27/02/10

Div(in)e

Div(in)e
"Hollywood è quel posto dove ti pagano mille dollari per un bacio e cinquanta centesimi per la tua anima"

Gloria Swanson (1899 - 1983)


Marilyn Monroe (1926-1962)


Brigitte Bardot (1934-?)


Jane Fonda (1937-?)


Jean Seberg (1938-1979)


Romy Schneider (1938-1982)


Diana Rigg (1938-?)


Catherine Deneuve (1943-?)


Deborah Harry (1945-?)


Jane Birkin (1946-?)


Lina Romay (1954-?)


Emanuelle Béart (1963-?)


Beatrice Dalle (1964-?)


Chloe Sevigny (1974-?)


Eva Green (1980-?)


Megan Fox (1986-?)

"Un Sex Symbol diventa un oggetto,
e io odio diventare un oggetto.
Ma se devo essere il simbolo di
qualcosa preferisco che sia del sesso
piuttosto che di altre cose."
(Marilyn Monroe)

26/02/10

Anke Merzbach

Anke Merzbach
Fotografa di formidabile talento, autrice di scatti fotografici inusuali, manipolati artificialmente allo scopo di acquisire una forte valenza pittorica e di tuffarsi nell'inconscio dello spettatore. Fotografie capaci di lanciare potenti suggestioni simboliche allo spettatore, che si trova così immerso in un enigmatico universo parallelo, quasi impalpabile e costantemente sospeso tra sogno e realtà. Un'arte, quella di Anke Merzbach, capace di far recuperare allo spettatore il proprio spazio interiore e di aprire squarci vitali nelle nostre sensibilità, ormai anestetizzate dal sovraccarico di stimoli e informazioni che ci bombardano quotidianamente.

"Ogni immagine è un'idea e quello che mi interessa è scoprire quello che c'è dietro ogni scatto, far vedere quindi con l’elaborazione digitale anche quello che la foto ha già dentro, ma non esprime immediatamente. Per questo mi sento non una fotografa ma una creatrice di immagini. Poi le persone che vengono ritratte non sono modelle, ma persone normali con cui ho stabilito una relazione, venendo così a conoscenza delle loro esperienze"

"Vorrei far diventare immaginifiche le cose che effettivamente non sono o non possono essere immaginifiche. Spesse volte lo sono i sentimenti della notte. Se si definisce il surrealismo come irrealtà o visione, allora è molto importante per me"

"Amo le immagini silenziose, dove la musica è di sottofondo. Escono senza estremi e senza colori, però la mia esperienza mi ha insegnato che tali immagini non arrivano all’uomo. Il nostro tempo è inondato di immagini. I sensi sono diventati insensibili, i suoni leggeri non vengono recepiti. Questo significa per me spesse volte camminare sulla cresta dell’onda. E non importa se l’immagine sia erotica o si tratti di un ritratto: lo choc sveglia l’interesse. Triste.
Ma sa che ogni tanto sento l’impulso di provocare uno choc? Quando sento attorno a me tutta questa letargia, il conformismo, allora, lo ammetto, mi agito e nasce un'immagine che provoca"

frammenti intervista tratti da qui

24/02/10

Il ragno

IL RAGNO

«Vedeva il mondo secondo una prospettiva orizzontale, non più verticale come le pareva di ricordare quella dell'uomo, piantato su due trampoli e procedente ad angolo retto con la terra. A questa nuova visione contribuiva certo la posizione del suo corpo prono in avanti, disteso sulle sue basi pressappoco come il soldato negli esercizi dell'«ordine sparso», ma anche la strana disposizione degli occhi, otto come le zampe e messi a semicerchio intorno al capo, tanto che - cosa sconosciuta agli uomini - una buona parte della pianura circostante le appariva simultaneamente accrescendo la sua illusione di spazio e di libertà. Degli occhi, poi, due erano come appannati, un po' miopi di giorno, ma pure in questo Clizia vide una ragione che tendeva a darle una libertà anche maggiore: e infatti, appena scesa la sera, furono essi a entrare in azione, a illuminarle le tenebre, a renderle più facile il lavoro della tela. »
(Eugenio Montale)

Trigonometria di ragni
Il ragno intreccia
fili di sangue
nel dolore sordo del baricentro,
ma la preda
non accetta trigonometrie;
la fine circostanzile
implica altri destini,
resta un rebus
troppo chiaro, quasi aperto.
(Angelo Scandurra)

22/02/10

Marquis (Henri Xhonneux)

Marquis
di Henri Xhonneux
(1989 BEL/FRA 83')

Nel 1989 Roland Topor in sodalizio con Henri Xhonneux intraprende un adattamento cinematografico sui generis ispirato alla vita e alle opere del marchese De Sade, intitolato "Marquis". In questa bizzarra pellicola tutti gli attori indossano incantevoli e fantasiose maschere animalesche (galli, mucche, cani, pesci, maiali, leoni, pappagalli etc), disegnate da Topor stesso e animate in maniera sbalorditiva e fin nei minimi dettagli con una tecnica chiamata animatronics, che permette di regalare ai personaggi un'espressività antropomorfa, creando così un vero e proprio credibile mondo parallelo surreale. Il film è ambientato all'interno della Bastiglia, nel periodo che precede la Rivoluzione Francese e l'atmosfera di scontro sociale e perversione sessuale, che si poteva probabilmente respirare in quegli anni, viene resa in maniera ironicamente plausibile. Il divin marchese dall'aspetto canino, nell'isolamento della propria cella, disserta per gran parte del film,in maniera irresistibile, con il suo pene, chiamato Colin, unico personaggio ad avere un volto umano, dotato di una suadente voce di donna e di un appetito sessuale pressoché insaziabile (per tutto il film si lamenta che il suo padrone parla troppo, mentre lui ha bisogno di tanta azione!). Alcuni episodi delle opere dello scrittore sono visualizzati nella pellicola ricorrendo ad animazioni in plastilina, degne del talentuoso Bruce Bickford. Nel film si succedono numerose situazioni talora divertenti, talora assurde, talora provocatorie, talora pornografiche e il valore metaforico dell'opera è innegabile, con dietro le righe l'amara constatazione dell'inevitabilità della stupidità umana (anche quella degli spettatori). L'intento degli autori è, inoltre, quello di demolire le mistificazioni che hanno circondato il Marchese De Sade e riproporlo nella giusta dimensione di spirito sovversivo, di profeta della trasgressione, intesa come atto necessario all'emancipazione e al progresso. Da notare come nel film la figura del Marchese sia la più eroica e moralmente integra di tutte, circondato invece da un mondo intriso di ipocrisia e corruzione. Molte le scene indimenticabili, tra cui spicca quella dell'orgia di gruppo (degna di Society) tra i potenti del regime, tra cui spiccano il politico e il prete. Imperdibile, visionario, demente, fantasmagorico e assai divertente.

"Non concedo alla società il diritto di dominare la mia natura"
(Marchese De Sade in Marquis)

21/02/10

Programmazione Cinema Marzo 2010 Scaglie

Marzo Cinema 2010 Scaglie

Domenica 7 Marzo ore 21.30

Thirst
di Park Chan Wook (2009 Sud Corea/USA 133')

Chan-Wook affronta con Thirst il genere horror e, come atteso e come sperato, lo stravolge confermandosi definitivamente un autore e rivoltandolo con la sua personale visione morale dei dilemmi umani, e il suo ipnotico stile, tanto controllato, quanto eccessivo, realizza il suo capolavoro direttivo e offre al grande schermo una lezione di regia che unisce una tecnica ormai perfetta alla magia del cinema…Il film riesce nell’intento di intrattenere, appassionare, emozionare mescolando diversi toni in un equilibrio da geniale alchimista, passando senza soluzione di continuità dalla black comedy alla tragedia all’horror spruzzato di gore a toni struggenti e romantici (ma mai troppo leziosi o melodrammatici), dosando ogni elemento in modo certosino con un effetto di costante sorpresa…La pellicola è una tale esibizione di talento nella gestione degli elementi visivi, quanto delle sensazioni più viscerali, da non lasciare spazio ad alcuna obiezione meramente cinefila. (Lenny Nero)


Domenica 14 Marzo ore 21.30
The Wild Blue Yonder

di Werner Herzog (2005 GER/FRA/UK/Austria 80’)

Che cosa succederebbe se, all’improvviso, una navetta spaziale in orbita attorno alla Terra non potesse più fare ritorno alla base perché le condizioni di vita sul nostro pianeta sono diventate impossibili? Per gli astronauti l’unica possibilità di scampo è quella di trovare un altro luogo dove stabilirsi. Ma i dati che riporta la sonda Galileo, inviata sulla superficie di un altro pianeta, non sono rassicuranti: la loro, quindi, sembra destinata a essere una missione suicida. Questa ipotesi sconfortante viene illustrata dalle parole di un alieno (un immenso Brad Dourif), reduce dalla missione fallimentare di integrare la propria comunità con quella già esistente sulla Terra. Gli extraterrestri vengono dall’ignoto spazio profondo, un pianeta composto di elio allo stato liquido e immerso in un’atmosfera completamente ghiacciata. Il film è un esperimento: racconta una storia di fantascienza ma è girato come se fosse un documentario, usando in gran parte immagini di repertorio. Una delle opere più importanti dell’ultimo decennio.


Domenica 21 Marzo ore 21.30
Le Tre Corone del Marinaio
di Raoul Ruiz (1983 FRA 117')

Uno studente incontra un marinaio che gli propone di raccontargli una storia in cambio di un po’ di denaro. Ruiz parte da Coleridge e da Blixen e mischia le carte, creando un capolavoro del cinema, con inquadrature stupefacenti, sulle orme di Orson Welles. Su uno schema romanzesco classico il cileno Ruiz inventa un caleidoscopio di immagini e di microstorie (quasi 1000 inquadrature) in cui, sotto le forme del romanzo d'appendice, si nascondono verità eterne e antichi miti. "È il trionfo del falso come principio costitutivo del cinema" (F. Grosoli). Film da rimanere a bocca aperta, vedere per credere.


Domenica 28 Marzo ore 21.30
Le avventure di Robinson Crusoe
di Luis Buñuel (1954 MEX 90')

Dal romanzo Robinson Crusoe (1719) di Daniel Defoe. Un marinaio inglese, unico sopravvissuto a un naufragio, approda a un'isola deserta alle foci dell'Orinoco e si organizza la vita prima da solo, poi con un giovane selvaggio che battezza Venerdì. Nel suo 1° film a colori (Pathè), che usa anche in funzione onirica, Buñuel fa un film sul silenzio (anche di Dio), la solitudine, la fraternità (ribaltando la funzione ideologica dei 2 personaggi), iniettandovi qualche tocco di sensualità. Buñuel ha realizzato uno dei suoi vecchi sogni: studiare il comportamento dell’uomo come quello di un insetto, analizzare I suoi costumi e le sue abitudini al di là di ogni postulato aprioristico spirituale. Il lavoro di regia si adegua così perfettamente al soggetto che quasi scompare; ne sposa il disegno e lo ricalca ad ogni minima svolta, senza perdere mai il vasto spirito del racconto (Doniol-Valcroze).

20/02/10

Ho visto cose che voi umani...

Ho visto cose che voi umani...
« I've seen things you people wouldn't believe.

Attack ships on fire off the shoulder of Orion.
I watched c-beams glitter in the dark near the Tannhäuser Gate.
All those ... moments will be lost in time,
like tears... in rain.

Time to die. »
Rutger Hauer in Blade Runner

La papesse (Mario Mercier)

La Papesse di Mario Mercier (1975 FRA 95') Figura che gode un certo seguito di cultori quella di Mario Mercier, poeta, pittore, scultore e soprattutto sciamano con una formazione incentrata sui temi dell'occulto. Personalità enigmatica e tuttora avvolta da un alone di mistero, come regista ha diretto due film negli anni Settanta, Erotic Witchcraft (La Goulve) nel 1972 e A Woman Possessed (La papesse) nel 1975, diventati famosi per l'asprezza delle immagini e l'ambiguità della tematica trattata. La papesse, l'unico (fortunatamente) reperibile, è incentrato sui riti di una setta in odore di zolfo, comandata dalla papessa Jeziale (nella parte di sé stessa). Sembra che le immagini del film siano state veramente riprese durante un sabba officiato dagli adepti della papessa e direi che durante la pellicola si assiste a un tale numero di nefandezze gratuite, da far veramente rivoltare lo stomaco al più navigato degli spettatori. Le scene di possessione diabolica del film lasciano inoltre molto perplessi, tanto la recitazione è a infimi livelli e le riprese sono dilettantesche. Neppure il continuo frenetico dimenarsi nude delle belle attrici utilizzate non riesce a scuotere dal torpore e dalla repulsione che il film provoca. Il tremebondo finale, poi, svela la totale idiozia che si cela dietro a questa operazione, attuata da un ingenuo "provocatore a tutti i costi", uno dei più grandi bluff che gli orbi cultori del cinema underground tanto decantano. Un'indigesta discesa agli inferi che dimostra come tutti i mali comincino dall'intelletto ed in cui la banalità, l'ovvietà del male emanata dalla pellicola arriva persino ad avvelenare le nostre anime. Il film fa comunque riflettere sulla progressiva e preoccupante penetrazione dell'occulto a cui stiamo assistendo in questi anni all'interno della nostra società. Una vera e propria industria, quella che gravita attorno all'occulto, spesso sostenuta da dubbi artisti maledetti o filosofi confusi, che ripropone implicitamente l'ideologia che vede il mondo tradito dalla scienza e dal pensiero razionale, considera la natura violata dalla tecnica e l'uomo abbandonato in un cosmo che non comprende e che è votato alla rovina. L'esigenza di spiegazioni totalizzanti, la richiesta di salvezza dal dolore e dal rischio dell'esistenza, la ricerca di consolazioni e rassicurazioni, le incertezze del futuro danno in parte ragione delle attuali progressive regressioni verso un pensiero magico. A ciò va aggiunta la perdita di fascino che la religione istituzionale ha subito, con il presunto conseguente svuotamento della sua carica salvifica interiore. Questo film, in tal senso, si può considerare un triste precursore di un angosciante mutamento in atto nel mondo occidentale.
Detto questo, evitate Mario Mercier.

17/02/10

Rapporto Confidenziale Numero 22

RAPPORTO CONFIDENZIALE. rivista digitale di cultura cinematografica

NUMERO22 | FEBBRAIO’10

free download 16,9mb | 6,3mb | ANTEPRIMA

EDITORIALE di Alessio Galbiati e Roberto Rippa

Le cifre di Rapporto Confidenziale cominciano a diventare piuttosto interessanti, circa tremila download del numero21 ed altri tremila degli arretrati nel corso dell’ultimo mese. Un’ascesa costante degli accessi al sito e dei feedback con i lettori, sia nell’ambito virtuale di internet che nel mondo reale. Proprio nel mondo reale stiamo iniziando a muoverci spediti, stiamo lavorando alla creazione di eventi e rassegne, stiamo sviluppando collaborazioni con alcuni festival. Tutto questo comporta un impegno di tempo, e denaro, esponenzialmente crescente. Per questo necessitiamo del vostro contributo concretizzabile attraverso il sistema della donazione paypal presente sul sito: www.rapportoconfidenziale.org. A tal proposito vorremmo puntualizzare che a nostro avviso il sistema delle donazioni, sul modello del software libero, sarebbe il sistema ideale per mantenere gratuito l’intero progetto e, se riuscisse a diventare fonte certa di entrate, permetterebbe di realizzare un sogno che coltiviamo da tempo: pagare chi scrive. Un’idea rivoluzionaria nell’ambito della critica cinematografica! Abbiamo anche reso disponibile sulla CINETECA il primo documentario prodotto da Rapporto Confidenziale: SCERBANENCO, MILANO, PINKETTS. Che ovviamente vi invitiamo a guardare in streaming gratuito nella sua durata integrale. Pure la produzione e realizzazione di documentari, pensati per il web ma non certo confinati al solo ambito telematico, è uno dei fronti nei quali ci siamo lanciati. Ci sono poi un gran numero di altre cose, che però non abbiamo la minima intenzione di anticiparvi in questo editoriale, che vorrebbe prima di tutto essere un invito alla lettura del numero22 di RC. Più che un invito è una sfida, perché di contenuti ne abbiamo davvero parecchi nel numero di febbraio 2010, su tutti un saggio monografico di una certa consistenza dedicato al rapporto fra fiction e documentario nel cinema di Werner Herzog. I più assidui lettori di RC noteranno l’ingresso di alcune nuove firme (Simone Buttazzi, Paul Bari, James Wallenstein, Enrico Saba, Iain Stott) che affiancano le “storiche” (Lanzarotti, Contin, Perri, Andreoli), oltre ovviamente ai sottoscritti, nella realizzazione di un prodotto editoriale a nostro avviso davvero interessante e godibile; ci piace pensare anche utile. Ma riuscirete a leggerlo tutto?

Levarsi i sampietrini dalle scarpe. C’è stato un fatto avvenuto nel corso dell’ultimo mese che ci ha davvero colpiti e che vorremmo condividere, non tanto nelle considerazioni, che lasciamo al lettore, ma nella cronologia dei fatti. Sul numero dello scorso mese abbiamo intervistato Federico Carra di kiwido, con il quale c’è stato un ottimo scambio sia umano che professionale, tant’è che ci ha domandato se durante la permanenza milanese di Antonio Rezza e Flavia Mastrella (due artisti con i quali Carra collabora da anni e che con kiwido hanno dato alla luce uno splendido dvd monografico, Ottimismo Democratico) non saremmo stati in grado di trovare uno spazio dove poter proiettare una selezione dei lavori presenti proprio in Ottimismo Democratico. Con quattordici giorni di tempo dall’arrivo della geniale coppia nella capitale immorale d’Italia abbiamo dapprima pensato di rivolgerci a Centri Sociali e spazi indipendenti, per poi percorrere la strada della proposta informale a luoghi istituzionali. Abbiamo così mandato una serie di mail che spaziavano dal centro sociale COX18 alla Triennale. In molti si sono fatti vivi proponendoci l’affitto del proprio spazio per l’evento, ma non disponendo di alcuna cifra abbiamo gentilmente declinato l’offerta. Finché non si è fatta viva la Cineteca Italiana, spazio Oberdan, nella persona del direttore dei programmi Enrico Nosei grazie al quale è stato possibile realizzare la serata di domenica 14 gennaio: due ore dedicate ad Antonio Rezza e Flavia Mastrella in cui sono stati proiettati sei cortometraggi e lo spassoso Il passato è il mio bastone. Almeno cento persone hanno riempito la sala, con un ingresso di tre euro, e costi praticamente nulli per l’istituzione meneghina (Rezza e Mastrella erano presenti, ovviamente in maniera gratuita, essendo in città con il loro ultimo spettacolo 7-14-21-28, fra l’altro in scena fino al 19 febbraio presso il teatro OutOff). Per la nostra piccola realtà sarebbe stato davvero fondamentale poter figurare come collaboratori di un evento del genere, ed a tal proposito avevamo ricevuto rassicurazioni da parte di Nosei. È capitato però che da parte della cineteca non è stato indicato in alcun modo, e da nessuna parte, il nostro contributo all’evento che, per quanto pure a noi sembri assurdo, non si sarebbe certamente realizzato nei tempi esegui dei quali si disponeva. La cosa poi ha preso una piega surreale essendo stati presenti in sala. Nell’introduzione Nosei ha detto qualcosa del tipo: «È sempre un piacere ospitare Antonio e Flavia che ogni volta che passano a Milano trovano nella nostra sala un luogo dove poter mostrare il loro cinema». Chapeau!

Dovevamo proprio levarci questo sampietrino dalle scarpe, così da proseguire il cammino (o la corsa) più liberi.

Buona visione.

SOMMARIO NUMERO22

04 La copertina di Cesare Moncelli

05 Editoriale di Alessio Galbiati e Roberto Rippa

06 BREVI appunti sparsi di immagini in movimento di Alessio Galbiati e Roberto Rippa

07 UNIVERSAL MONSTER. Il fantasma dell’opera, L’uomo invisibile, Frankenstein, Dracula, L’uomo lupo: I mostri della Universal e la creazione di un genere di Roberto Rippa 08 Parte seconda: DRACULA di Roberto Rippa

11 Nosferatu di Samuele Lanzarotti

12 All’onorevole piacciono le donne di Paul Bari

14 LINGUA DI CELLULOIDE L’ULTIMO GIOCO SULLA TERRA cineparole di Ugo Perri

15 Tarnation e la forma dei ricordi di Matteo Contin

18 Herbert Achternbusch di Simone Buttazzi

22 L’inferno di Henri-Georges Clouzot di Roberto Rippa

24 HARDORE. Un mondo nascosto di James Wallenstein

26 RCspeciale Documentario e fiction nel cinema di Werner Herzog di Enrico Saba

38 Gummo. L’uragano della provincia americana di Francesco Bertocco / DIGICULT-DIGIMAG

40 Mister Lonely. L’armonia di Korine di Alessio Galbiati

44 Le concert di Roberto Rippa

45 Hollywood Ending di Stefano Andreoli

46 Il giardino dei Finzi Contini di Paul Bari

47 Louise-Michel di Roberto Rippa

48 Il Futuro è Obsoleto [1992-2002]. L’antologia politica di canecapovoltodi Alessio Galbiati 50 Intro di malastrada.film

52 THE ONE-LINE REVIEW. Guida concisa alle arti cinematografica e televisiva di Iain Stott

16/02/10

Tempo (Edward Muybridge)

Tempo
studio sperimentale dentro le opere di Edward Muybridge
creato da Kody Bosch
musica "In the Hall of the Mountain King" di Edward Grieg
"La gente è il più grande spettacolo del mondo.
E non si paga il biglietto."
(Charles Bukowski)

15/02/10

Il ritorno di Diavolik (Hajime Sato)

Il ritorno di Diavolik - Ogon Batto
di Hajime Sato (1966 GIAP 73') Un giovane astronomo si accorge che un asteroide, l'Icaro, ha cambiato rotta e rischia di distruggere la Terra impattandola nel suo decorso. Questa sua scoperta non è creduta dai suoi superiori, ma fa sì che egli venga rapito da quattro uomini in nero, dal look simile ai Blues Brothers, che lo porteranno dal dottor Yamatone (interpretato dal mitico Sonny Chiba), che sta finendo di mettere a punto, con l'aiuto di altri super-scienziati tra cui una bambina (!), un cannone superdistruttore (!), destinato a disintegrare il grosso meteorite. Scopriamo però che la deviazione di rotta è stata voluta dal dottor Nazo, un malvagio alieno insaccato in un ridicolo costume da coniglio di peluche, dotato di quattro occhi, una tenaglia e una mano con solo tre lunghissime dita, che ha il chiodo fisso di annientare l'umanità. Ad un certo punto il gruppo di scienziati capta un sos proveniente da una compagnia di spedizione apparentemente dispersa nel mezzo dell'oceano. Seguendo il segnale con la loro navicella spaziale, il gruppo giungerà in un'isola sconosciuta, dispersa in mezzo all'oceano e disseminata dei resti di un'antica civiltà perduta. La lettura dei geroglifici vicino ad uno scheletro mummificato svelerà agli scienziati di trovarsi su ciò che rimane di Atlantide. Contemporaneamente a questa scoperta spunterà dall'oceano un trivellone spaziale (il nonno di Tetsuo?) molto incazzato, in grado di lanciare raggi esplosivi dagli occhi (in realtà disegnati direttamente sulla pellicola, sic!) e sbucheranno dal nulla numerosi minacciosi ninja nerovestiti ed equipaggiati di visiera schermante. Il gruppo di malcapitati si rifugerà in una grotta, dove verrà a contatto con un sarcofago faraonico contenente i resti di un famoso super-eroe atlantideo, destinato dopo 10000 anni a difendere nuovamente la Terra dai pericoli incombenti. La bambina riuscirà, grazie all'aiuto di un po' d'acqua e di un pipistrello, a rianimare la salma, dando vita ad un incredibile super-eroe: Diavolik, epico e frastornante incrocio tra Superman, Kriminal e Megaloman.
Una volta rianimato Diavolik non si farà pregare e per tutto il film dispenserà legnate e botte da orbi agli alieni invasori servendosi del suo micidiale bastone, facendo così impallidire il ricordo delle scazzottate viste nei film di Bud Spencer. Va ricordata inoltre la delirante risata isterica che accompagna tutte le gesta del nostro impavido Diavolik. Diverse sono le scene da strapparsi i capelli, tra cui ricordo quella in cui l'asteroide Icaro sfascia la Luna e quella in cui il trivellone emerge nel bel mezzo di Tokyo, seminando il panico tra gli increduli abitanti. Recitazione esagitata, comportamenti plateali ed effetti speciali baracconeschi rendono il film una vera perla della serie Z. Questa pellicola, che dovrebbe essere vietata sopra i diciotto anni, si ispira ad un personaggio dei manga giapponesi, creato da Takeo Nagamatsu, che diede anche origine ad una fortunata serie animata, famosa in Italia negli anni Ottanta, dal titolo Fantaman (dallo stesso creatore di Bem), che forse ricorderete.

14/02/10

The Brain from Planet Arous (Nathan Juran)

The Brain from Planet Arous
di Nathan Juran
(1957 USA 71')

Ecco uno degli alieni più esilaranti della storia del cinema: Gor, il malvagio cervello svolazzante dotato di grandi occhi scintillanti proveniente dal pianeta Arous! Tale meraviglia è in grado di impossessarsi del corpo degli ignari abitanti della Terra, mutandone le capacità e i comportamenti. La vittima designata, per iniziare il cammino verso la conquista del mondo, è il fisico nucleare interpretato da John Agar, che lo scopre a causa delle radiazioni provenienti da una cava dismessa. Lo scienziato, fomentato dal cervello, ritorna a casa con un appetito sessuale aumentato a dismisura, che però sembra non dispiacere affatto alla sua compagna. Il segnale della possessione aliena è rappresentato dalla comparsa nel viso dello scienziato di due occhi argentati, che gli conferiscono il potere di fare esplodere gli oggetti che fissa, come un paio di aeroplani e addirittura una bomba atomica (dimostrazione fatta davanti ai rappresentanti delle Nazioni Unite). Per fortuna dal pianeta Arous giunge anche un cervello buono, di nome Vol, poliziotto interplanetario, che si dice cacciatore di cervelli rinnegati col compito di fermare il maligno Gor. Per farlo, non proprio furbescamente, si incarna nel cranio del cane bianco dello scienziato (come non vederlo come fonte d'ispirazione per il successivo capolavoro di Sam Fuller?!?). Il nuovo arrivato spiega alla compagna e al futuro suocero del fisico nucleare che il punto debole del temibile alieno è situato in un'area cerebrale a livello della scissura di Rolando. Gli osceni effetti speciali che costellano il film, in cui non possono mancare evidenti fili di bava che sostengono l'alieno, e il finale pirotecnico con lo scienziato che macella lo sbigottito cervello a colpi d'ascia (!) fanno entrare questa bizzarria fantascientifica nell'Empireo del cinema di serie Z. Non dimentichiamoci poi che John Agar è stato il marito di Shirley Temple...

"L'uomo dell'avvenire dovrà nascere fornito di un cervello e di un sistema nervoso del tutto diversi da quelli di cui disponiamo noi, esseri ancora tradizionali, copernicani, classici."
(Eugenio Montale)

11/02/10

Embryo (Dominic Vincent)

Embryo
di Dominic Vincent (2005 CAN 6')
" In art, immorality cannot exist.
Art is always sacred"

(August Rodin)

06/02/10

Robot Monster (Phil Tucker)

Robot Monster di Phil Tucker (1953 USA 66') Quasi tutti gli appassionati di cinema sognano di creare un film memorabile e pensano che nel farlo si debbano lanciare messaggi illuminanti e girare sequenze mozzafiato, ma forse non è sempre così...Phil Tucker nel 1953 gira un'assurdità senza capo né coda e guadagna un posto nell'olimpo tra gli dei del cinema e questo grazie alla creazione di uno dei mostri alieni più leggendari ed esilaranti che il cinema ricordi: Ro-Man, Gorilla Spaziale costruito grazie al phisique du role di George Barrows, un attore sgraziato ed obeso, vestito con un costume da gorilla e un casco da palombaro di seconda mano. Tale gorillone, il cui volto è avvolto da un telo come in un quadro di Magritte, ha l'ordine di sterminare la razza umana e per farlo si serve del temibile Raggio della Morte, ma otto umani sopravvivono alle radiazioni grazie ad un siero antibiotico, inventato da uno scienziato del gruppo, che li rende immuni. La rabbia di Ro-Man, che vediamo ripetutamente vagare insensatamente tra arbusti e cespugli secchi di terre desolate, è ciclopica e lo porta a minacciare i sopravvissuti, ponendoli di fronte alla dubbia scelta tra una morte indolore e una morte orribile. I dialoghi e i cambi di scena del film continuamente ondeggiano mirabilmente tra il demente e il delirante, come nella scena in cui i due giovani amoreggiano tra le frasche, nonostante Ro-Man li stia cercando per farli a pezzetti. Il mostro poi vive dentro una grotta, dotata all'interno di un energizzatore e all'esterno di un monitor con cui si mette in contatto col suo mandante (altro gorillone subacqueo) e di un'enigmatica Automatic Billion Bubble Machine che spara bolle di sapone come fosse una mitragliatrice. La situazione si complica quando Ro-Man, galvanizzato dall'energizzatore (!), inizia ad avvertire una forte attrazione sessuale verso la belloccia del gruppo, che lo porta a strapparle il vestito (!), arrivando poi a legarla e percuoterla (!) in una scena mitica, degna delle fotografie di Araki. Il mito di King Kong si rivolta nella tomba. Assistiamo successivamente ai dubbi amletici del mostro, che si arrovella ripetendosi continuamente "eppure devo, ma non posso", riguardo all'uccisione/deflorazione dell'amata. Nel pirotecnico finale Ro-Man finirà ucciso in un'orgia di raggi cosmici, rettili preistorici (in sequenze rubate dalla pellicola di One Million B.C. e Flight to Mars) e vibrazioni psicotroniche...per poi scoprire che l'intero film è un incubo del bambino del gruppo che, cadendo, ha sbattuto violentemente la testa. Questa stravagante fanfaluca fu girata in soli quattro giorni e con il misero budget di soli 16000 dollari, ma grazie al 3D (vi ricorda qualcosa?) incassò ai botteghini oltre un milione di dollari. Gli aspri giudizi dei critici intellettuali degli anni successivi portarono l'affranto regista, fermamente convinto delle qualità della sua opera, a tentare ripetutamente il suicidio. A distanza di quasi sessant'anni è venuto il momento di restituire alla memoria di Phil Tucker il posto che merita a fianco di altre perle psicotroniche della Settima Arte.

05/02/10

Honey Bunny (Vincent Gallo & Dario Villa)

Honey Bunny
di Vincent Gallo (2001)

Non saprei dire / quando con precisione

imparai a nuotare ma non a volare

credevo nelle ombre / credevo alla perfezione

non ero labile come la storia /né fui mondo da scoria

finché non mi calai nel tempo quando / vidi la luce: la inondai

con una strana colla /diceva cose molto sporche e belle

credo che fosse vestita di nero

certo un dettaglio- ma tant ‘è- che importa / ero ormai uomo fatto…

anche se poi, per qualche tempo, /continuai ad osservare un gioco d’ombre

mi ci studiavo – ci vedevo poco- / davo il polmone al gatto

mi muovevo ogni anno di venti / venticinque centimetri almeno

pensavo giocando alle parole

gli altri sono le nubi io sono il sole

(Dario Villa)