30/12/10

Rapporto Confidenziale Numero 30

rivista digitale di cultura cinematografica
numero30 – dicembre/gennaio 2011


free download

Editoriale di Alessio Galbiati e Roberto Rippa

Oltre trenta pdf prodotti (fra mensile e numeri speciali) per un totale di oltre 2000 pagine pubblicate, una media di 7000 download a numero, oltre 700 film recensiti, circa un centianaio di collaboratori dal numerozero ad oggi, dodici film presenti nella Cineteca, quattordici fra interviste ed incontri pubbliciti pubblicati in formato audiovideo, una media di oltre mille visite al giorno sul sito. Tutto gratuito, tutto reso disponibile con licenze Creative Commons. E tutto ancora da fare, perché tre anni non sono poi molti.
Il mese scorso hanno avuto ampia eco sulla stampa internazionale le rivelazioni di Donald Jameson, ex funzionario della CIA, sul finanziamento occulto che l’agenzia governativa statunitense ha riversato sugli artisti dell’espressionismo astratto Jackson Pollock, Mark Rothko, Robert Motherwell e Willem de Kooning. Una manovra politica per dare una parvenza più progressista alla cultura americana appena uscita dall’epoca oscurantista del maccartismo e per screditare la rigidità del realismo socialista in voga in quei tempi in Unione Sovietica.
Stando alle parole di Jameson furono “loro” ad organizzare le prime mostre internazionali del “new american painting”, ovvero le celebri tappe europee “Masterpieces of the Twentieth Century” del ‘52 e “Modern art in the United States” del ‘55. Il tutto all’interno di una machiavellica e raffinata strategia anti comunista, volta ad esaltare la democraticità degli States.
Ovviamente gli artisti di questa ipotetica manovra, ad oggi non suffragata da alcun riscontro, non ne sapevano nulla. Assistettero però, immagino ben felici, alla crescita esponenziale delle quotazioni delle loro opere sul mercato.

Giunti con il numero che avete di fronte agli occhi al terzo anno di vita di Rapporto Confidenziale, continuiamo ad essere convinti del sistema di finanziamento che dal numerozero abbiamo scelto. La donazione, libera e spontanea dei lettori, è a nostro avviso un importante strumento per il sostentamento di quelle realtà editoriali indipendenti che faticherebbero altrimenti a recuperare risorse dal “mercato”, in particolar modo oggi, epoca di “crisi”, in cui pare che in molti siano parchi nella redistribuzione della ricchezza.
Da qualche tempo il nostro sistema di donazioni si è andato articolando, permettendo ai lettori di sottoscrivere un abbonamento mensile, di associarsi ad Arkadin (ovvero alla struttura che realizza RC) come pure di effettuare versamenti sul conto corrente postale dell’associazione. Per maggior dettagli vi rimandiamo al sito (http://www.rapportoconfidenziale.org/?p=11015).
Visti i risultati delle nostre campagne di finanziamento siamo giunti ad una incontrovertibile conclusione: la CIA non finanzia Rapporto Confidenziale. E tu?
Buona visione.

29/12/10

Pavel Tchelitchew

Works by Pavel Tchelitchew
Music by Godspeed You! Black Emperor: "East Hastings"


La mia donna: capelli di fuoco di legna
Pensieri di lampi di calore
Vita di clessidra
La mia donna: vita di lontra tra i denti della tigre
La mia donna: bocca da coccarda e fascio di stelle
                               di ultima grandezza
Denti a impronta di topo bianco sulla terra bianca
Lingua d'ambra e vetro lucidati
La mia donna: lingua d'ostia trafitta
Lingua di bambola che apre e chiude gli occhi
Lingua di pietra incredibile
La mia donna: ciglia di aste di scrittura infantile
Sopracciglia a bordo di nido di rondine
La mia donna: tempie d'ardesia di tetto di serra
Vapore sui vetri
La mia donna: spalle di champagne
Fontana con teste di delfini sotto ghiaccio
La mia donna: polsi di fiammiferi
La mia donna: dita d'azzardo e d'asso di cuori
Dita di fieno tagliato
La mia donna: ascelle di martora e faggiola
Notte di San Giovanni
Ligustro e nido di scalari
Braccia di schiuma marina e di chiusa
Miscuglio di grano e mulino
La mia donna: gambe di missile
Movimenti d'orologeria e disperazione
La mia donna: polpacci di midollo di sambuco
La mia donna: piedi a iniziale
Piedi a mazzi di chiavi, piedi di calafati che bevono
La mia donna: collo d'orzo imperlato
La mia donna: gola di Val d'Or
Appuntamenti persino nel letto del torrente
Seni notturni
La mia donna: seni di monticelli di talpa marina
La mia donna: seni di crogiolo di rubini
Seni di spettro della rosa rugiadosa
La mia donna: ventre spiegato di ventaglio dei giorni
Ventre d'artiglio gigante
La mia donna: schiena d'uccello che fugge verticale
Schiena d'argento vivo
Schiena di luce
Nuca a sasso levigato e gesso bagnato
Caduta di bicchiere nel quale si è bevuto
La mia donna: anche di navicella
Anche a lampadario e penne di freccia
Nervature di piume di pavone bianco
Bilancia insensibile
La mia donna: natica di arenaria e amianto
La mia donna: natica a dorso di cigno
La mia donna: natica primaverile
Sesso di gladiolo
La mia donna: sesso di giacimento aurifero e di ornitorinco
La mia donna: sesso d'alga e vecchie caramelle
La mia donna: sesso di specchio
La mia donna: occhi pieni di lacrime
Occhi di panoplia violetta e ago magnetizzato
La mia donna: occhi di savana
La mia donna: occhi d'acqua da bere in prigione
La mia donna: occhi di legno sempre sotto l'ascia
Occhi dei livelli d'acqua d'aria di terra e fuoco
(André Breton)

26/12/10

The Brain that Wouldn't Die (Joseph Greene)

Il cervello che non voleva morire - The Brain that Wouldn't Die
di Joseph Greene (1962 USA 82')
Dietro questo gioiello della fantascienza anni Sessanta c'è la figura dell'attore Jason/Herb Evers che recita, produce, sceneggia e dirige sotto pseudonimo un film zeppo di situazioni spiazzanti e assurde. La trama delirante e le immagini audaci bloccarono la distribuzione del film per ben tre anni e il regista fu costretto a censurare diverse sequenze per riuscire a vederlo finalmente distribuito. Protagonista è un brillante chirurgo figlio d'arte che lavora sul labile confine tra genio scientifico e fanatismo ossessivo, eseguendo trapianti sperimentali di arti e organi (grazie ad un siero che impedisce il rigetto) e non fermandosi davanti a nulla pur di procurarsi i pezzi mancanti. Nella pellicola il chirurgo cerca di ridare la vita alla testa della sua fidanzata decapidata in un incidente stradale, causato dalle sue inspiegabili intemperie alla guida. La testa, dotata di un volto ammaliante, messa su un vassoio e tenuta in vita con flebo ed elettrodi non si dimentica facilmente. Il culmine si raggiunge poi quando il chirurgo, vincente di bell'aspetto e pure un poco voglioso, si dirige al Moulin Rouge alla ricerca del corpo di una pin-up da trapiantare al cervello della sua amata. Esilarante la scena in cui il chirurgo occhieggia le ragazze, pensando al corpo da scegliere, durante una sfilata di costumi da bagno dal titolo "Miss Belle Forme". Sceglierà poi una modella dal corpo mozzafiato e dal costume leopardato, ma dal volto orrendamente sfregiato: a ribadire lo status di film-freak della pellicola in questione. La presenza di un mostro chiuso in uno sgabuzzino del laboratorio (creato dall'unione di vari brandelli e frammenti di membra e visceri da parte dello scienziato) e in comunicazione telepatica con la testa complica ulteriormente le cose. Il sodalizio tra i due freaks e la preparazione della vendetta avrà inizio con le profetiche parole "tu sei la forza e io il pensiero" pronunciate dalla logorroica testa. A completare lo psicotronico quadretto c'è anche l'assistente del chirurgo, figura apparentemente fuoriuscita da Blood Feast di Herschell Gordon Lewis, reso deforme a causa di un trapianto malfatto e ora con un braccio atrofizzato e affetto dal morbo di Dupuytren. Epilogo splatter ante-litteram con il mostro che prima strappa il braccio buono all'assistente (che si trascina caracollando e conseguentemente insanguinando tutto il sotterraneo del laboratorio), poi lacera e strappa un brandello di collo al sorpreso chirurgo. Il chirurgo farà una brutta fine tra le fiamme del laboratorio, mentre il mostro nel caleidoscopico finale scapperà con in braccio la modella, mentre la testa rianimata ridendo istericamente rimarrà enigmaticamente sul vassoio. A metà strada tra Russ Meyer, Frankenstein e Re-Animator, le vie dell'exploitation sono infinite...
Un brano di Adelbert von Deyen è stato associato ad immagini di questo film...

Thrust in me (Richard Kern & Nick Zedd)

Thrust in me
di Richard Kern & Nick Zedd (1985 USA 8')
"L'obiettivo dichiarato del mio cinema era compiere atti rivoluzionari che attraversassero ogni barriera socialmente costruita e socialmente accettata"
(Richard Kern)
VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI

"L'essenza del cinema non è la luce, ma un compatto segreto tra luce e tenebre"
(Amos Vogel)

I predatori di Atlantide (Ruggero Deodato)

I predatori di Atlantide
di Ruggero Deodato (1983 ITA 92')

Deodato, "Monsieur Cannibal", dopo l'orgia nichilista e il punto di non ritorno rappresentato da Cannibal Holocaust, si diverte a miscelare in maniera delirante i generi cinematografici, saccheggiando a piene mani dovunque può: Interceptor, 1997 Fuga da New York, I predatori dell'arca perduta, Rambo, Distretto 13 le brigate della morte, Death Race 2000, Zombi, I guerrieri della notte...ne viene fuori uno psicotronico abominio in celluloide fatto di esplosioni, brutti ceffi pittati, combattimenti a mazzate in cui tutti saltano uno sull'altro e sproloqui fanta-archeologici sull'isola di Atlantide, che nella pellicola riemerge dalle profondità degli abissi marini, riportando sulla Terra la Razza Violenta che la dominava nell'antica magnificienza del passato. La fortuna vuole che un gruppo di buontemponi, ex soldati in Vietnam, decide di difendere il pianeta dall'invasione di questi stravaganti e iper-violenti guerrieri, comandati da un ninja muto (interpretato da Bruce Baron) che indossa una maschera di cristallo a forma di teschio. Nei costumi dei guerrieri si avverte l'influenza del 1977 e dell'ondata punk, arrivata come moda in Italia con qualche anno di ritardo. I cattivi sono veramente inefficaci nei combattimenti, mentre i buoni anche con un fucile scalcinato possono sgominare decine di avversari. I buchi di sceneggiatura e le incongruenze riempirebbero decine di pagine di recensione, gli effetti speciali sono praticamente inesistenti. La musica elettronica tipica degli anni Ottanta dà al film un retrogusto quasi commovente. Gli attori sono facce e hanno phisique du role da culto della serie Z: Christopher Connelly, Tony King, Ivan Rassimov, Stefano Mingardo, George Hilton...in una piccola parte c'è anche il futuro regista Michele Soavi...la splendida e misteriosa Gioia Scola dona alla pellicola un'aura afrodisiaca. Geniale l'utilizzo di Santa Maria degli Oliver Onions in un contesto gore/splatter. Veramente inguardabile, trash sopraffino all'ennesima potenza.

Tutti i colori del buio (Sergio Martino)

Tutti i colori del buio
di Sergio Martino (1972 ITA/SPA 88')

Si tratta di un film che mi impressionò molto nell'adolescenza sia per le tematiche trattate sia per la malsana atmosfera onirico-surreale costantemente sull'orlo della follia che vi si respira, uno di quei film che vedevo intorno a mezzanotte su Odeon alzandomi di nascosto dai miei genitori. Il filone in cui si inserisce la pellicola di Martino è ovviamente quello derivativo dal Rosemary's Baby polanskiano, amalgamato al thriller di Bava e Argento e condito con laute dosi di psicanalisi freudiana. E la storia, ambientata a Londra, si incentra su una ragazza ossessionata da terribili traumi psico-emotivi infantili che le fanno avere paurosi incubi. Quest'ultima viene per giunta ad essere cooptata e poi perseguitata da una setta satanica. I titoli di testa seguiti dalla sequenza iniziale sono da antologia e in diverse sequenze Martino mette in mostra una notevole tecnica cinematografica con affascinanti riprese in soggettiva girate con l'ausilio del grandangolo e di psichedelici filtri colorati. La stessa affascinante tecnica che lo porterà a creare, di lì a poco, il capolavoro Torso, peccato che in seguito il regista si sia disperso attorno al genere pecoreccio. La presenza magnetica di Edwige Fenech con quei favolosi occhi da cerbiatta indifesa, qui al top della forma fisica, unita al simbolismo demoniaco alza la carica erotico perversa della pellicola. Da segnalare la frase di lancio della pellicola all'epoca di uscita, tratta dagli scritti di Edgar Allan Poe: "nel buio la mia mente si colora di angoscia, di libidine, di paura". Notevoli facce dei maligni protagonisti con lo scatenato sulfureo sacerdote dalle unghie kruegeriane interpretato da Julian Ugarte e il persecutore dagli occhi di ghiaccio Ivan Rassimov. Stupenda colonna sonora di Bruno Nicolai. Un'inquietante interrogativo rimane...ma perchè il fidanzato della frigida protagonista legge un libro sulla magia e sul soprannaturale? e perchè quello stesso libro fa bella mostra di sé anche nella nostra libreria?

The Giant Claw (Fred F. Sears)

The Giant Claw
di Fred F. Sears (1957 USA 75')

Un rapace extraterrestre dalla testa bitorzoluta ed un enorme becco provvisto di dentoni inizia ad attaccare gli aerei che si avventurano nei cieli polari e si fa una scorpacciata dei piloti che si paracadutano fuori nella speranza di salvarsi dalle sue grinfie. Tutte le armi impiegate per eliminarlo (cannoni, razzi, mitragliatrici) non sortiscono alcun effetto perchè la bestia ha uno schermo protettivo di anti-materia attorno a sé e la sua velocità supersonica impedisce oltretutto ai radar di localizzarlo. Queste caratteristiche fanno sì che New York cada sotto i suoi artigli finchè, dopo una serie di esilaranti farneticazioni su materia e anti-materia, gli scienziati non scoprono un'arma in grado di neutralizzarlo. Il mostro della pellicola si candida per essere uno dei più psicotronici della storia del cinema col suo aspetto da tacchinaccio spelacchiato, i suoi gracchianti versi  e gli assurdi baffetti felini. Impossibile non tenerne una gommosa riproduzione sul comodino...

24/12/10

Programmazione cinema scaglie gennaio 2010

Gennaio Cinema 2011 Scaglie

Domenica 2 Gennaio ore 21.30
Open Hearts
di Susanne Bier (2002  DAN 104')
Film girato seguendo le regole del Dogma di Von Trier: Cecile e Joachim stanno per sposarsi, quando lui ha un terribile incidente che lo lascia tetraplegico. Cecile cerca di restargli accanto, lui la rifiuta, lei cerca di consolarsi tra le braccia del marito della donna che ha ridotto Joachim in quelle condizioni. Eccezionale esordio alla regia di Susanne Bier, che con una lucidità così impressionante da sfiorare il cinismo racconta le mille sfaccettature della complessità emotiva nascosta dietro una tragedia. La regia non cede mai al sentimentalismo, le scelte narrative sono tutt'altro che convenzionali e il finale aperto suggella un'opera di notevole levatura, supportata da un cast in stato di grazia. Giorgia Bernoni scrive “Sicuramente in Open Hearts una prerogativa del Dogma si adatta perfettamente alla storia ed alla sua resa scenica: l'elevatissimo grado di verosimiglianza dato dall'utilizzo di una macchina a mano e dal girare gli interni in vere case abitate da persone comuni rendendo credibili gli eccessivi avvenimenti filmati che, altrimenti, rischierebbero di sfociare in continuazione in estremi patetici ed eccessivi. Invece la vera forza del film della Bier risiede proprio nell'aver adottato uno stile sobrio e semi-documentaristico, dogmatico insomma, per cui anche l'apertura melodrammatica più improbabile riesce a diventare plausibile e la pellicola, nonostante venature dark, risulta sostanzialmente umana riflettendo le responsabilità di ciascuno rispetto alla famiglia ed ai propri sentimenti insieme all'obbligo morale di non abbandonare chi soffre. Gli attori, come ormai la cinematografia nordeuropea ci ha felicemente abituato, sono carismatici ed espressivi soprattutto nei silenzi e quando dialogano tra loro attraverso gli sguardi e le sottili inflessioni della voce. Inserti girati in Super8 per mostrare i desideri dei personaggi e quello che avrebbero voluto accadesse tra loro, mentre la parentesi iniziale e finale che racchiude la storia è affidata a sperimentali piani-sequenza girati con filtri da videoclip”.

Domenica 9 Gennaio ore 21.30
The Gambler
di  Karel Reisz (1974 USA 111’)
Si tratta di un cristallino e dimenticato capolavoro in celluloide, "40000 dollari per non morire" il titolo in italiano, tratto da "Il giocatore" di Dostoevskij, mirabilmente scritto dall'esordiente James Toback e interpretato da uno sbalorditivo James Caan, nella parte di un colto e benestante professore universitario di letteratura con il vizio della scommessa al tavolo da gioco. Scrive Dostoevskij (egli stesso accanito giocatore) nel racconto suddetto “Ho sentito un brivido di terrore corrermi per la schiena mentre mi prendeva, un tremito alle mani e ai piedi. In un attimo mi sono reso conto con terrore cosa significava per me perdere: insieme a quell’oro puntavo tutta la mia vita! Rouge!, ha gridato il croupier e io ho tirato un sospiro di sollievo, mentre un formicolio di fuoco mi correva per tutto il corpo”.  Reisz e Toback mettono in scena in maniera pressoché perfetta proprio questa singolare emozione che porta il giocatore a mettere a rischio le proprie sostanze, ma contemporaneamente anche sé stesso, il piacere di rimanere per il frammento di un istante sospesi nel limbo tra desiderio, volontà di potenza, fascinazione per il futuro e autodistruzione. Nel gioco d'azzardo si viene a configurare una metafora della concezione del mondo di questi uomini in cui l'elemento del rischio la fa da padrone: "Il desiderio è vita...la volontà di credere...la sicurezza che 2 più 2 fa 5...Mi piace l'incertezza, mi piace il rischio di perdere, mi piace vincere...anche se non dura mai a lungo" confessa il protagonista del film. La scarica di adrenalina che percorre la schiena del giocatore, sospeso nel vuoto delle possibilità, diventa una droga irresistibile e la vita stessa diviene pienamente apprezzabile solamente nel momento in cui si é disposti a metterla totalmente in gioco in un singolo istante. I dialoghi del film meritano un taccuino sul quale annotarseli durante la visione e il ritratto della sconfitta di un uomo dotato di "intelligenza, palle e volontà" in un mondo dominato dai quaquaraquà rimane indelebile nella memoria. Finale straziante (con Gustav Mahler come colonna sonora) in cui il protagonista, per salvarsi l'anima, evitando di entrare nel giro dei ricatti della malavita, fa una scelta coraggiosa ed estrema. La critica alla società americana "che teme il nuovo più di qualunque altra cosa" è pungente e implacabile e la pellicola di Reisz riesce a rendere il senso profondo di un aspetto indubitabile della natura umana, quello citato in questo frammento: « Da un essere umano, che cosa ci si può attendere? Lo si colmi di tutti i beni del mondo, lo si sprofondi fino alla radice dei capelli nella felicità, e anche oltre, fin sopra la testa, sì che alla superficie della felicità non salga che qualche bollicina, come sul pelo dell'acqua - gli si diano la tranquillità e di che vivere, al segno che non gli rimanga proprio nient'altro da fare se non dormire, divorare pasticcini e pensare alla sopravvivenza dell'umanità; ebbene, in questo stesso istante, proprio lo stesso essere umano che avete reso felice, da quel bel tipo che è, e unicamente per ingratitudine, e per insultare, vi giocherà un brutto tiro. Egli metterà in gioco persino i pasticcini, e si augurerà la più nociva assurdità, la più dispendiosa sciocchezza, soltanto per aggiungere a questa positiva razionalità un proprio funesto e capriccioso elemento. Egli vorrà conservare le sue stravaganti idee, la sua banale stupidità... »  (da Memorie dal sottosuolo, Fëdor Michajlovič Dostoevskij)

Domenica 16 Gennaio ore 21.30
Metamorphosis
di Valerij Fokin (2002 Russia 80')
Difficile elencare tutti gli adattamenti che dal 1912, anno d’uscita del racconto “La Metamorfosi” di Kafka, ad oggi cinema e teatro hanno dedicato alla straordinaria metafora kafkiana; questo di Valerij Fokin, noto soprattutto come regista teatrale, è sicuramente da considerare uno dei migliori in assoluto. Regia e fotografia sono su livelli d’eccellenza, altrettanto il gruppo di attori tra cui svetta Jevgenij Mironov con una performance fenomenale, a tratti circense, dà vita alla complessa gamma di tonalità del protagonista, su cui il racconto si regge, sostituendosi alla macchina da presa lì dove quest’ultima è per forza di cose costretta a fermarsi, la sua presenza da sola vale la visione del film (da Asian World). Scaglie propone un altro gioiello imperdibile e poco conosciuto.

Domenica 23 Gennaio ore 21.30
Illuminazione
di Krzysztof Zanussi (1973 POL 91')
Iscrittosi a Fisica perchè dice cose sicure, il protagonista scopre sulla sua pelle che i sentimenti e la morte non possono essere controllati dalla scienza; lascia gli studi, si sposa e aspetta un figlio, frequenta un ospedale psichiatrico, prova l’LSD, abbandona la moglie, poi torna in famiglia e si laurea, ma quando scoppiano le prime lotte studentesche, tutte le sue sicurezze svaniscono di nuovo. Film-saggio basato su esperienze autobiografiche e sceneggiato solo dal regista, quest’opera verifica la precarietà di ogni conoscenza obiettiva e smantella le certezze che l’uomo può chiedere alle varie discipline (scientifiche o umanistiche che siano) per affrontare la realtà. Indimenticabili le scene in cui il protagonista si confronta con “l’inumanità della scienza” (l’encefalografia e il calvario dell’amico che muore per un tumore al cervello) e la spettrale conclusione.  (estratti da Mereghetti) 

Domenica 30 Gennaio ore 21.30
Leolo
di Jean-Claude Lauzon (1992 CAN/FRA 102')
Sublime mistione autobiografica di realtà e fantasia per uno dei registi più importanti dei primi anni Novanta, purtroppo tragicamente scomparso a soli quarantaquattro anni a causa di un incidente aereo, mentre volava su territori selvaggi del Quebec. All'epoca mi spezzò il cuore la perdita di un talento di tal portata...e piansi...medesima sensazione provata alcuni anni più tardi per la morte dello straordinario scrittore Jean-Claude Izzo. 
Léolo è in parte ispirato all'opera "L'Avalée des Avalés" di Rejean Ducharme e racconta l'adolescenza di un ragazzino di Montréal (Canada) durante gli anni Cinquanta, che ama immaginare la sua vita e quella dei suoi familiari come se si trattasse di una storia di finzione che egli stesso annota sulle pagine di un diario, sua magnifica ossessione, che poi strappa. La sua fervida fantasia immagina che lui sia figlio di un pomodoro contaminato (cioé inseminato da un contadino siciliano!!!) attraverso un incidente occorso alla grassa madre e questo è il motivo per il quale pretende di essere chiamato Léo Lozone e ama tutto ciò che proviene dall'Italia, specie una graziosa adolescente, di nome Bianca, che è figlia dei suoi vicini di casa immigrati dalla Sicilia e nei cui confronti prova un amor fou degno dei surrealisti. Il taglio del film è onirico, poetico e malinconico ed è arricchito da numerose divertenti e spiazzanti scene grottesche, tra tacchini nella vasca da bagno, masturbazioni con bistecche di fegato, cimiteri di frigoriferi sott'acqua e strambe perversioni erotiche (come quella di farsi mangiare le unghie dei piedi...). La famiglia di Léolo è tra le più strambe in assoluto viste al cinema: con un padre obeso ossessionato dal far andare di corpo i familiari (per questo li purga regolarmente in un rituale casalingo che richiama l'Eucaristia), un fratello ritardato e culturista sfegatato, una madre imbarazzantemente oversize, due sorelle abituali ospiti dell'ospedale psichiatrico (una delle due riesce a comunicare solamente con gli insetti) ed un nonno magnificamente perverso. In mezzo a tutto questo Léolo  scoprirà la sessualità come un limbo sospeso tra l'ignoranza e l'orrore...Le pagine strappate dal diario sono lette da un anziano "domatore di versi", misterioso depositario della cultura umana (nel bel finale aperto del film si vede portare il manoscritto del ragazzino nei polverosi sotterranei di una maestosa biblioteca dove sono evidentemente conservati i capolavori dell'uomo). La volontà di Lauzon, sospeso tra tenerezza e disgusto,  è quella di trattare temi alti maneggiando materia bassa e direi che riesce nell'impresa, rendendo in pieno veritiera l'affermazione di Douglas Sirk, per il quale "tra l'arte e la spazzatura c'è pochissima distanza, e la spazzatura che contiene un grano di follia è per questo più vicina all'arte". Un'opera profondamente toccante, quando ci ricorda che il cinema è sogno. A rendere ancora più affascinante la pellicola è poi la complessa colonna sonora che spazia da canti buddisti alle musiche del maestro Tom Waits, rendendo così pienamente giustizia all'originale talento visionario e fuori dagli schemi del regista canadese. Non manca poi una scena insostenibile, probabilmente ispiratrice di Gummo di Korine, in cui un gatto riceve le attenzioni di un teppistello amico del protagonista sulle note di You can't always get what you want dei Rolling Stones. Nel 1992 al festival di Cannes Léolo era il favorito numero uno per la Palma d'oro, ma un approccio un pò rude, "What the boy in the film does to the piece of liver, I want to do to you", detto dal regista alla giurata Jamie Lee Curtis durante un banchetto gli costò l'esclusione dal Palmares. Il Time  ha reso giustizia all'oblio che circondava questo film e nel 2005 lo ha incluso tra i cento film più importanti di tutti i tempi. Because I dream I am not...

19/12/10

Dropout (Tinto Brass)

Dropout
di Tinto Brass (1970 ITA 109')
Parlo di questo film perchè lo sto cercando praticamente da sempre e non l'ho mai intercettato in alcun formato (tv, vhs, dvd), mentre altri gioielli del primo Brass come L'urlo e Nerosubianco sono stati trasmessi dai canali satellitari. Il titolo Dropout si riferisce alla volontà di sciogliere i legami col proprio mondo di appartenenza, abbandonandosi al vagabondaggio, alla contemplazione e all’amore. Nella Londra dei primi anni Settanta i due protagonisti del film, interpretati da Franco Nero e Vanessa Redgrave (anche produttori della pellicola), molto diversi tra loro, ma intimamente uniti nel profondo scelgono di diventare dei dropouts. Lui è recentemente evaso dal manicomio giudiziario di Breadmore in cui è stato ricoverato per oscuri motivi e lei è una casalinga inquieta di estrazione borghese, apparentemente felicemente sposata, che viene rapita da quest’ultimo. Nel rapimento lei scopre il mondo che le convenzioni sociali della sua classe le hanno tenuto accuratamente nascosto. I due vivono così una breve fuga attraverso il mondo del sottoproletariato inglese, una caleidoscopica incursione tra bassifondi popolati da barboni, alla riscoperta del piacere della vita e del sesso, in nome della rivolta e della trasgressione, fino all’ineluttabile fallimento del loro sogno di cartapesta. Brass è un talento irregolare, genialoide, atipico e scontroso, qui con buona ispirazione poetica e con un taglio sperimentale (tipico delle sue prime creazioni) tesse un elogio, dalla parte degli emarginati, della follia inquadrata come poesia del vivere. Morandini dice che  si tratta di “un tipico esempio della controcultura degli anni Sessanta, di cui, sotto la scorza allegramente spregiudicata, rivela la dolorosa disperazione; è un agile film in cui Brass ritrova l’ispirazione del suo esordio con una rappresentazione – realistica ma anche simbolica – di una Londra beckettiana di detriti, rovine, immondizie”.  Di Giammatteo ci dice che il film “traduce limpidamente l’utopia anarcoide e libertaria del migliore Tinto Brass, proteso a ritrovare una struttura filmica (specie nel montaggio) che si adegui alla struttura del racconto…L’ispirazione di Dropout si ritrova sia nel film di viaggio sia nella fiaba classica, opportunamente stravolta; ma in realtà la spinta sperimentale trasforma presto queste indicazioni in semplici punti di riferimento e fa del film una galleria onirica in cui dialogo e suono sono i necessari sostegni per le associazioni visive, quasi tutte imprevedibili”. Tinto Brass in un gustoso cameo interpreta un dropout e un boss/mercante d'arte e cultore della pornografia, che è ossessionato da Vanessa Redgrave (per le sue movenze puttanesche), ma lei lo sbeffeggia cantando; lui le farà un occhio nero. Il motto del film che campeggia sui muri è “Work is anti-life”, che si ricollega all’esordio di Brass Chi lavora è perduto. Un altro entusiastico approfondimento lo si trova qui. Chi ce l'ha batta un colpo...oppure case distributrici di cinema d'autore editatelo!!! e poi Brass tira solo col nome sull'etichetta del dvd...

18/12/10

R.I.P. Captain Beefheart

Captain Beefheart & Frank Zappa
Puller Man Medley (1963)

"Senza deviazione dalla norma, il progresso non è possibile"
(Frank Zappa)

16/12/10

Sulle orme di Quentin Tarantino ed alla ricerca dei Generi Perduti (parte2)

Sulle orme di Quentin Tarantino ed alla ricerca dei Generi Perduti (parte2)
by Walter Ciusa (www.atypicalmovie.blogspot.com)

Il Cinema italiano è morto forse perche' non ci sono piu' i generi?" Docu-Inchiesta dal Venice Film Festival sotto la gestione del bravo Muller e il cappello protettivo di Quentin Tarantino con i contributi dei registi P. Squitieri, Tinto Brass, M. Monicelli, Giulio Questi e dei critici Claudio G. Fava, E. Magrelli, M. Giusti, Gregorio Napoli, A. Dell'Olio; ma anche un po' di leggerezza dall'Hotel Excelsior- luogo simbolo del Festival- con l'avvenente Nela Lucic, fresca co-protagonista del "Monamour" di Brass e con la bellissima Caterina Murino, perfetta interprete dell'almodovariano "Il seme della discordia" di Corsicato; e poi il western raccontato da Alex Zanotti- esperto di cinema di genere- Todd Solondz con un film in concorso, Les Bodyguard e il loro sguardo Overlook sul Festival...

14/12/10

Dark Night of the soul (Lynch & Danger Mouse & Sparklehorse)


Dark Night of the Soul

Danger Mouse And Sparklehorse feat. David Lynch


Brano tratto dall'album "dark night of the soul" (ispirato agli scritti del sacerdote spagnolo san giovanni della croce), collaborazione tra danger mouse e mark linkous, alias sparklehorse.

fotografie dal book "dark night of the soul" di david lynch.

il disco - mai uscito a causa delle controversie avute con i legali della EMI - ha per protagonisti david lynch e alcune delle figure musicali più originali degli ultimi decenni: julian casablancas, iggy pop, wayne coyne, gruff rhys, jason lytle, frank black, james mercer, nina persson, suzanne vega, vic chesnutt.

l'album è ascoltabile in streaming su www.npr.org

sono acquistabili, in edizione limitata, il book di lynch (contenente una serie di ipnotiche fotografie ispirate alle canzoni), un cd vergine non registrato (insieme alla dicitura "per ragioni legali, il cd-r allegato non contiene musica. usatelo come volete"), e un poster.

questo il sito del progetto: www.dnots.com

12/12/10

The Gambler (Karel Reisz)

The Gambler
di Karel Reisz (1974 USA 111')
Si tratta di un cristallino e dimenticato capolavoro in celluloide, "40000 dollari per non morire" il titolo in italiano, tratto da "Il giocatore" di Dostoevskij, mirabilmente scritto dall'esordiente James Toback e interpretato da uno sbalorditivo James Caan, nella parte di un colto e benestante professore universitario di letteratura con il vizio della scommessa al tavolo da gioco. Scrive Dostoevskij (egli stesso accanito giocatore) nel racconto suddetto “Ho sentito un brivido di terrore corrermi per la schiena mentre mi prendeva, un tremito alle mani e ai piedi. In un attimo mi sono reso conto con terrore cosa significava per me perdere: insieme a quell’oro puntavo tutta la mia vita! Rouge!, ha gridato il croupier e io ho tirato un sospiro di sollievo, mentre un formicolio di fuoco mi correva per tutto il corpo”.  Reisz e Toback mettono in scena in maniera pressoché perfetta proprio questa singolare emozione che porta il giocatore a mettere a rischio le proprie sostanze, ma contemporaneamente anche sé stesso, il piacere di rimanere per il frammento di un istante sospesi nel limbo tra desiderio, volontà di potenza, fascinazione per il futuro e autodistruzione. Nel gioco d'azzardo si viene a configurare una metafora della concezione del mondo di questi uomini in cui l'elemento del rischio la fa da padrone: "Il desiderio è vita...la volontà di credere...la sicurezza che 2 più 2 fa 5...Mi piace l'incertezza, mi piace il rischio di perdere, mi piace vincere...anche se non dura mai a lungo" confessa il protagonista del film. La scarica di adrenalina che percorre la schiena del giocatore, sospeso nel vuoto delle possibilità, diventa una droga irresistibile e la vita stessa diviene pienamente apprezzabile solamente nel momento in cui si é disposti a metterla totalmente in gioco in un singolo istante. I dialoghi del film meritano un taccuino sul quale annotarseli durante la visione e il ritratto della sconfitta di un uomo dotato di "intelligenza, palle e volontà" in un mondo dominato dai quaquaraquà rimane indelebile nella memoria. Finale straziante (con Gustav Mahler come colonna sonora) in cui il protagonista, per salvarsi l'anima, evitando di entrare nel giro dei ricatti della malavita, fa una scelta coraggiosa ed estrema. La critica alla società americana "che teme il nuovo più di qualunque altra cosa" è pungente e implacabile e la pellicola di Reisz riesce a rendere il senso profondo di un aspetto indubitabile della natura umana, quello citato in questo frammento: « Da un essere umano, che cosa ci si può attendere? Lo si colmi di tutti i beni del mondo, lo si sprofondi fino alla radice dei capelli nella felicità, e anche oltre, fin sopra la testa, sì che alla superficie della felicità non salga che qualche bollicina, come sul pelo dell'acqua - gli si diano la tranquillità e di che vivere, al segno che non gli rimanga proprio nient'altro da fare se non dormire, divorare pasticcini e pensare alla sopravvivenza dell'umanità; ebbene, in questo stesso istante, proprio lo stesso essere umano che avete reso felice, da quel bel tipo che è, e unicamente per ingratitudine, e per insultare, vi giocherà un brutto tiro. Egli metterà in gioco persino i pasticcini, e si augurerà la più nociva assurdità, la più dispendiosa sciocchezza, soltanto per aggiungere a questa positiva razionalità un proprio funesto e capriccioso elemento. Egli vorrà conservare le sue stravaganti idee, la sua banale stupidità... » 
(da Memorie dal sottosuolo, Fëdor Michajlovič Dostoevskij)

11/12/10

Rubber Johnny (Chris Cunningham)

Rubber Johnny
di Chris Cunningham (2005 GB 6')

Possiedo l'affascinante dvd a metà strada fra un videoclip, un portfolio fotografico, un video d'arte e una nefandezza.

10/12/10

Explosion of a motor car (proto-splatter)


Explosion of a Motor Car 

Cecil Hepworth (1900)
One of the most memorable of early British trick films, Cecil Hepworth's Explosion of a Motor Car (1900) was one of the first films to play with the laws of physics for comic effect. The time taken for the various parts of the car and its occupants to fall from the sky is hugely exaggerated, though in a way that devotees of Chuck Jones' Road Runner cartoons (made half a century later) will recognise immediately.

The absurdity of the treatment means that even when clearly recognisable body parts start appearing on screen, the overall effect is far less disturbing than it might otherwise be, even to an early 21st century audience rather more familiar with the concept of terrorism by car bomb than the one Hepworth was aiming at. The comedy is heightened by the unflappability of the policeman who just happened to be passing when the car blew up: neatly dodging severed limbs, he starts helpfully assembling them into matching piles even before they've finished their descent.

Explosion of a Motor Car was also one of the first British films to exploit the type of trick photography pioneered in France by Georges Méliès, originally based around the simple jump cut as a means of altering reality. The use of extras walking past the scene and in front of the car just before the explosion adds to the feeling of realism and serves to heighten the suspense, given that the film's main event has already been revealed by the title. The same year, Hepworth made the equally black car-based comedy How It Feels To Be Run Over.

08/12/10

Fingers (James Toback)

Fingers
di James Toback (1978 USA 90')
In una infida New York notturna un pregevole (ma fallimentare) suonatore di pianoforte di nome Jimmy Fingers, sbarca il lunario recuperando crediti per conto del padre, bookmaker illegale e puttaniere impenitente. Jimmy è elegante, arrogante, sicuro di sé e anomalo, ama girare con una sciarpa bianca e una grossa radio accesa sotto braccio, diffondendo sfacciatamente nell'aria i migliori successi rock del periodo. Ad interpretarlo è un fantastico Harvey Keitel, già dotato di una spiazzante recitazione viscerale e sanguigna, che riesce a rendere alla perfezione il tormento interiore di questo killer atipico, fenomenale latin-lover, ma affetto da un problema di eiaculazione precoce a causa di una dolorosissima prostatite. Sulla figura di  questo nevrotico irrisolto aleggia un'omosessualità repressa, svelata sia dalla ricerca del sesso compulsivo che dagli sguardi incuriositi che Jimmy si scambia per un attimo in un ristorante con un bel ragazzo che lo osserva da lontano. Jimmy Fingers vive la stessa angoscia e disperazione che Keitel ci mostrerà nel Cattivo Tenente ferrariano, anche qui infatti lo sentiamo sfaldarsi completamente fino ad arrivare a piangere nudo con la testa fra le mani. Autodistruzione, fallimento, confusione sessuale e crisi d'identità di un gangster atipico in un cinema d'autore cristallino e controcorrente. La regia, i dialoghi secchi e diretti e la sceneggiatura del film sono eccellenti, tanto che James Toback ne emerge come un grandissimo della Settima Arte. La fotografia è di Mike Chapman, lo stesso di Taxi Driver e le atmosfere anche per questo sono analoghe, ma qui l'approccio è ancora più radicale, con numerose scene spiazzanti da antologia e di un'intensità psico-fisica quasi insostenibile: fa togliere il diaframma alla magnetica amante scultrice prima di un rapporto con l'intenzione di avere un figlio da lei, subisce una dolorosissima esplorazione rettale in visita dal medico, assiste muto ad un violento triangolo amoroso tra un mastodontico pugile, la sua donna e la compagna di quest'ultimo...Ma non mancano anche i momenti poetici come quello in cui in carcere per sedare una lite Jimmy simula un'aria di Bach o quando per consolare una senzatetto che sta piangendo la inizia a corteggiare. In italiano il film si intitola malamente "Rapsodia per un killer", ma è quasi introvabile, che aspettano ad editarlo in dvd? Non lo sanno che Jean Luc Godard lo considera uno dei più bei film di tutti i tempi? Ehi teste di rapa, qui siamo sulla stessa linea di Scorsese e Coppola...sveglia! Molto meglio del pur bel remake del 2005 di Audiard dal titolo "Tutti i battiti del mio cuore".

07/12/10

Vigilante (William Lustig)

Vigilante
di William Lustig (1983 USA 85')
Basato su una storia vera. Vigilantes contro gangs di strada. Serie B dura e pura, assolutamente non politicamente corretta, con un cast di attori da leccarsi i baffi: il titanico Fred " The Hammer" Williamson, l'amletico Robert Forster, il marmoreo Woody Stroode, il viscido Joe Spinell...e alla regia il tosto William "Bill" Lustig, cresciuto nel Bronx e tirato su a pane e double-bill proiettati nei cinema della 42° strada. Personaggio talentuoso e inquietante questo Lustig, autore di uno dei pugni nello stomaco più forti del cinema psyco/thriller, il suo Maniac  del 1980 (l'inseguimento nei bagni della metropolitana è un grandissimo pezzo di cinema della tensione), iniziò la carriera girando porno (sorte comune ad un altro grande derelitto del cinema americano: Abel Ferrara) con Hot Honey e soprattutto con The Violation of Claudia, ambedue del 1977. Le tematiche del suo cinema ruotano attorno alla violenza, alla vendetta, al disagio sociale ed esistenziale, al malessere crescente nella società americana, alla corruzione delle istituzioni, al fallimento della giustizia e alla critica di un Sogno Americano fasullo e manipolato. Questo film è incentrato sullo stesso tema del "Giustiziere della notte", dei Callaghan e di alcuni poliziotteschi italiani: cioè quello del cittadino che stanco della mancata e corrotta giustizia ufficiale, dopo aver subito mostruose prevaricazioni da malviventi degenerati e violenti (in questo film uno dei folli che assaltano la casa addirittura uccide gratuitamente con un colpo di fucile a pallettoni il figlioletto del protagonista teneramente nascosto dietro la tendina della doccia), si organizza e inizia a farsi giustizia privata. Nonostante il budget risicato il ritmo dell'azione e l'ambientazione notturna metropolitana sono veramente notevoli, il finale durissimo e secco non lascia adito a dubbi, i valori etici sono dimenticati altrove. Cinema  a tinte fosche su belve e per belve, ricordandoci che nello stato di natura (cioè in uno stato in cui non esista alcuna legge) probabilmente ogni individuo, spinto dal suo più ancestrale istinto, cerca di approfittare degli altri e di eliminare chiunque sia di ostacolo al soddisfacimento dei suoi desideri. Ma ne siamo proprio sicuri? Comunque cinema che non lancia messaggi, libera istinti, exploitation radicale, in culo al politicamente corretto che ci sommerge.
Per la cronaca attualmente Lustig è il patron dell'etichetta di distribuzione Anchor Bay Entertainment e si occupa del restauro e della commercializzazione in dvd del cinema disperso.
Go Ahead Man: così! Scorrettamente Controcorrente...

Match Nanni Moretti vs Mario Monicelli

Match (1977)
Nanni Moretti vs Mario Monicelli
Prima parte

Seconda parte

I Hope I Don't Fall in Love with You (Tom Waits)


I Hope I Don't Fall in Love with You

music: Tom Waits
Video: Leevi Lehtinen

05/12/10

Lisa Bufano

Lisa Bufano
Un sentito omaggio ad una delle più stupefacenti artiste dei nostri tempi, Lisa Bufano danzatrice proteiforme che ha avuto la forza e la pazienza di sopportare il peso di un arcano destino avverso, che all’età di 21 anni le ha provocato la perdita di parte delle gambe e delle dita delle mani a causa di una terribile infezione batterica. L’artista, dotata di uno spirito straordinario e di coraggio incommensurabile, si è dedicata alla ricerca sulle capacità di espressione umana, nonostante la menomazione, ed ha raggiunto livelli incredibili di intensità, grazia e bellezza attraverso la danza, aiutandosi con i materiali protesici più disparati quali lame in fibra di carbonio, accese protesi aracneiformi, eccentriche assi di metallo...
Vederla danzare è toccare l’incanto della creazione degli esseri umani...

Video "Four Legs Good"

Trash Humpers (Harmony Korine)

Trash Humpers
di Harmony Korine (2009 USA 75')
Qualche vandalo notturno mi ha gettato nel giardino una VHS dall'involucro veramente malmesso, maleodorante e dall'aspetto inquietante, apparentemente uscito da una discarica. Essendo appassionato di horror e possessore di ben 5 videoregistratori, ancora tutti collegati e funzionanti, non ho resistito a caricarla sul più vecchio, un Sony SLV-825, per visionarne il misterioso contenuto, pronto a ritrovarmi in una storia alla Evil Dead. Dopo poche scalcinate e disturbanti sequenze scopro che si tratta del nuovo film di Harmony Korine, di cui ignoravo l'esistenza, vincitore tra l'altro nella sezione lungometraggi al recente Luff (Festival di cinema e musica underground di Losanna)...a questo punto sospetto che il vandalismo sia stato opera o di Pizgo o di Tizio per farmi una sorta di originale regalo. La visione è durissima, tutta incentrata su 4 personaggi sociopatici (tre uomini di cui uno paralitico e una donna senza un braccio, oltre all'operatore che li filma) dall'aspetto malsano e deforme, peeping toms totalmente freaks, intenti a fottere bidoni della spazzatura e alberi, distruggere qualsiasi cosa (specie residui tecnologici e lampade al neon), girovagare specie di notte tra ponti e parcheggi abbandonati dei centri commerciali, bere smodatamente e fumare sigari avana in case roulotte, dormire per terra, mangiare piante e frittelle condite con detersivo per piatti, far scoppiare petardi, ballare il tip tap, ridacchiare istericamente e canticchiare assurde cantilene, sculacciare prostitute obese, per finire divertendosi a far barbaramente fuori vicini di quartiere che strimpellano la chitarra ed enunciano poesie alcoliche (in quella più significativa si denuncia il fatto che l'uomo si sia perso dietro ai valori del denaro e della comodità, mentre per un ritorno all'essenza dell'umanità/bestialità e al contatto con lo sporco della natura è necessario riprendere la vita reale). Nel finale la donna rapisce un bimbo piccolo (durante il film girava sempre con bambolotti) e sembra finalmente ritrovare un barlume di umanità, andandosene nella notte con la sua carrozzina. Si arriva decisamente al limite del filmabile, tra idiozia, devianza, decadimento e delirio...si pensa che Harmony a forza di assumere sostanze si sia fatto andare definitivamente il cervello in pappa. Praticamente la vandalica attuazione di un suicidio cinematografico. Oppure un osceno sberleffo ad una civiltà consumistica ormai ridotta in macerie. Ma poi mi sono chiesto: ma come mai al prestigioso Luff lo hanno premiato? Così ho scoperto che il filmato è stato girato con l'ausilio di tre torce elettriche e di una telecamera VHS dei primi anni Ottanta. Poi mi sono andato a leggere le dichiarazioni del regista "Trash Humpers vuole presentarsi come un VHS trovato da qualche parte, un manufatto, qualcosa che era sottoterra o seppellito in un fosso. Un nastro scovato per caso in una scrivania, o in una borsa plastificata che galleggiava in un fiume. Volevo rimanere fedele solamente ad una cosa, al senso del film come viaggio mistico e sadico...Penso che i personaggi—gli Humpers—siano celebrativi nel senso che amano il vandalismo. Amano tutto quello che è malvagio. Adorano rompere, spaccare, bruciare, distruggere le cose. Lo fanno con un misto di sadismo e pura gioia. In questo senso, il film è come un’ode al vandalismo. Sono quasi degli artisti della violenza...Stavo portando a spasso il mio cane... O il nostro cane. Portavo in giro il nostro cane per i vicoli abbandonati di Nashville, di notte, e c’erano questi lampioni—quelli che nel film ossessionano gli Humpers—la luce era molto teatrale, e per lo più illuminavano bidoni della spazzatura appoggiati ai garage o agli alberi, e ogni tanto li guardavo e avevano un aspetto vagamente umano. Mi è sembrata quasi una zona di guerra, come un’area post-bellica, e i bidoni della spazzatura avevano una loro personalità e venivano feriti o molestati. E sembrava che se la vegetazione—i rami degli alberi e le foglie e l’edera—iniziasse ad avvolgerli, come a riportarli sotto terra. Mi ricordo che da bambino nel mio quartiere c’era un gruppo di anziani guardoni che girava per il vicinato, e certe volte li vedevo che fissavano dentro la finestra del mio dirimpettaio...Trash Humpers deriva da questi ricordi e viene a configurarsi come  un nuovo tipo di horror palpabile e sporco". Uno degli Humpers è interpretato dallo stesso Korine. Gli intermezzi con i veri abitanti sono inquietanti quanto quelli interpretati dagli Humpers. Nel suo film poi si riconoscono anche influenze autoriali come quelle di David Lynch, John Waters, Isidore Isou, Diane Arbus e soprattutto Ralph Eugene Meatyard, ma anche richiami al trash catodico (Jackass). In effetti pensandoci bene, forse siamo di fronte al film definitivo scaturito fuori dall'Era You-Tube...e forse l'indipendente ostinato Harmony Korine è l'ultimo alfiere leggiadro di un cinema spudoratamente contro. Cazzo però Trash Humpers fa schifo...ribadisco e confermo la mia prima impressione: un vero e proprio suicidio cinematografico. In confronto Manos the hands of fate (da molti considerato il film più brutto della storia del cinema) è piacevole, a questo punto è interessante aspettare il prossimo film di Korine. Anche se il rischio è che il regista ci lasci le penne, non va dimenticato che per il suo progetto incompiuto Fight Harm, andava per le strade di New York a provocare la gente fino a farsi picchiare, nella convinzione di poter morire per il cinema e nell'idea di creare un'opera che fosse a metà strada tra Buster Keaton e uno snuff movie. Ma dopo sei scontri si ruppe la caviglia, molte coste e un dito, ricoverandosi in ospedale, per poi abbandonare l'idea.

"Certo, raramente vi è stata un'epoca più superficiale, edonistica, irrazionale, priva di carattere di questa...La mia inclinazione allo studio del negativo in tutte le sue forme cresce sotto l'influsso di tale stato d'animo e la mia Estetica del Brutto...sarà l'inizio di una serie di lavori che scaveranno un più profondo accesso all'inferno dell'esistente" (Karl Rosenkranz, 1854)
sito del film: Trash Humpers
(frammenti intervista ad Harmony Korine tratti da qui)