altra riva, per sotterrare quell'oro pericoloso in un posto di montagna, che l'acqua non avrebbe mai potuto raggiungere. Trovò un enorme abisso fra alte rocce, lo gettò là dentro e tornò alla sua capanna.In questo abisso si trovava il bel serpente verde, che fu svegliato dal suo sonno dalle monete che cadevano tintinnando. Appena vide quei dischi, li inghiottì immediatamente con grande avidità, e si mise a cercare con cura tutte le monete che si erano sparpagliate nei cespugli e nelle fenditure delle rocce.Appena le ebbe inghiottite, provò la sensazione piacevolissima dell'oro che si scioglieva nelle sue viscere diffondendosi per tutto il corpo, e si accorse con enorme gioia di essere diventato trasparente e luminoso. Da molto tempo gli avevano assicurato che un simile fenomeno era possibile; ma poiché dubitava che questa luce potesse durare a lungo, la curiosità e il desiderio di garantirsi l'avvenire lo spinsero a uscire dalle rocce per scoprire chi potesse aver gettato il bell'oro. Non trovò nessuno. Gli riuscì ancora più gradito ammirare la piacevole luce che diffondeva tra l'erba fresca.Tutte le foglie parevano di smeraldo, tutti i fiori erano trasfigurati in modo meraviglioso. Frugò inutilmente quel posto solitario e selvaggio; ma la sua speranza aumentò quando giunse in pianura e da lontano vide un bagliore simile al suo. - Se finalmente trovassi uno come me! - esclamò, e si affrettò a raggiungere quel posto. Non si curò della difficoltà di strisciare fra le canne della palude; infatti, nonostante vivesse di preferenza sui secchi prati montani o in profonde fenditure di roccia, mangiasse erbe aromatiche e placasse di solito la sua sete con tenera rugiada e fresca acqua di sorgente, per amore dell'oro e con la speranza della luce meravigliosa, avrebbe fatto qualsiasi cosa gli fosse imposta.
Preso da una grande stanchezza raggiunse finalmente un'umida palude, dove giocavano i nostri due fuochi fatui. Andò loro incontro, li salutò e si rallegrò di aver trovato signori tanto piacevoli imparentati con lui. Le luci lo sfiorarono, scivolarono su di lui e risero a modo loro. - Signor cugino dissero -, se appartenete alla linea orizzontale non significa niente; noi siamo imparentati solo in apparenza, basta che guardiate (e tutti e due sprigionarono fiamme, sacrificando la loro ampiezza per diventare il più possibile lunghi e sottili) come a noi signori della linea verticale doni questa lunghezza slanciata; non prendetela a male, amico, ma quale famiglia può vantarla? Da quando esistono fuochi fatui non ce n'è stato nessuno seduto o disteso.
Il serpente si sentì molto a disagio in presenza di questi parenti, perché poteva alzare la testa in alto quanto voleva, ma sentiva di doverla piegare di nuovo a terra per fare un passo avanti, e mentre prima nell'oscuro boschetto era straordinariamente soddisfatto, ora, davanti a questi cugini, il suo splendore pareva diminuire di momento in momento, e temeva che alla fine sarebbe addirittura svanito.In preda a quest'imbarazzo chiese velocemente se i signori non potessero dargli qualche notizia sulla provenienza dell'oro lucente che poco prima era caduto nell'abisso fra le rocce; lui pensava che fosse una pioggia d'oro che cadeva direttamente dal cielo. I fuochi fatui risero e si scrollarono, e fecero schizzare tutt'intorno una gran quantità di monete d'oro. Il serpente le inghiottì velocemente. - Gustatele, signor cugino dissero cortesemente quei signori -, possiamo offrirvi ancora di più. Si scossero altre volte con grande agilità, tanto che il serpente riuscì appena a mandar giù il prezioso cibo a una simile velocità. La sua luce cominciò ad aumentare visibilmente, e finì con il risplendere in modo meraviglioso, mentre i fuochi fatui erano diventati piccole e sottili, senza perdere tuttavia niente del loro buonumore.- Vi sarò grato in eterno - disse il serpente, quando riuscì di nuovo a prendere fiato alla fine del suo pasto -; chiedetemi quello che volete: vi darò tutto ciò che è in mio potere.- Magnifico! - esclamarono i fuochi fatui -. Dicci, dove abita la bella Lilie? Portaci il più in fretta possibile al palazzo e al giardino della bella Lilie, moriamo dall'impazienza di gettarci ai suoi piedi.- Non posso farvi subito questo favore - ribatté il serpente con un profondo sospiro -. Purtroppo la bella Lilie vive al di là dell'acqua.- Al di là dell'acqua? E noi ci siamo fatti traghettare in questa notte di tempesta! Com'è orribile il fiume che ci divide! Sarà possibile chiamare di nuovo il vecchio? - Sarebbero sforzi inutili - rispose il serpente -, perché se pure l'incontraste su questa riva non vi porterebbe; può far attraversare il fiume a chiunque, ma non può riportare indietro nessuno.- Siamo sistemati bene! Non c'è un altro modo per attraversare il fiume?- Diversi, ma non in questo momento. Io stesso potrei traghettare lor signori, ma solo a mezzogiorno.- Quella è un'ora in cui non viaggiamo volentieri.- Allora potete passare di sera sull'ombra del gigante.- Come si fa?
- Il grande gigante, che abita non lontano da qui, non è in grado di fare niente con il suo corpo; le sue mani non sollevano neppure un filo di paglia; le sue spalle non potrebbero portare nemmeno un fagotto; ma la sua ombra può molto, anzi tutto. Perciò al sorgere e al calare del sole è molto potente, e così di sera ci si può sedere sul collo della sua ombra, il gigante si avvia lentamente verso la riva e la sua ombra porta il viandante al di là dell'acqua. Ma se a mezzogiorno volete trovarvi in quell'angolo del bosco dove fitti cespugli costeggiano la riva, potrò traghettarvi io stesso e presentarvi alla bella Lilie; se invece temete il caldo di mezzogiorno
potrete cercare il gigante verso sera in quell'insenatura di rocce; si mostrerà di sicuro cortese.I giovani signori si allontanarono con un leggero inchino, e il serpente fu contento di essersi liberato di loro, anche per soddisfare una curiosità che già da molto tempo lo tormentava in modo particolare.In un luogo fra gli abissi di rocce, dove spesso andava strisciando, aveva fatto una scoperta singolare. Infatti, malgrado fosse costretto a strisciare attraverso questi abissi senza luce, con i sensi sapeva distinguere bene gli oggetti. Era abituato a trovare dappertutto solo prodotti della natura di forma irregolare; ora si insinuava fra i denti di grandi cristalli, ora sentiva punte e filamenti d'argento puro, e portava con sé alla luce questa o quella pietra preziosa. Ma con suo grande stupore, in una roccia chiusa tutt'intorno, aveva sentito oggetti che rivelavano la mano creatrice dell'uomo. Pareti lisce, lungo le quali non poteva salire, angoli acuti e regolari, colonne ben modellate e, cosa più strana, figure umane intorno alle quali si era spesso avviticchiato, e che pensava che fossero di metallo o di marmo molto levigato. Voleva ricomporre un'ultima volta tutte queste esperienze servendosi della vista, e confermare quello che aveva solo supposto. Ora pensava di poter illuminare con la propria luce questa meravigliosa stanza sotterranea e sperava di riconoscere in una sola volta questi strani oggetti. Si affrettò e sulla solita strada trovò le fenditure attraverso le quali era solito insinuarsi nel tempio.Una volta arrivato sul posto si guardò intorno con curiosità, e anche se la sua luce non riusciva a illuminare tutti gli oggetti della rotonda, quelli più vicini gli apparvero distintamente. Con stupore misto a deferenza guardò verso una nicchia splendente, in cui era posta la statua in oro puro di un venerabile re. Le dimensioni della statua superavano le proporzioni umane, ma a giudicare dalla figura, era l'immagine di un uomo piccolo piuttosto che alto. Il suo corpo ben fatto era coperto da un semplice mantello, e una corona di foglie di quercia teneva insieme i suoi capelli.Il serpente aveva appena visto questa venerabile statua, quando il re cominciò a parlare e chiese: - Da dove vieni?- Dagli abissi in cui abita l'oro - rispose il serpente.- Cos'è più bello dell'oro? - chiese il re.- La luce - rispose il serpente.- Cos'è più ristoratrice della luce? - domandò quello.- La parola - rispose questi.
Mentre discorreva aveva sbirciato da un lato, e aveva visto un'altra immagine meravigliosa nella nicchia vicina. Vi era seduto un re d'argento, dalla figura allungata e molto esile; il suo corpo era coperto da una veste ricamata, corona, cintura e scettro erano ornati di pietre preziose; aveva sul viso la serenità della fierezza e sembrava voler parlare, quando una venatura di colore scuro che attraversava la parete di marmo diventò all'improvviso luminosa e diffuse in tutto il tempio una piacevole luce. In questo chiarore il serpente vide il terzo re, dalla possente figura di bronzo, che sedeva là appoggiato alla sua clava, era adorno di una corona d'alloro, ed era più simile a una roccia che a un uomo. Il serpente volle
girarsi verso il quarto, che si trovava più lontano, ma il muro si aprì e la venatura luminosa lampeggiò e scomparve.
Ne uscì un uomo di media statura, che attirò su di sé l'attenzione del serpente. Era vestito da contadino e portava in mano una piccola lampada, la cui tenue fiamma si guardava volentieri e illuminava l'intero tempio in modo straordinario, senza gettare neppure un'ombra.
- Perché vieni, visto che abbiamo la luce? - chiese il re d'oro. - Sapete che non posso illuminare l'oscurità.- Il mio regno è alla fine? - Chiese il re d'argento.
- Tardi o mai - ribatté il vecchio.
Con voce robusta il re di bronzo chiese: - Quando potrò alzarmi? - Presto - rispose il vecchio.- A chi devo unirmi? - chiese il re.
- A tuo fratello maggiore - disse il vecchio.
- Che ne sarà del più giovane? - chiese il re.- Si siederà - disse il vecchio.- Non sono stanco - esclamò il quarto re balbettando con voce roca.Mentre quelli parlavano il serpente era andato strisciando piano per il tempio, aveva osservato tutto, e ora guardava da vicino il quarto re. Stava appoggiato a una colonna, e la sua figura considerevole era più pesante che bella. Ma non si riusciva a distinguere bene il metallo in cui era stato fuso. A ben guardare era una mescolanza dei tre metalli di cui erano fatti i suoi fratelli. Ma le materie non sembravano essersi amalgamate bene al momento della fusione; venature irregolari d'oro e d'argento attraversavano la massa di bronzo e davano alla statua un aspetto sgradevole.Intanto il re d'oro disse all'uomo: - Quanti segreti conosci?- Tre - rispose il vecchio.- Qual è il più importante? - chiese il re d'argento.- Quello palese - rispose il vecchio.- Vuoi rivelarlo anche a noi? - chiese quello di bronzo.- Appena saprò il quarto - disse il vecchio.- Che mi importa! - mormorò tra sé il re composito.- Conosco il quarto - disse il serpente, si avvicinò al vecchio e gli bisbigliò qualcosa all'orecchio.- L'ora è arrivata! - esclamò il vecchio con voce possente. Il tempio riecheggiò, le colonne di metallo risuonarono, e in quell'istante il vecchio sprofondò a occidente e il serpente a oriente, e ogni cosa sparì rapidamente negli abissi delle rocce.
Tutti i passaggi che il vecchio percorreva si riempivano d'oro dietro di lui, perché la sua lampada aveva la straordinaria facoltà di trasformare le pietre in oro, gli animali morti in pietre preziose, e di annientare tutti i metalli, ma per produrre quest'effetto doveva illuminare da sola. Se aveva vicino un'altra luce, emanava solo un bel chiarore, e ravvivava tutto quello che era animato.
Il vecchio entrò nella sua capanna costruita sulla montagna, e trovò la moglie in preda a una grande afflizione. Era seduta vicino al fuoco e piangeva e non riusciva a darsi pace.- Come sono infelice - esclamò -, oggi non avrei dovuto lasciarti andare via!- Che succede? - chiese tranquillo il vecchio.- Appena te ne sei andato - disse la donna singhiozzando -, ho trovato sulla soglia due viandanti turbolenti; incautamente li ho fatti entrare, sembravano due brave persone gentili; erano avvolti in fiamme sottili, si poteva prenderli per fuochi fatui; appena sono in casa cominciano ad adularmi in modo sfrontato, e diventano così insistenti che non riesco a pensarci senza vergogna.- Quei signori avranno scherzato - ribatté il marito sorridendo; considerando la tua età avrebbero dovuto limitarsi alla semplice cortesia.- Quale età! Età! - esclamò la donna -. Devo sempre sentir parlare della mia età? Quanti anni ho? Semplice cortesia! Lo so io. Basta guardare come sono diventate le pareti; guarda le vecchie pietre, che non vedevo più da cent'anni; non sai con quale abilità hanno leccato tutto l'oro; e continuavano ad assicurarmi che era migliore dell'oro volgare. Quando hanno finito di spazzare tutte le pareti sembravano di ottimo umore e in poco tempo sono diventati molto più grandi, larghi e splendenti. Allora hanno ricominciato con l'allegria smodata, mi hanno accarezzata di nuovo, mi hanno chiamata la loro regina, si sono scossi e hanno schizzato una quantità di monete d'oro; ma che disgrazia! Il nostro cane ne ha mangiate alcune e guarda, è lì morto nel camino:povera bestia! Non so darmi pace. L'ho visto solo quando se n'erano andati, - perché altrimenti non avrei promesso di pagare il loro debito con il barcaiolo.- Quale debito? - Chiese il vecchio.- Tre cavoli, tre carciofi e tre cipolle; ho promesso di portarli al fiume quando sarà giorno.- Puoi fare loro questo favore - disse il vecchio -; potranno servirci ancora in qualche occasione.- Io non so se ci saranno utili, ma loro l'hanno promesso.Intanto il fuoco ardeva nel camino, il vecchio ricoprì di cenere i carboni, tolse le monete d'oro, e allora la sua piccola lampada brillò di nuovo da sola, in un meraviglioso splendore, i muri si rivestirono d'oro e il cane era diventato l'onice più bella che si potesse immaginare. L'alternarsi dei colori bruni e neri della preziosa pietra la rendeva una straordinaria opera d'arte.- Prendi il tuo cesto - disse il vecchio -, e metti dentro l'onice; poi prendi i tre cavoli, i tre carciofi e le tre cipolle, sistemali intorno alla pietra e portali al fiume. A mezzogiorno fatti traghettare dal serpente e vai a ritrovare la bella Lilie, portale l'onice; toccandola la renderà viva, come uccide ogni cosa viva toccandola; avrà in lei una fida compagna. Dille che non deve essere triste, che la sua liberazione è vicina, che può considerare la disgrazia più grande come la più grande fortuna, perché l'ora è arrivata.
La vecchia prese il suo cesto e appena fu giorno si mise in cammino.
Il sole che sorgeva splendeva luminoso sul fiume che scintillava da lontano; la donna procedeva a passi lenti, perché il cesto le pesava sulla testa, e non era l'onice a pesare tanto. Quando portava cose morte non le sentiva, al contrario, il cesto si sollevava e si librava in alto sopra la sua testa. Ma portare una verdura fresca o una bestiola viva, le riusciva molto gravoso. Aveva camminato per qualche tempo di malumore, quando di colpo si fermò spaventata, perché era quasi finita sull'ombra del gigante che si allungava fino a lei sulla pianura. E solo allora vide il potente gigante, che si era bagnato nel fiume ed era uscito dall'acqua, e non sapeva come evitarlo. Appena lui vide la salutò scherzosamente, e le mani della sua ombra afferrarono subito il cesto. Con leggerezza e abilità presero un cavolo, un carciofo e una cipolla e li portarono alla bocca del gigante, che poi risalì il fiume e lasciò libera la strada alla donna.La vecchia pensò se non fosse meglio tornare indietro per sostituire i pezzi che mancavano prendendoli nel suo giardino, e in preda a questi dubbi continuò ad andare avanti arrivando ben presto in riva al fiume.Rimase seduta a lungo aspettando il barcaiolo, e alla fine lo vide traghettare con uno strano viaggiatore. Un uomo giovane, nobile, bello, che non riuscì a vedere bene, scese dalla barca.- Cosa vi porta qui? - esclamò il vecchio.- E' per la verdura che vi devono i fuochi fatui - rispose la donna mostrando quello che portava. Quando il vecchio ne trovò solo due di ogni tipo, si arrabbiò e dichiarò di non poterli accettare. La donna glieli offrì con insistenza, gli raccontò che ora non poteva andare a casa e che il peso da portare lungo la strada le sarebbe riuscito gravoso. Lui insistette nella sua risposta negativa, assicurandole che non dipendeva assolutamente da lui. - Devo lasciare quello che mi spetta insieme al resto per nove ore, e non posso prendere niente per me, finché non ne avrò ceduto un terzo al fiume.Dopo molti discorsi e obiezioni alla fine il vecchio rispose: C'è un altro modo. Se vi rendete garante per il fiume e se volete riconoscere il vostro debito, io mi prenderò i sei pezzi; ma questo presenta dei rischi.- Se manterrò la parola non correrò nessun rischio?- Nessuno. Mettete la vostra mano nel fiume - continuò il vecchio - e promettete di pagare il debito entro ventiquattr'ore.La vecchia obbedì, ma quale fu il suo spavento quando tirò fuori dall'acqua la sua mano nera come il carbone. La donna rimproverò con furia il vecchio, assicurando che le mani erano sempre state la sua parte più bella, e che a dispetto dei lavori pesanti aveva saputo conservare questi nobili arti bianchi e morbidi. Guardò con grande afflizione ed esclamò disperata:- E' ancora peggio! Vedo che è diminuita, è molto più piccola dell'altra.
- Ora non è che apparenza - disse il vecchio, ma se non manterrete la parola succederà davvero. La mano si ritirerà sempre più e alla fine scomparirà del tutto, senza che dobbiate rinunciare a usarla. Potrete fare qualunque cosa, ma nessuno la vedrà.
- Preferirei non poterla usare, ma che si vedesse - disse la vecchia -; ora questo non ha nessuna importanza, io manterrò la mia parola per liberarmi di questa pelle nera e di questa preoccupazione.
Prese in fretta il cesto, che si alzò da solo sulla sua testa e restò sospeso in aria, e raggiunse il giovane che camminava pensieroso, a passi lenti, sulla riva. La sua splendida figura e il suo strano vestito avevano colpito profondamente la vecchia. Il suo petto era coperto da una corazza lucente, che lasciava vedere tutti i movimenti del suo bel corpo. Dalle spalle scendeva un mantello di porpora, intorno alla sua testa scoperta i capelli scuri ondeggiavano in bei riccioli, il suo dolce viso era esposto ai raggi del sole come i suoi piedi ben fatti. Camminava tranquillamente a piedi nudi sulla sabbia ardente e un profondo dolore sembrava renderlo insensibile a ogni impressione esterna.
La loquace vecchia cercò d'indurlo a conversare, ma le sue parole laconiche le diedero poche informazioni, e così alla fine, a dispetto dei suoi begli occhi, si stancò di parlargli inutilmente e si congedò da lui dicendo:
- Andate troppo piano per me, signore, io non posso perdere un minuto, perché devo passare il fiume sul serpente verde e consegnare alla bella Lilie il magnifico regalo di mio marito . Dopo queste parole si allontanò velocemente e con la stessa velocità il bel giovane si rianimò e la rincorse.
- Andate dalla bella Lilie! - esclamò -. Allora facciamo la stessa strada. Che regalo le portate?
- Signore - rispose la donna -, non è giusto che vi informiate con tanta foga dei miei segreti, dopo aver respinto le mie domande in modo tanto laconico. Se però siete disposto a fare uno scambio e a raccontarmi della vostra sorte, io non vi nasconderò chi sono e quale è il mio regalo.
Si trovarono presto d'accordo; la donna gli confidò la sua intenzione, la storia del cane, e gli fece vedere il meraviglioso regalo. Lui levò subito dal cesto quel capolavoro della natura e prese fra le braccia il cane, che sembrava riposare beatamente. - Felice bestiola!- esclamò -, le sue mani ti toccheranno, ti renderanno viva; la vita non fuggirà davanti a lei per evitare un triste destino! Ma perché dico triste! E' molto più doloroso e temibile essere paralizzati dalla sua presenza di quanto lo sarebbe morire per mano sua! Guardatemi! - disse alla vecchia -. Che situazione miserevole devo sopportare in questi miei anni! Il destino mi ha lasciato questa corazza che ho portato con onore in guerra; questa porpora che ho cercato di meritare con un governo saggio; quella è diventata un inutile peso, questa un ornamento senza significato. Corona, scettro e spada non ci sono più, sono nudo e bisognoso come ogni altro figlio della terra, perché i suoi begli occhi blu sono così fatali da togliere forza a ogni creatura vivente, e quelli che non sono uccisi dal tocco della sua mano sono ridotti a vivere come ombre vaganti.
Continuò a lamentarsi così e non diede per niente soddisfazione alla curiosità della vecchia, che voleva essere informata non tanto del suo stato interiore quanto di quello esteriore. Non venne a sapere né il nome di suo padre né quello del suo regno. Lui accarezzava il cane irrigidito, che i raggi del sole e il petto tiepido del giovane avevano riscaldato fino a farlo sembrare vivo. Fece molte domande
sull'uomo con la lampada, sugli effetti della luce miracolosa, e da questa circostanza sembrò ripromettersi molto di buono in futuro per la sua triste condizione.
Mentre parlavano, videro da lontano l'arco maestoso del ponte che si tendeva da una riva all'altra, scintillando meravigliosamente nello splendore del sole. Si stupirono tutti e due, perché questa costruzione non era mai sembrata loro tanto magnifica. - Come! - esclamò il principe -, non era già bello abbastanza quando stava là, davanti ai nostri occhi, in diaspro e cristallo di rocca? Dovremmo aver paura ad attraversarlo, perché sembra fatto di smeraldi, calcedonio e crisolito, con una varietà così piacevole? -. Nessuno dei due era a conoscenza della trasformazione avvenuta con il serpente: perché era il serpente che ogni mezzogiorno si inarcava e stava lì formando un ponte ardito. I viandanti vi salirono timorosi e lo attraversarono in silenzio.
Avevano appena toccato l'altra riva quando il ponte cominciò a oscillare e a muoversi, agitò per un attimo la superficie dell'acqua e il serpente verde, nel suo aspetto solito, scivolò dietro ai viandanti sulla terraferma. L'avevano appena ringraziato tutti e due per aver permesso loro di passare il fiume sul suo dorso, quando si accorsero che altre persone, oltre a loro tre, dovevano far parte della compagnia, anche se non riuscivano a vederle con gli occhi. Sentirono vicino a loro un mormorio, al quale il serpente rispose subito con un mormorio; ascoltarono attentamente e alla fine riuscirono a percepire queste parole:
- Prima ci guarderemo intorno in incognito nel parco della bella Lilie - dicevano due voci alternandosi -, e quando calerà la notte, appena saremo presentabili, cercheremo di portarvi al cospetto di quella bellezza perfetta. Ci incontreremo in riva al grande lago.
- Siamo intesi - rispose il serpente, e un suono sibilante si perse nell'aria.I nostri tre viandanti si consultarono sull'ordine in cui presentarsi alla bella, perché potevano starle intorno molte persone, ma dovevano andare e venire solo una alla volta per non provocarle gravi dolori.La donna con il cane trasformato nel cesto si avvicinò per prima al giardino e cercò la sua protettrice, che non era difficile trovare, perché cantava accompagnandosi con l'arpa; i suoni soavi formavano cerchi sulla superficie tranquilla del lago, poi muovevano l'erba e i cespugli come un alito leggero. Era seduta in un verde spiazzo, all'ombra di un magnifico gruppo di alberi diversi uno dall'altro, e al primo sguardo incantò di nuovo gli occhi, l'orecchio, il cuore della donna, che si avvicinò estasiata e giurò a se stessa che la bella da quando l'aveva vista l'ultima volta era diventata ancora più bella. La brava donna salutò da lontano l'amabile fanciulla, elogiandola.
- Che felicità guardarvi; con la vostra presenza diffondete tutt'intorno il paradiso! Com'è leggiadra l'arpa che tenete in grembo, con quale dolcezza le vostre braccia la circondano, come sembra desiderosa di stare sul vostro petto, e come risuona delicata al tocco delle vostre dita sottili! Giovane tre volte felice, tu che potrai prendere il suo posto!
Pronunciando queste parole si era avvicinata; la bella Lilie aprì gli occhi, lasciò cadere le mani e rispose: - Non rattristarmi con lodi inopportune, non fai che accrescere la mia infelicità. Vedi, qui ai miei piedi giace morto il povero canarino che un tempo accompagnava piacevolmente i miei canti; era solito appoggiarsi sulla mia arpa ed era stato ammaestrato con cura a non toccarmi; oggi mentre intonavo una placida canzone mattutina, ristorata dal sonno, e il mio piccolo canterino, più vivace che mai, faceva sentire i suoni armoniosi, uno sparviero piombò sulla mia testa; la povera bestiola, spaventata, si rifugiò sul mio petto e in quell'attimo sentii gli ultimi sussulti della sua vita spezzata. Il rapace, colpito dal mio sguardo, scivolò esanime sull'acqua, ma a che serve la sua punizione, se il mio tesoro è morto e la sua tomba infoltirà solo i tristi cespugli del mio giardino!
- Fatevi animo, bella Lilie! - esclamò la donna asciugandosi una lacrima che il racconto dell'infelice fanciulla le aveva fatto spuntare -. Riprendetevi, ve lo dice la mia esperienza; dovete frenare le vostre lacrime, e guardare alla peggiore infelicità; perché l'ora è giunta.- E in verità - proseguì la vecchia - c'è un gran disordine nel mondo. Guardate la mia mano, com'è diventata nera! E' davvero molto più piccola, devo affrettarmi prima che scompaia! Perché ho dovuto fare un piacere ai fuochi fatui, perché ho dovuto immergere la mia mano nel fiume? Non potreste darmi un cavolo, un carciofo e un cipolla? Così li porto al fiume, la mia mano tornerà bianca come prima, e potrò quasi tenerla vicino alla vostra.- Puoi trovare ovunque cavoli e cipolle, ma cercheresti invano i carciofi. Le piante del mio grande giardino non portano né fiori né frutti; ma ogni ramoscello che spezzo e pianto sulla tomba di una persona cara rinverdisce e viene su rapidamente. Purtroppo ho visto crescere tutti questi gruppi di piante, questi cespugli, questo boschetto. Gli ombrelli di questi pini, gli obelischi di questi cipressi, i colossi delle querce e di faggi erano tutti piccoli ramoscelli piantati dalla mia mano, tristi monumenti in un terreno altrimenti sterile.La vecchia aveva fatto poca attenzione a questo discorso e aveva osservato solo la sua mano, che in presenza della bella Lilie sembrava diventare a ogni istante sempre più nera e piccola. Voleva prendere il suo cesto e scappare via, quando si accorse di aver dimenticato la cosa più importante. Tirò subito fuori dal cesto il cane trasformato e lo depose sull'erba poco lontano dalla bella.- Mio marito - disse - vi manda questo dono, sapete che il vostro tocco può dare vita a questa pietra preziosa. La docile bestia fedele vi darà certamente tanta gioia, e il dolore di perderla può essere alleviato dal pensiero che sarete voi a possederla. La bella Lilie guardò il docile animale con gioia e, in apparenza, anche con stupore.- Sono giunti insieme molti segni, che mi danno qualche speranza- disse -; ma, ahimè! E' solo una follia della nostra natura immaginare che il meglio sia vicino quando siamo colpiti da molta infelicità?A che mi servono tanti segni propizi?La morte dell'uccello, la mano nera dell'amica?
Il cane di pietra, ha forse un suo simile?
E non me l'ha mandato la lampada?Lontana dai dolci piaceri umani, Ho familiarità solo col dolore.Ah! perché il tempio non è sul fiume!Ah! perché il ponte non è costruito!La donna aveva ascoltato con impazienza la canzone che la bella Lilie aveva accompagnato con i suoni piacevoli della sua arpa e che avrebbe deliziato chiunque. Voleva congedarsi, ma venne trattenuta dall'arrivo improvviso del serpente verde. Questi aveva sentito le ultime strofe della canzone e le infuse subito coraggio e fiducia.- La profezia del ponte si è compiuta! - esclamò -. Chiedi a questa brava donna com'è meraviglioso ora l'arco. Quello che un tempo era diaspro opaco, quello che era solo cristallo di rocca, attraverso il quale la luce traspariva al massimo sugli spigoli, ora è diventata trasparente pietra preziosa. Nessun berillo è tanto chiaro, nessuno smeraldo ha un colore tanto bello.- Vi auguro buona fortuna - disse Lilie -, ma perdonatemi se non credo che la profezia si sia ancora avverata. Sull'altro arco del vostro ponte possono passare solo persone a piedi e ci hanno promesso che cavalli e carrozze e viaggiatori di ogni genere potranno percorrerlo nello stesso momento in salita e in discesa. Non è stato profetizzato che dal fiume s'innalzarono da soli grandi pilastri?La vecchia, che aveva tenuto sempre gli occhi fissi sulla mano, a questo punto interruppe il discorso e si congedò. - Aspettate ancora un momento - disse la bella Lilie -, e portate con voi il mio povero canarino. Chiedete alla lampada di trasformarlo in un bel topazio, io lo rianimerò toccandolo e insieme al vostro buon cane sarà il mio passatempo; ma fate più in fretta che potete, perché al tramonto la povera bestia comincerà a putrefarsi orribilmente e la bella armonia della sua figura sarà distrutta per sempre.La vecchia mise il piccolo cadavere nel cesto fra tenere foglie e si allontanò in fretta.- Comunque sia - disse il serpente riprendendo il discorso interrotto -, il tempio è edificato.- Ma non è ancora sul fiume - rispose la bella.- Si trova ancora nelle profondità della terra - disse il serpente -; ho visto i re e ho parlato con loro.- Ma quando si alzeranno? - chiese Lilie.Il serpente rispose: - Ho sentito echeggiare nel tempio le grandi parole: "L'ora è giunta".Una quieta serenità si diffuse sul viso della bella. - Oggi sento queste parole felici per la seconda volta - disse -; quando verrà il giorno in cui le sentirò per la terza volta?
Si alzò e subito dal boschetto uscì una graziosa fanciulla che le tolse l'arpa. A lei ne seguì un'altra, che chiuse la sedia intagliata, dalle undici gambe, su cui sedeva la bella, e si mise sotto il braccio il cuscino d'argento. Poco dopo ne apparve una terza, che portava un grande parasole ricamato di perle, e restò in attesa, nel caso che Lilie avesse bisogno di lei per fare una passeggiata. Queste tre fanciulle erano
belle e vivaci oltre ogni dire; eppure non facevano che accrescere la bellezza di Lilie, perché chiunque doveva ammettere che non si poteva paragonarle a lei. Intanto la bella Lilie aveva contemplato con piacere il meraviglioso cane. Si chinò, lo toccò e in quell'attimo lui si sollevò. Si guardò attorno con vivacità, corse avanti e indietro e alla fine andò a salutare allegramente la sua benefattrice. Lei lo prese e lo strinse a sé. - Malgrado tu sia freddo e vivo solo a metà - esclamò -, sei il benvenuto; ti amerò teneramente, scherzerò con te, ti accarezzerò con affetto, e ti stringerò forte al mio cuore -. Poi lo lasciò libero, lo mandò lontano, lo richiamò, scherzò così piacevolmente e saltellò insieme con lui sull'erba così allegramente che era impossibile non guardare la sua gioia con un piacere nuovo e non prendervi parte, come poco prima la sua tristezza aveva suscitato compassione in tutti i cuori. Questa allegria, questi piacevoli scherzi vennero interrotti dall'arrivo del giovane triste. Entrò con l'aspetto che già gli conosciamo, solo che il calore della giornata sembrava averlo spossato ancora di più, e in presenza dell'amata diventò a ogni istante più pallido. Portava sulla mano lo sparviero, che stava appoggiato con le ali chiuse, quieto come una colomba.
- Non è gentile - esclamò Lilie - che tu mi porti davanti l'odiosa bestia, il mostro che oggi ha ucciso il mio canarino.
- Non rimproverare il povero uccello! - ribatté il giovane -; accusa piuttosto te stessa e il destino, e concedimi di stare insieme al compagno delle mie miserie. Intanto il cane non smetteva di stuzzicare la bella e lei rispondeva al suo trasparente tesoro comportandosi nel modo più affettuoso.
Batteva le mani per allontanarlo; poi correva per farlo tornare da lei. Quando scappava cercava di acchiapparlo, e poi lo mandava via quando lui tentava di avvicinarsi. Il giovane li guardava in silenzio e con fastidio crescente; ma alla fine, quando lei prese in braccio l'odiosa bestia che suscitava la sua avversione, la strinse al petto e le baciò il muso nero con le sue labbra celestiali, perse la pazienza e gridò disperato: Io che vivo davanti a te ma separato da te, forse per sempre, a causa di un triste destino; io che a causa tua ho perso tutto, anche me stesso, devo vedere con i miei occhi che un mostro contro natura riesce a suscitare la tua gioia, a incatenare il tuo affetto e a godere dei tuoi abbracci. Dovrò andare avanti e indietro ancora a lungo, misurando questo triste circolo di qua e di là dal fiume? No, nel mio petto c'è ancora una scintilla dell'antico eroismo; in quest'istante fiammeggerà per l'ultima volta. Se le pietre possono poggiare sul tuo petto, allora diventerò una pietra; se il tuo tocco uccide, allora morirò di tua mano.
Dicendo queste parole fece un movimento impetuoso; lo sparviero volò dalla sua mano, e lui si avventò sulla bella, che tese le mani per fermarlo e lo toccò ancor prima. La coscienza l'abbandonò e lei sentì con orrore quel bel peso contro il suo petto. Indietreggiò con un grido e il dolce giovane scivolò a terra esanime dalle sue braccia.
La disgrazia era capitata! La dolce Lilie restò immobile a fissare il corpo inanimato. Le sembrò che il cuore si fermasse nel petto e i suoi occhi erano asciutti. Il cane cercò inutilmente di strapparle un gesto affettuoso; il mondo intero
era morto insieme all'amico. Nella sua muta disperazione non si guardò intorno in cerca di aiuto, perché non conosceva aiuto.
Invece il serpente si mosse con sveltezza, sembrò riflettere sul modo di salvarlo, e in effetti i suoi strani movimenti servivano almeno a impedire per qualche tempo le conseguenze più spaventose e immediate della disgrazia. Con il suo corpo flessibile tracciò un ampio cerchio intorno al cadavere, afferrò l'estremità della coda con i denti e rimase fermo là.
Poco dopo apparve una delle belle cameriere di Lilie, portò la sedia dalle undici gambe e con gesto affettuoso costrinse la bella a sedersi; subito dopo arrivò la seconda con un velo color del fuoco, che adornò il capo della sua padrona più che coprirlo; la terza le diede l'arpa, e appena lei strinse a sé il meraviglioso strumento, traendo alcuni suoni dalle corde, la prima tornò con uno specchio lucente e rotondo e si fermò di fronte alla bella, attirò i suoi sguardi e le presentò l'immagine più piacevole che si potesse trovare in natura. Il dolore aumentava la sua bellezza, il velo il suo fascino, l'arpa la sua grazia, e ognuno sperava di veder cambiare il suo triste stato quanto si augurava di trattenere per sempre la sua immagine come appariva in quel momento.
Con lo sguardo tranquillo fisso sullo specchio, ora traeva dalle corde suoni melodiosi, ora il dolore pareva crescere, e le corde rispondevano con forza alla sua pena; aprì la bocca per cantare diverse volte, ma la voce le mancava, e allora il suo dolore si sciolse in lacrime, due fanciulle la presero pietosamente per le braccia, l'arpa le scivolò dal grembo, la cameriera riuscì appena ad afferrarla con un gesto rapido e la portò via.- Chi ci porterà l'uomo con la lampada prima che il sole tramonti? - Bisbigliò piano, ma in modo percettibile il serpente; le fanciulle si guardarono, e le lacrime di Lilie si moltiplicarono. In quel momento arrivò, senza fiato, la donna con il cesto.- Sono perduta e storpiata! - esclamò -. Guardate, la mia mano è quasi scomparsa; né il barcaiolo né il gigante hanno voluto farmi traghettare, perché sono ancora in debito con l'acqua; ho offerto inutilmente cento cavoli e cento cipolle, vogliono solo i tre pezzi e non si riesce a trovare nemmeno un carciofo in questo posto.- Dimenticate le vostre preoccupazioni - disse il serpente -, e cercate di aiutarci; forse questo potrà aiutare anche voi. Andate il più in fretta possibile in cerca dei fuochi fatui, è ancora troppo chiaro per vederli, ma forse li sentirete ridere e chiacchierare. Se si affrettano, il gigante li porterà al di là del fiume, così potranno trovare l'uomo con la lampada e mandarlo qui.La donna fece più in fretta che poté, e il serpente sembrò aspettare il ritorno dei due con la stessa impazienza di Lilie. Purtroppo i raggi del sole che tramontava indoravano già le cime più alte degli alberi della boscaglia e grandi ombre si allungavano sul lago e i prati; il serpente si agitò con impazienza e Lilie si sciolse in lacrime.
In preda a quest'ansia il serpente si guardava intorno, temendo a ogni istante che il sole tramontasse, che la putrefazione penetrasse nel cerchio magico e colpisse inesorabilmente il bel giovane. Alla fine guardò in alto nell'aria lo sparviero dalle
penne rosso porpora, il cui petto raccoglieva gli ultimi raggi del sole. Sussultò dalla gioia per il segno propizio, e non si ingannava; infatti poco dopo si vide l'uomo con la lampada che scivolava sul lago, come se camminasse sui pattini.
Il serpente non cambiò posizione, mentre Lilie si alzò esclamando: - Quale spirito benigno ti manda nel momento in cui ti abbiamo tanto desiderato e abbiamo tanto bisogno di te?
- Lo spirito della mia lampada mi ha spinto - rispose il vecchio - e lo sparviero mi ha guidato qua. Quando c'è bisogno di me scintilla, e io guardo nell'aria in cerca di un segno; un uccello o una meteora mi indicano verso quale regione del cielo io debba dirigermi. Sta' tranquilla, bella fanciulla! Non so se potrò essere d'aiuto; non può esserlo un'unica persona, ma solo chi si unisce a molti altri al momento giusto. Aspettiamo e speriamo.
- Tieni chiuso il cerchio - continuò rivolgendosi al serpente; poi andò a sedersi vicino a lui, sopra un cumulo di terra, e illuminò il corpo inanimato.
- Portate qui il dolce canarino e ponetelo nel cerchio!-. Le fanciulle presero il piccolo cadavere dal cesto che la donna aveva lasciato lì e obbedirono all'uomo. Intanto il sole era tramontato, e, mentre l'oscurità cresceva, il serpente e la lampada dell'uomo cominciarono a fare luce a modo loro, e anche il velo di Lilie diffondeva intorno a sé una tenue luce, che colorava le sue guance pallide e la sua veste bianca con leggiadria infinita, come una delicata aurora. Si guardarono l'un l'altro in silenzio, l'ansia e la tristezza erano mitigate da una speranza certa.
Videro comparire con piacere la vecchia in compagnia delle due allegre fiamme, che intanto dovevano aver sperperato molto, perché erano diventate di nuovo parecchio sottili, ma non per questo si mostrarono meno garbate con la principessa e le sue cameriere. Dissero le solite cose con grande sicurezza e in modo molto espressivo, si mostrarono soprattutto molto sensibili al fascino che il velo luminoso conferiva a Lilie e alle sue compagne. Le fanciulle abbassarono gli occhi con modestia e l'elogio alla loro bellezza le rese davvero belle. Tutti erano contenti e tranquilli tranne la vecchia. Nonostante il marito le assicurasse che la sua mano non poteva ritirarsi ancora, finché la sua lampada l'avesse illuminata, lei dichiarò più di una volta che se continuava così il suo nobile arto sarebbe sparito prima di mezzanotte.
Il vecchio con la lampada aveva ascoltato con attenzione il discorso dei fuochi fatui ed era felice che la conversazione avesse distratto e rasserenato Lilie. E in effetti, non si sa come, si era fatta mezzanotte. Il vecchio guardò le stelle e cominciò a parlare: - Siamo riuniti in un'ora felice, ognuno compia il suo compito, ognuno faccia il suo dovere, e i singoli dolori si dissolveranno in una felicità generale, come un'infelicità generale distrugge le singole gioie.
Dopo queste parole si sentì un rumore meraviglioso, perché tutte le persone presenti parlavano per sé e dicevano a voce alta quello che dovevano fare. Solo le tre fanciulle tacevano; una era addormentata vicino all'arpa, l'altra vicino al parasole, la terza vicino alla sedia, e non si poteva dar loro torto perché era molto tardi. Le giovani fiamme, dopo alcuni complimenti rivolti all'inizio anche alle cameriere, alla fine si limitarono a Lilie, la più bella di tutte.
- Prendi lo specchio - disse il vecchio allo sparviero -, e illumina le fanciulle addormentate con il primo raggio di sole e svegliale con la luce che si riflette dall'alto.
Il serpente cominciò a muoversi, aprì il cerchio e si diresse lentamente, a grandi spire, verso il fiume. I due fuochi fatui lo seguirono solenni, e si sarebbe potuto crederli fiamme assai serie. La vecchia e suo marito afferrarono il cesto, la cui tenue luce finora si era vista appena, tirarono dai due lati facendolo diventare sempre più grande e luminoso, vi deposero il corpo del giovane e gli posarono sul petto il canarino, il cesto si alzò in alto e si librò sulla testa dei vecchi, e seguì da vicino i fuochi fatui. La bella Lilie prese in braccio il cane e seguì la vecchia, l'uomo con la lampada chiuse il corteo, e il luogo era illuminato in modo straordinario da tutte queste luci diverse.
Ma la compagnia, raggiunto il fiume, vide con non poco stupore che un arco meraviglioso s'innalzava sull'acqua; il benevolo serpente aveva preparato per loro una via scintillante. Se di giorno avevano ammirato le trasparenti pietre preziose di cui pareva fatto il ponte, ora, di notte, si stupirono del suo luminoso splendore. L'arco lucente si stagliava netto verso l'alto contro il cielo scuro, ma in basso vividi raggi guizzavano verso il centro e rivelavano la saldezza flessibile della costruzione. Il corteo avanzava lentamente, e il barcaiolo che guardava da lontano, dalla sua capanna, contemplò stupito la curva luminosa e le strane luci che la percorrevano.Avevano appena raggiunto l'altra riva quando l'arco cominciò a oscillare e ad avvicinarsi all'acqua ondeggiando. Il serpente poco dopo toccò terra, e il cesto si posò sul terreno, e il serpente formò di nuovo il suo cerchio; il vecchio si chinò davanti a lui e gli disse: - Che hai deciso?- Di sacrificarmi prima di essere sacrificato - rispose il serpente -; promettimi che non lascerai nessuna pietra sulla terraferma.Il vecchio promise e disse alla bella Lilie: - Tocca il serpente con la mano sinistra e il tuo innamorato con la destra.Lilie s'inginocchiò e toccò il serpente e il cadavere. Nello stesso istante questi sembrò rivivere, si mosse nel cesto, si sollevò e si mise a sedere. Lilie voleva abbracciarlo, ma il vecchio la trattenne, aiutò il giovane ad alzarsi e lo guidò per farlo uscire dal cesto e dal cerchio.Il giovane stava in piedi, il canarino svolazzò sulla sua spalla, in tutti e due era tornata la vita, ma lo spirito non era ancora tornato in loro; il bell'amico aveva aperto gli occhi e non vedeva, o almeno sembrava guardare ogni cosa senza nessuna partecipazione, e appena lo stupore di fronte a quest'evento si attenuò un po', si accorsero dello straordinario mutamento del serpente. Il suo bel corpo slanciato si era frantumato in mille e mille pietre preziose lucenti; la vecchia l'aveva urtato sbadatamente, cercando di afferrare il suo cesto, e la forma del serpente non si vedeva più, sull'erba vi era solo un bel cerchio di pietre preziose.
Il vecchio si mise subito a raccogliere le pietre nel cesto, facendosi aiutare dalla moglie. Insieme portarono il cesto sulla riva in un punto elevato, e lui scosse l'intero contenuto nel fiume, non senza riluttanza da parte della bella e della
moglie, che avrebbero scelto volentieri qualcosa per loro. Le pietre galleggiarono sulle onde come stelle lucenti e brillanti e non si riusciva a capire se si perdevano in lontananza o andavano a fondo.
- Signori - disse il vecchio con deferenza ai fuochi fatui -, ora vi indicherò la strada e vi aprirò un passaggio, ma voi ci renderete un grande servizio aprendoci le porte del tempio, attraverso le quali dovremo passare questa volta, e che nessuno all'infuori di voi può dischiudere.
I fuochi fatui si inchinarono educatamente e rimasero indietro. Il vecchio con la lampada li precedette fra le rocce che si aprivano davanti a lui; il giovane lo seguì in modo meccanico; silenziosa e incerta Lilie si teneva a una certa distanza da lui; la vecchia non intendeva restare indietro e tese la mano, in modo che la luce della lampada di suo marito potesse illuminarla. I fuochi fatui chiusero il corteo; piegarono le punte delle loro fiamme una verso l'altra e sembrava parlassero tra di loro.
Non avevano camminato a lungo, quando il corteo si trovò davanti a una grande porta di bronzo, le cui ante erano chiuse da una serratura d'oro. Il vecchio chiamò subito i fuochi fatui, che senza farsi sollecitare a lungo consumarono alacremente con le loro fiamme appuntite serratura e chiavistello.
Il bronzo risuonò forte quando le porte si aprirono rapidamente e nel santuario apparvero le dignitose statue dei re, illuminate dalle luci che penetravano all'interno. Tutti si inchinarono davanti ai venerabili dominatori; i fuochi fatui, in particolare, non mancarono di eseguire bizzarri inchini.
Dopo una pausa il re d'oro chiese: - Da dove venite? - Dal mondo - rispose il vecchio.- Dove andate? - chiese il re d'argento.
- Nel mondo - disse il vecchio.
- Che volete da noi? - chiese il re di bronzo.- Accompagnarvi - disse il vecchio.Il re composito voleva cominciare a parlare, quando il re d'oro disse ai fuochi fatui che gli si erano avvicinati: Allontanatevi da me, il mio oro non è per il vostro palato -. Si rivolsero subito verso quello d'argento e si strinsero a lui; la sua veste risplendeva magnificamente dei loro riflessi gialli. - Siete i benvenuti - disse -, ma non posso nutrirvi; saziatevi in un altro posto e portatemi la vostra luce.Si allontanarono, passarono davanti a quello di bronzo, che sembrò non accorgersi di loro, e scivolarono fino a quello composito.- Chi dominerà il mondo? - chiese con voce balbettante.- Chi si regge sui suoi piedi! - rispose il vecchio.- Sono io! - disse il re composito.- Questo si saprà - disse il vecchio -, perché l'ora è giunta.
La bella Lilie si aggrappò al collo del vecchio e lo baciò con affetto.- Venerabile padre disse -, ti sono mille volte grata, perché sento per la terza volta la parola presaga -. Aveva appena finito di parlare quando si strinse ancora più forte al vecchio, perché la terra aveva cominciato a tremare sotto di loro. Anche la vecchia e il giovane si tennero stretti, solo i mobili fuochi fatui non si accorsero di nulla.
Si poteva sentire distintamente che tutto il tempio si muoveva, come una nave che si allontana dolcemente dal porto quando l'ancora viene levata; le profondità della terra sembrarono schiudersi davanti a lui per farlo passare. Non incontrò nulla, neppure una roccia gli sbarrò la strada.
Per qualche istante una pioggia sottile parve cadere dall'apertura della cupola; il vecchio tenne più stretta la bella Lilie e le disse:- Siamo sotto il fiume, vicini alla meta. Poco dopo credettero di essere fermi, ma si ingannavano; il tempio salì verso l'alto.E sulle loro teste si sentì un singolare frastuono. Assi e travi cominciarono a precipitare alla rinfusa schiantandosi contro l'apertura della cupola. Lilie e la vecchia balzarono di lato, l'uomo con la lampada afferrò il giovane e rimase immobile. La piccola capanna del barcaiolo - era lei, infatti, che il tempio salendo aveva divelto e accolto in sé- discese lentamente fino a coprire il giovane e il vecchio.Le donne gridarono forte, e il tempio tremò come una nave che tocca terra inaspettatamente. Le donne si aggiravano angosciate nella penombra intorno alla capanna, la porta era chiusa e nessuno rispose ai loro colpi. Bussarono con più violenza e si stupirono non poco quando, alla fine, il legno cominciò a risuonare. In virtù della forza racchiusa nella lampada la capanna era diventata tutta d'argento. Poco dopo cambiò addirittura aspetto: perché il nobile metallo abbandonò le forme casuali delle assi, delle porte e delle travi, e si ampliò fino a diventare una magnifica costruzione lavorata a sbalzo. Un piccolo tempio magnifico si ergeva al centro di quello grande, o se si vuole, un altare degno del tempio.Il nobile giovane si avviò verso l'alto, su una scala che saliva dall'interno, l'uomo con la lampada gli faceva luce, e un altro, che era apparso in una corta veste bianca e teneva in mano un remo, pareva sorreggerlo; riconobbero subito il barcaiolo che un tempo abitava nella capanna trasformata.La bella Lilie salì gli ultimi gradini che portavano dal tempio all'altare, ma doveva continuare a tenersi lontana dal suo innamorato.La vecchia, la cui mano era diventata sempre più piccola mentre la lampada era stata nascosta, gridò: - Devo essere ancora più infelice?Fra tanti prodigi, nessuno può salvare la mia mano?Suo marito indicò la porta aperta e disse: - Guarda, è spuntato il giorno, corri a bagnarti nel fiume.- Che consiglio! - esclamò lei -. Diventerò tutta nera e scomparirò completamente, perché non ho ancora pagato il mio debito.- Va' - disse il vecchio -, dammi ascolto! Tutti i debiti sono saldati.
La vecchia si allontanò in fretta, e in quel momento la luce del sole che sorgeva apparve sulla corona della cupola, il vecchio si mise fra il giovane e la fanciulla ed esclamò a voce alta: Tre sono le cose che dominano sulla Terra: la saggezza, l'apparenza e la forza -. Alla prima parola il re d'oro si alzò, alla seconda quello d'argento e alla terza si era sollevato lentamente quello di bronzo, quando il re composito, all'improvviso, si mise a sedere goffamente.
Chi lo guardava, a dispetto del momento solenne, poté trattenersi a fatica dal ridere, perché non era seduto, non era disteso, non era appoggiato, ma era crollato scompostamente.I fuochi fatui, che fino a quel momento si erano affaccendati intorno a lui, si scostarono; malgrado la luce pallida del mattino parevano di nuovo ben nutriti e con le fiamme vivide; avevano succhiato abilmente, fino in fondo, con le loro lingue affilate, la venatura d'oro della colossale statua. Gli spazi vuoti irregolari che si erano creati rimasero aperti per un po', e la figura conservò la sua antica forma.Ma quando, alla fine, anche le venature più sottili furono consumate, la statua crollò all'improvviso, e purtroppo proprio nei punti che restano interi quando l'uomo si siede; invece le articolazioni, che avrebbero dovuto piegarsi, rimasero rigide. Chi non riuscì a riderne dovette distogliere gli occhi; quella via di mezzo tra forma e ammasso era ripugnante a vedersi.L'uomo con la lampada fece scendere dall'altare il bel giovane, che però continuava a guardare fisso davanti a sé, e lo portò davanti al re di bronzo. Ai piedi del potente principe era posata una spada, in una guaina di bronzo. Il giovane la cinse.La spada a sinistra, la destra libera! - esclamò il potente re.Poi andarono da quello d'argento, che abbassò il suo scettro verso il giovane. Questi lo prese con la mano sinistra, e il re disse con voce cortese: - Pascola le pecore!Quando giunsero dal re d'oro, egli pose in testa al giovane la corona di foglie di quercia con un gesto di paterna benedizione e disse:- Riconosci il sommo bene! Durante questi discorsi il vecchio aveva osservato attentamente il giovane. Dopo aver cinto la spada il suo petto si sollevò, le sue braccia si mossero e i suoi piedi si fecero più saldi; prendendo in mano lo scettro la forza sembrò attenuarsi e insieme diventare più potente in virtù di una grazia indicibile; ma quando la corona di foglie di quercia ornò i suoi riccioli, i tratti del suo viso si animarono, i suoi occhi risplendettero di uno spirito ineffabile, e la prima parola sulle sue labbra fu Lilie.- Cara Lilie!- esclamò salendo la scala d'argento per andarle incontro: infatti lei aveva osservato il suo giro dalla sommità dall'altare -. Cara Lilie, cosa può desiderare un uomo che ha tutto, oltre all'innocenza e al tranquillo affetto che il tuo cuore mi offre?Oh, amico mio - continuò rivolgendosi al vecchio e guardando le tre statue sacre -, il regno dei nostri padri è splendido e sicuro, ma tu hai dimenticato la quarta forza che domina il mondo, ancora più certa, la forza dell'amore. A queste parole si gettò al collo della bella fanciulla; lei si era liberata del velo e le sue guance si tinsero del più bel rossore immortale. Il vecchio replicò sorridendo: - L'amore non domina, ma forma, e questo è molto di più.
Fra tanta solennità, felicità ed estasi, non si erano accorti che era giorno pieno, e all'improvviso attraverso la porta aperta apparvero alla compagnia oggetti del tutto inaspettati. Un grande spazio circondato da colonne costituiva l'atrio, al termine del quale si vedeva un lungo e magnifico ponte, che si tendeva sul fiume con molte arcate; su entrambi i lati era disposto uno splendido e comodo colonnato per i
viandanti, che si erano già riuniti là a migliaia e andavano avanti e indietro alacremente. La grande strada nel mezzo era animata da un flusso di greggi, bestie da soma, cavalieri e carrozze che la percorrevano in tutte e due le direzioni senza urtarsi. Tutti sembravano stupiti della comodità e della magnificenza del ponte, e il nuovo re e sua moglie erano incantati dal movimento e dalla vita di questo grande popolo, così come il loro amore reciproco li rendeva felici.- Onora la memoria del serpente - disse l'uomo con la lampada ; tu gli devi la vita, le tue genti il ponte, in virtù del quale queste rive vicine saranno unite e diventeranno paesi popolati. Quelle pietre preziose scintillanti che galleggiano, resti del suo corpo sacrificato, sono i pilastri che reggono questo ponte meraviglioso, che si è costruito da solo e si sosterrà da solo su di essi.Gli chiesero una spiegazione del prodigioso segreto, quando dalla porta del tempio entrarono quattro belle fanciulle. Riconobbero subito le tre compagne di Lilie, dall'arpa, dal parasole e dalla sedia, ma la quarta, più bella delle altre, era uno sconosciuta che attraversò il tempio e salì i gradini d'argento scherzando fraternamente con loro.- In un futuro mi crederai di più, cara donna? - disse l'uomo con la lampada alla bella-. Salute a te e a ogni creatura che questa mattina si bagnerà nel fiume!La vecchia ringiovanita e imbellita, del cui aspetto non era rimasta traccia, circondò con braccia giovani e rinvigorite l'uomo con la lampada, il quale accolse le sue carezze con affetto.- Se sono troppo vecchio per te - disse sorridendo -, oggi potrai sceglierti un altro sposo; da oggi in poi non è più valido nessun matrimonio che non venga concluso di nuovo.- Non sai che anche tu sei diventato più giovane? - rispose lei.- Sono contento se i tuoi occhi giovani mi vedono come un giovane gagliardo; accetto di nuovo la tua mano, e sarò felice di vivere con te per il prossimo millennio.La regina diede il benvenuto alla sua nuova amica e scese con lei e le altre compagne di giochi dall'altare, mentre il re in mezzo ai due uomini guardava verso il ponte osservando attentamente il brulichio del popolo.Ma la sua contentezza non durò a lungo; vide infatti qualcosa che gli procurò un po' di disappunto. Il grande gigante, che non sembrava essersi ripreso ancora dal sonno del mattino, avanzò barcollando sul ponte, causando un gran disordine. Come al solito si era alzato ubriaco di sonno e intendeva bagnarsi nella solita insenatura del fiume; al suo posto trovò la terraferma e brancolò sui larghi pilastri del ponte. Anche se si muoveva fra uomini e animali in modo molto maldestro, la sua presenza venne considerata da tutti con meraviglia, ma nessuno si spaventò; quando però il sole abbagliò i suoi occhi, e lui alzò le mani per ripararsi, l'ombra dei suoi enormi pugni dietro di lui passò tra la folla in modo così violento e goffo che uomini e bestie precipitarono in massa, si ferirono e corsero il rischio di essere gettati nel fiume.
Il re, che aveva osservato l'incidente, cercò la spada con un movimento inconsulto, poi si ricompose, guardò con calma il suo scettro, la lampada e il remo dei suoi compagni. - Indovino i tuoi pensieri - disse l'uomo con la lampada, - ma noi con le
nostre forze siamo inermi di fronte a quest'inerme. Sta' tranquillo! Nuoce per l'ultima volta, e per fortuna la sua ombra ci abbandonerà.
Intanto il gigante si era avvicinato sempre più, aveva lasciato cadere le mani per lo stupore di quello che vedeva, non provocò più nessun danno ed entrò nell'atrio a bocca aperta.
Arrivato alla porta del tempio, all'improvviso venne trattenuto al suolo in mezzo al cortile. Rimase là come una colossale e poderosa statua di pietra lucente e rossastra, e la sua ombra segnò le ore in un cerchio tracciato a terra intorno a lui, non in cifre ma in immagini nobili e significative.
Il re si rallegrò non poco nel vedere come fosse diventata utile l'ombra del gigante; non poco si meravigliò la regina, quando salì sull'altare insieme con le sue fanciulle, adornata con magnificenza, e vide il singolare quadro, che copriva quasi la vista del ponte dal tempio.
Intanto il popolo, poiché il gigante stava fermo, si affollò intorno a lui, lo circondò e lo osservò con stupore. Di lì la moltitudine si rivolse al tempio, di cui sembrò accorgersi solo allora, e si affollò sulla porta.
In quel momento lo sparviero con lo specchio si librò in alto sul tempio, raccolse la luce del sole e la diresse sul gruppo che stava sull'altare. Il re, la regina e i loro accompagnatori apparvero nella volta in penombra illuminati da uno splendore celeste, e il popolo si prosternò. Quando la moltitudine si riprese e si rialzò, il re con i suoi stava scendendo dall'altare, per raggiungere il suo palazzo attraverso sale nascoste, e il popolo si disperse nel tempio per appagare la sua curiosità. Contemplò con stupore misto a rispetto i tre re in piedi, ma era ancora più avido di sapere quale ammasso potesse nascondersi sotto il tappeto nella quarta nicchia; infatti, chiunque fosse stato, con ragionevole ritegno aveva steso sul re crollato una splendida coperta, che nessun occhio umano poteva penetrare e che nessuna mano avrebbe osato togliere.
Il popolo non avrebbe più smesso di guardare e di stupirsi, e la moltitudine incalzante sarebbe rimasta schiacciata nel tempio, se la sua attenzione non si fosse rivolta nuovamente alla grande piazza.
Monete d'oro parevano cadere inaspettatamente dall'aria, risuonando sulle lastre di marmo, i viandanti si precipitarono per impadronirsene; e questo prodigio si ripeté ora in un punto, ora in un altro. Certamente i fuochi fatui, andandosene, si stavano divertendo un'altra volta, e spargevano allegramente l'oro delle membra del re crollato. Il popolo avido continuò a correre da ogni parte, si urtò e continuò ad affannarsi anche quando le monete non caddero più. Alla fine si disperse lentamente, si incamminò per la sua strada, e fino a oggi il ponte ha brulicato di viandanti, e il tempio è il più frequentato di tutta la Terra.