31/12/07

Cheers

Mad Monster Party?

Mad Monster Party?
di Jules Bass (1969 USA 94')

Willie the Pimp

Willie the Pimp
Frank Zappa & Captain Beefheart

30/12/07

Tango

Tango
di Zbigniew Rybczynski (1981 POL 8')

Chiesi

Chiesi a un ladro di rubarmi una pesca:
distolse gli occhi in su.
Chiesi a una snella dama di mettersi a giacere:
santa e pudica oppose gridi.
Appena me ne andai
ecco venire un angelo:
ammiccò al ladro, e sorrise alla dama;
e senza dire una parola
ebbe dall'albero una pesca, e calmo come
un angelo si godette la dama.
(William Blake)

Lovely Head

Lovely Head
Goldfrapp

29/12/07

Santo & Blue Demon vs. Dracula & the Wolfman

Santo & Blue Demon vs. Dracula & the Wolfman
di Miguel M. Delgado (1973 MEX 90')

Artifizi Cinematografici

Alcuni artifizi nella Storia del Cinema

- Odorama: è il maestro John Waters che nel 1981 per il suo travolgente "Polyester" crea questo supertrucco. A ogni spettatore all'ingresso dei cinema viene consegnato un cartoncino "gratta e annusa", sul quale sono indicati numeri corrispondenti a determinate sequenze del film. Quando un numero appare sullo schermo durante il film, il vorace spettatore deve grattare e annusare profondamente, alcuni hanno glissato sul numero corrispondente al peto di Divine.


- Cinerama: sono 17 i film prodotti e proiettati con questa tecnica (http://www.imdb.com/keyword/cinerama/) sviluppata negli anni Cinquanta per arginare il calo di spettatori nelle sale causato dall'avvento della televisione. Questa tecnica si avvale di uno schermo enorme e ricurvo su cui convergono le immagini riprodotte da tre proiettori, coadiuvato da un mirabolante suono stereofonico a sei canali (non esistevano ancora all'epoca i dischi stereo). La prima sequenza proiettata con questa tecnica, risalente al 1952, ebbe risultati incredibili in quanto si trattava delle riprese ottenute con una cinepresa montata su un intricato ottovolante. Il pubblico letteralmente sbalzato sulla scena dalle coinvolgenti immagini reagì con urla di spavento e in buona parte si precipitò al riparo fuori dalla sala.


- Duo-Vision: possiedo il film "Wicked, wicked" (1973) di Richard L. Bare, penso unico film girato con questa delirante tecnica che consisteva in un uso smodato e continuativo per tutta la durata del film dello split screen, tecnica di moda in quegli anni consistente nel frazionare lo schermo in diverse inquadrature. Il risultato, anche visto in una piccola televisione, è veramente un'esperienza limite, perfino i dialoghi si sovrappongono e gli occhi corrono disperatamente a inseguire le sfuggenti immagini, alla fine se ne esce confusi alla ricerca di un Optalidon...


- Anche l'Italia ha i suoi stratagemmi: "La Muraglia Cinese" di Carlo Lizzani (1958) unico film della storia del cinema proiettato con la tecnica dell'Aroma-Rama che consisteva nella diffusione, attraverso le condutture dell'aria condizionata della sala cinematografica, di ben 72 profumi diversi ed eccentrici. In realtà questa tecnica è un'evoluzione della Smell-O-Vision inventata nel 1953, ma utilizzata per la prima volta solo nel 1960 per il film "Scent of Mistery", durante la cui proiezione venivano sparsi 30 profumi. Gli odori più disparati venivano diffusi nell'ambiente tramite l'apertura di fiale contenute in uno strambo caricatore, parte integrante della pellicola stessa. Tali profumi venivano poi pompati in una serie di tubi collegati ad ogni poltroncina del cinema. Purtroppo molto difficile era riassorbire velocemente tutti questi profumi dall'ambiente chiuso della sala e molti spettatori abbandonavano anticipatamente la proiezione con lo stomaco in subbuglio per la feroce aggressione olfattiva. Sembra che il gruppo Mac voglia rispolverare la Smell-O-Vision riadattata ai giorni nostri (http://gadgets.macworld.com/geekery/the_return_of_smellovision.php).


- Emergo: Nel 1959 il vulcanico William Castle per lanciare il suo fantasmagorico "House on Haunted Hill" ideò questo trucco. Durante la scena più raccapricciante della pellicola in cui uno scheletro emerge fulmineo da una vasca piena di acido ribollente, in contemporanea nella sala uno scheletro enorme e minaccioso sbalzava fuori, scagliato sul pubblico, da una botola situata a fianco dello schermo. Il successo dell'espediente fu trionfante.


- Ghost Viewer: ancora il vulcanico William Castle per il suo splendido "13 Ghosts" (1960) ideò una innovativa metodica di ripresa, chiamata Illusion-O, che era coadiuvata dall'utilizzo da parte degli spettatori di speciali occhiali 3D.

Il pubblico veniva addestrato all'entrata delle sale ad indossare gli occhiali, i Ghost Viewer, quando a lato dello schermo compariva un particolare scintillio dell'immagine.Le lenti blu non mostravano alcun effetto speciale, mentre le lenti rosse schiudevano al pubblico un misterioso mondo di fantasmi permettendo di visualizzare i 13 enigmatici e terrificanti protagonisti della pellicola. Al termine del film compariva l'immagine del mefistofelico Castle che suggeriva agli spettatori di conservare i ghost-viewer estremamente utili per svelare nostri inaspettati coinquilini.


- Hallucinogenic Hypnovision: Uuaauh! E' tutto un programma la tecnica messa a punto per il momento cruciale del film "Le creature incredibilmente strane che smisero di vivere per trasformarsi in strani zombi incasinati" (1963) di Ray Dennis Steckler. Quando la zingara Estrella ipnotizza nel film le sue inermi vittime, sullo schermo appare un bizzarro cerchio rotante sul quale si snoda una spirale bianca dalle incredibili capacità ipnotizzanti sull'abbacinato pubblico in sala.

- Psychorama:
Per il film "My World Dies Screaming" di Harold Daniels del 1958 venne messa a punto una tecnica, poi in seguito divenuta di uso comune, che consisteva nell'inserire fulminanti messaggi subliminali frammisti alle immagini del film consistenti in parole minacciose o immagini di animali pericolosi. Al giorno d'oggi l'immagine subliminale più gettonata nei blockbuster hollywoodiani è senz'altro quella dei pop-corn e della cola.




- Terrorcampana: Per il film "Terror is a man" (1959) venne creato questo mistico effetto speciale annunciato da una didascalia esplicativa: "Il film che vedrete tra poco ha delle scene così raccapriccianti che è nostro dovere segnalarvele con il dovuto anticipo. Agli spettatori deboli di stomaco consigliamo di chiudere gli occhi al suono della prima campana e riaprirli solo dopo il secondo segnale."


- Underwater: la follia umana non ha limiti, tanto che l'anteprima de "Underwater" (1955) di John Sturges, prodotto dal mitico Howard Hughes, avvenne con una proiezione sott'acqua. Tutto il pubblico ovviamente indossava bombole d'ossigeno e maschere da sub, per l'occasione munite di un sistema di trasmissione audio, creato per l'occasione.


- Sensurround
: Creato dalla Universal per "Terremoto" (1974), Rollercoaster (1977) e "La battaglia di Midway" (1976) questo sistema utilizzava uno strumentario speciale in grado di produrre autentiche vibrazioni simil-telluriche nei cinema, ciò nella mente degli ideatori avrebbe notevolmente incrementato la partecipazione emotiva degli spettatori alle catastrofiche pellicole...purtroppo vista la fatiscenza delle sale di proiezione gli effetti furono realmente simili a un sisma.


- Quali gli artifizi da inventare per il cinema degli anni a venire in grado di riportare nelle desertificate sale (ovviamente i multiplex non li considero...sono in realtà supermercati e quasi nulla hanno a che fare col cinema) qualche spettatore?

(Post scritto col fondamentale contributo di "L'incredibile storia del cinema spazzatura" di Jonathan Ross - Ubulibri)

28/12/07

Hallogallo

Hallogallo
Neu!

Woe Be To Khorazin

Woe Be To Khorazin
Popol Vuh

Immagini tratte dal film di Florian Fricke "Be In Peace, I am The Messiah" girato nel deserto del Sinai nel 1981 e interpretato da Vera Von Lehndorf, equipaggiata con baffi e barba posticci...
(www.musicforyoureyes.blogspot.com)

Le Palpebre Infuocate

Mi alzo con le palpebre infuocate.
La fanciullezza smorta nella barba
cresciuta nel sonno, nella carne
smagrita, si fissa con la luce
fusa nei miei occhi riarsi.
Finisco così nel buio incendio
di una giovinezza frastornata
dall'eternità; così mi brucio, è inutile
- pensando - essere altrimenti, imporre
limiti al disordine: mi trascina
sempre più frusto, con un viso secco
nella sua infanzia, verso un quieto e folle
ordine, il peso del mio giorno perso
in mute ore di gaiezza, in muti
istanti di terrore...
(Pier Paolo Pasolini)

27/12/07

Balenando in burrasca

Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch'essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.
(Vincenzo Cardarelli)

(foto:shallowsky.com)

Riflessioni di Silvano Agosti

Uno degli aspetti più micidiali dell'attuale cultura, è di far credere che sia l'unica cultura... invece è semplicemente la peggiore. Bèh gli esempi sono nel cuore di ognuno... per esempio il fatto che la gente vada a lavorare sei giorni alla settimana è la cosa più pezzente che si possa immaginare. Come si fa a rubare la vita agli esseri umani in cambio del cibo, del letto, della macchinetta...
Mentre fino ad ieri credevo che mi avessero fatto un piacere a darmi un lavoro, da oggi penso: "Pensa questi ****** che mi stanno rubando l'unica vita che ho, perché non ne avrò un'altra, ho solo questa... e loro mi fanno andare a lavorare 5 volte, 6 giorni alla settimana e mi lasciano un miserabile giorno...per fare cosa? come si fa in un giorno a costruire la vita?!"
Allora, intanto uno non deve mettere i fiorellini alla finestra della cella della quale è prigioniero perché sennò anche se un giorno la porta sarà aperta lui non vorrà uscire...
Deve sempre pensare, con una coscienza perfetta:
"Questi stanno rubandomi la vita, in cambio di due milioni e mezzo al mese, bene che vada, mentre io sono un capolavoro il cui valore è inenarrabile"
Non capisco perché un quadro di Van Gogh debba valere 77 miliardi e un essere umano due milioni e mezzo al mese, bene che vada.
Secondo me, poi, siccome c'è un parametro che, con le nuove tecnologie, i profitti sono aumentati almeno 100 volte... e allora il lavoro doveva diminuire almeno 10 volte! Invece no! L'orario di lavoro è rimasto intatto. Oggi so che che mi stanno rubando il bene più prezioso che mi è stato dato dalla Natura. Pensa alla cosa più bella che la Natura propone, che è quella di, mettiamo, di fare l'amore, no?!
Immagina che tu vivi in un sistema politico, economico e sociale dove le persone sono obbligate, con quello che le sorveglia, a fare l'amore otto ore al giorno... sarebbe una vera tortura... e quindi perché non dovrebbe essere la stessa cosa per il lavoro che non è certamente più gradevole di fare l'amore, no?! Per esempio il fatto che la gente vada a lavorare sei giorni alla settimana... certo c'ho mica il mitra alla nuca... lo faccio, perché faccio il discorso: "Meglio leccare il pavimento o morire?"
"Meglio leccare il pavimento" ma quello che è orrendo in questa cultura è che "leccare il pavimento" è diventata addirittura una aspirazione, capisci?
Ma è mostruoso che il tipo debba andare a lavorare 8 ore al giorno e debba essere pure grato a chi gli fa leccare il pavimento, capisci?
Tutto ciò è "oggettivamente" mostruoso, ma là dove la coscienza produce coscienza, tutto ciò è "effettivamente" mostruoso...
Intervistatore: "SI VABBE' MA ORMAI E' IRREVERSIBILE LA SITUAZIONE"
Sì, tu fai giustamente un discorso in difesa di chi ti opprime, perché è il tipico dello schiavo, no?! Il vero schiavo...il vero schiavo difende il padrone, mica lo combatte. Perché lo schiavo non è tanto quello che ha la catena al piede quanto quello che non è più capace di immaginarsi la libertà.
Ma rispetto a quello che tu mi hai detto adesso: quando Galileo ha enunciato che era la Terra a girare intorno al Sole, ci sarà sicuramente stato qualcuno come te, che gli avrà detto:
"Eh sì! Sono 22 secoli che tutti dicono che è il Sole che gira intorno, mò arrivi te a dire questa stronzata... e come farai a spiegarlo, a tutti gli esseri umani?" e lui: "Non è affar mio, signori..."
"Allora guarda, noi intanto ti caliamo in un pozzo e ti facciamo dire che non è vero, così tutto torna nell'ordine delle cose"... hai capito? Perché tutto l'Occidente vive in un'area di beneficio, perché sta rubando 8/10 dei beni del resto del Mondo. Quindi non è che noi stiamo vivendo in un regime politico capace di darci la televisione, la macchina,... no.
E' un sistema politico che sa rubare 8/10 a 3/4 di Mondo e dà un po' di benessere a 1/4 di Mondo, che siamo noi...
quindi, signori miei, o ci si sveglia... o si fa finta di dormire... o bisogna accorgersi che siete tutti morti...
(riflessioni di Silvano Agosti)

Hurt

Hurt
Johnny Cash

26/12/07

Melody

Melody
Serge Gainsbourg

Sea Song

Sea Song
Robert Wyatt & Annie Whitehead

The Robots

The Robots
Kraftwerk

Le Dernier Cri Collective - Hopital Brut

Le Dernier Cri Collective - Hopital Brut

Bambi Meets Godzilla

Bambi Meets Godzilla!

Gimme Gimme Octopus!

KURE KURE TAKORA

25/12/07

Embryo

Embryo
Pink Floyd

Hunter

Hunter
Bjork
Regia di Michel Gondry

Le Vent Nous Portera

Le Vent Nous Portera
Noir Désir
Regia di Alex & Martin

Come to Daddy

Come to Daddy
Aphex Twin
Regia di Chris Cunningham

Karma Police

Karma Police
Radiohead
Regia di Jonathan Glazer

Lumière

Lumière
di David Lynch (1995 USA 1')
segmento di "Lumière et compagnie"

The Heart of the World

The Heart of the World
di Guy Maddin (2000 CAN 6')

It's a Wonderful Life

It's a Wonderful Life
Sparklehorse
Regia di Guy Maddin

Patrick Bokanowski

Patrick Bokanowski

"Immaginiamo un occhio che non sa nulla delle leggi della prospettiva, un occhio che ignora la ricomposizione logica, un occhio che non corrisponde a nulla di ben definito, ma che deve scoprire ogni oggetto che incontra attraverso un'avventura percettiva..."
In questa frase di Stan Brakhage è racchiusa l'essenza dell'affascinante cinema di Patrick Bokanowski, vero e proprio alchimista della settima arte, in Italia conosciuto quasi solamente per "L'Ange" mediometraggio del 1982, trasmesso nelle travolgenti notti di Fuori Orario.
"L'Ange" è un ufo di celluloide, un'opera astratta ed evocativa ambientata in un luogo enigmatico e senza tempo, a colpo d'occhio identificabile come un'immensa scalinata. Le coordinate spazio-temporali del film appaiono sospese ed eterne e gli sperduti personaggi compiono azioni misteriose che culminano in un'accecante esplosione. Il lavoro peculiare sulla luce e l'ombra attuato dal regista e le straordinarie musiche della sua compagna Michèle ne fanno una vera e propria avventura percettiva...
Da scoprire comunque anche le altre opere del maestro francese tutte contrassegnate da una ricerca sull'immagine che approda a esiti originali e visivamente prodigiosi, sempre rifiutando ostinatamente una linearità e coerenza narrativa, tanto che i suoi film vengono ad essere per lo spettatore vere e proprie esperienze psico-sensoriali.
L'approccio alla realtà di Bokanowski è indiretto, spesso letteralmente "filtrato" come nello splendido "Au bord du lac" in cui le riprese effettuate ai bordi di un lago, luogo classico di svago e villeggiatura, vengono distorte attraverso l'interposizione tra l'obiettivo e la realtà di un vetro smerigliato, espediente che permette al regista di forgiare stupefacenti e suggestive visioni pittoriche. Il cinema è scosso nelle sue fondamenta e le immagini mostrano una metamorfosi della realtà filmata e ne negano definitivamente l'oggettività.
Mescolando fotografia sperimentale, effetti ottici e chimica ermetica, Bokanowski nei suoi film raggiunge risultati che lasciano a bocca aperta, capaci perfino di andare ad alterare temporaneamente la percezione di chi guarda, in comunicazione diretta con la nostra essenza profonda.
Capolavoro assoluto del suo cinema geroglifico è il cortometraggio "La Femme qui se poudre" del 1972, grottesca e surreale esplorazione dell'inconscio, immersa in un'atmosfera ancestrale e perturbante, in cui si viene travolti da un turbine di immagini enigmatiche e meravigliose, forse tra le più fiammeggianti mai create, sicuramente film punto di riferimento per le opere più sperimentali e innovative di cineasti da tutti osannati come David Lynch e Guy Maddin.

23/12/07

Taxidermia

Taxidermia
di Gyorgy Pàlfi (2006 UNG 90')
con Csaba Czene, Gergely Tròcsànyi, Piroska Molnàr, Adél Stanczel, Marc Bischoff, Gabor Maté.

Ancora in qualche sperduto anfratto di mondo si fa grande cinema non omologato, il problema è che in Italia non arriva quasi nulla di ciò o se arriva gran parte della critica e del pubblico, ambedue lobotomizzati, non sono più in grado di apprezzarlo (il cinema di Aronofsky o Inarritu ne sono un esempio). In questo caso è l'ungherese Gyorgy Palfi che ci regala questa sbalorditiva gemma surreale e grottesca, una bizzarra e urticante cavalcata attraverso tre generazioni di una famiglia dell'est europeo. La pervicace volontà del regista è rivolta all'esclusiva esplorazione della fisicità dei suoi personaggi, in una virulenta immersione nei loro corpi pulsionali ed istintivi, tempestati durante la visione da ogni genere di fluido biologico.
Il film è suddiviso in tre episodi, tratti liberamente da racconti di Lajos Parti Nagy incentrati su sesso, cibo e morte: nel primo episodio vediamo un eccentrico triangolo amoroso, ambientato nelle steppe magiare in tempo di guerra, composto da un soldato erotomane, un crudele comandante e la lasciva moglie obesa. Da un rapporto proibito tra il soldato e la donna nasce un figlio illegittimo (dotato di una codina di maiale posteriore di Borowczyana memoria), che diverrà il corpulento protagonista del secondo episodio sempre incentrato su un assurdo triangolo amoroso tra lui, divenuto nel frattempo campione mondiale di abbuffata sportiva sotto il regime comunista, una donna obesa ed un altro grassissimo campione. Da un altro rapporto proibito nasce un altro figlio illegittimo, stavolta scheletrico e dall'aspetto malsano, che diverrà protagonista del terzo episodio come valente artigiano abilissimo nell'arte della imbalsamazione (da qui il titolo Tassidermia) e contemporaneamente dedito ad accudire il vecchio padre, ex campione, ormai dimenticato da tutti e ridotto a mostruoso sosia di "Jabba the Hut" e i suoi tre gatti giganti, futuri certi campioni dell'abbuffata sportiva tra animali, prossimo sport olimpico nel mondo surreale del film. Il figlio represso autolesionista ambisce a creare l'opera d'arte del futuro, alla ricerca dell'immortalità, e arriva così a costruire un complesso marchingegno meccanico per autoimbalsamarsi e mutilarsi al fine di diventare l'enigmatico simbolo di un'umanità primitiva ad una avveniristica lezione universitaria di fronte ad una razza umana del futuro, ben più inquietante dei protagonisti del film, in una mirabolante sequenza finale di allucinante rigore formale e contenutistico.
Il film è un assalto frontale ai sensi dello spettatore, una visionaria rappresentazione dell'apocalisse del genere umano, comunque mai fine a sé stessa, che il regista provocatoriamente imbastisce partendo dalle scorie e dai tabù della società contemporanea, drammaticamente priva d'amore e affetto, perseguendo con millimetrica precisione l'annichilimento di ogni fonte di consolazione, sollievo e speranza per l'attonito spettatore. Ciò che colpisce è anche l'estrema eleganza della messinscena e la splendida padronanza nell'uso della macchina da presa, capace di regalarci splendidi piani sequenza e abbaglianti inquadrature. Anche la colonna sonora è magnifica ed estremamente funzionale alle radicali immagini. Cinema spietato, indigesto e crudele, assolutamente non riconciliato, ma al tempo stesso poetico e profondamente toccante, un vero volo iperbolico nel girone infernale del mondo, degno erede delle sempiterne opere di Arrabal, Jodorowsky e Makavejev.

"Spero di essere riuscito a fare un film istintivo sulla perfezione e l'imperfezione dell'uomo" (Gyorgy Palfi)

Domenica mattina

A suo parere, quali sono gli ingredienti di una domenica mattina?
Caviale, champagne, l'Ottava di Mahler, Radio activity dei Kraftwerk, il "Bild am Sonntag", un libro entusiasmante che dispiace finirlo, un amico che sia un buon amico e la possibilità di staccare il telefono.
(Rainer Werner Fassbinder)

22/12/07

Midnight Movies

Midnight Movies – From the Margin to the Mainstream
di Stuart Samuels (2005 CAN/USA 86’)
con David Lynch, John Waters, Alejandro Jodorowsky, George Romero, Perry Henzell, Richard O'Brien

Gemello siamese del libro di culto “Midnight Movies” di J. Hoberman e J. Rosenbaum (per me da molti anni una bibbia da conservare sul comodino...) esce miracolosamente in Italia, editato dalla Dolmen, questo splendido documentario/manifesto sul cinema di mezzanotte, fenomeno stupefacente degli anni Settanta, che cambiò radicalmente il modo di fare cinema e influenzò profondamente la controcultura dell’epoca... tanto che le pellicole raccontate dal film rimangono tra le più sconvolgenti e significative della storia del cinema e gli autori citati sono a tutt’oggi il riferimento di ogni cineasta che guardi un po’ più in avanti rispetto alla punta del proprio naso.
Si tratta di un avvincente resoconto con molte immagini inedite e succulente interviste su un’epopea magica e rivoluzionaria quale quella attuata da un pugno di cineasti illuminati e da un gruppo di perspicaci esercenti di sale cinematografiche in crisi. I protagonisti delle strabilianti visioni iniziate al cinema Elgin di New York sono “El Topo” del profeta Alejandro Jodorowsky, “La notte dei morti viventi” di George Romero, “Pink Flamingos” di John Waters, “Rocky Horror Picture Show” di Jim Sharman (però pensato e interpretato dal geniaccio Richard O’Brien), “The Harder they come” di Perry Henzell ed “Eraserhead” di David Lynch. Questi film sono solo la punta dell’iceberg di un movimento sotterraneo e sfacettato, assai complesso, che in un periodo di assoluta libertà creativa come è stato quello a metà degli anni Settanta, ci ha regalato numerose perle. Tutta la controcultura dell’epoca, con la fama delle pellicole sostenuta unicamente da un incessante passaparola tra gli estatici spettatori, partecipò attivamente alle esperienze iniziatiche e mistiche rappresentate dalla visione di questi fiammeggianti film e così ciò che in origine era marginale, anticonformista e trasgressivo riuscì a incidere significativamente l’immaginario collettivo e ad aprire nuove frontiere espressive nella settima arte. Rimane tuttora valido l’aforisma di Duchamp del 1961: “The only solution for the artist of tomorrow is to go underground”, certo è che al momento attuale il vuoto pneumatico encefalico, la melma catodica e la censura creano non pochi problemi ai cineasti che vogliano produrre opere fuori dagli schemi.

"Fly not, - 'tis just the hour,
when pleasure, like the midnight flower
that scorns the eye of vulgar light,
begins to bloom for sons of night,
and maids who love the moon."
(Sir Thomas More)

"'Tis now the very witching time of night,
when churchyards yawn and hell itself
breathes out
Contagion to this world: now could I drink
hot blood,
and do such bitter business as the day
would quake to look on."
(Shakespeare)

21/12/07

Gennaio al Clan Destino


Gennaio Scaglie 2008
Martedì 8 ore 21.30
Fedora
di Billy Wilder (1978 FRA/RFT 114’)
Incredibilmente considerato un film minore di Wilder, in realtà un capolavoro struggente, disincantato e malinconico sul mondo del cinema e sulla vita in generale, che non ha nulla da invidiare al pluriosannato “Viale del tramonto”. Indimenticabile Hildegard Knef nella parte della impenetrabile diva di Hollywood. Struttura cinematografica ad incastro per il vero e proprio testamento di uno dei maestri del cinema di tutti i tempi.

Domenica 13 ore 21.30
Il mondo sul filo
di Rainer Werner Fassbinder (1973 RFT 200’)
Grande recupero per questa gemma della fantascienza d’autore, prodotto originariamente per la televisione, diviso in due puntate, racconto metaforico in cui protagonisti vengono intrappolati nella realtà virtuale o meglio in un feticcio della nostra realtà. Imbevuto nelle tematiche care a Fassbinder e con un occhio all’Alphaville di Godard viene a configurarsi come la lotta solitaria di un uomo contro la corruzione e il terrore in una realtà caotica e alienante, con l’unico riscatto possibile rappresentato dall’amore, sempre però sul filo del rasoio tra normalità e follia.

Martedì 15 ore 21.30
13 Tzameti
di Géla Babluani (2005 Georgia/FRA 86’)
Un noir in bianco e nero modernissimo, dal ritmo serrato e dalla tensione straordinaria, girato con un’eleganza fuori dal comune e una messinscena d’ineccepibile rigore formale e contenutistico, il tutto creato da un giovane regista georgiano. Narra di uno scambio d’identità che conduce il protagonista all’interno di una realtà kafkiana e oscura, rappresentata dal sordido mondo delle scommesse clandestine sulla vita umana con una roulette russa radicale come strumento del crudele gioco. Il passaparola del pubblico, letteralmente ammaliato, lo ha fatto diventare un film di culto al festival di Venezia del 2005, in sala in Italia ovviamente non è stato distribuito.

Domenica 20 ore 21.30
Bix
di Pupi Avati (1991 ITA 100’)
Testardamente controcorrente spezziamo una lancia in favore della biografia avatiana di Leon Beiderbecke in arte “Bix”, uno dei pochi grandi jazzman bianchi, a soli 28 anni scomparso divorato dall’alcool. Il film è una ricostruzione appassionata e filologicamente accurata di dieci anni della sua bruciante vita. Per irriducibili, sempre che ancora esistano....

Martedì 22 ore 21.30
Fat City
di John Huston (1972 USA 100’)
Capolavoro dimenticato degli anni ’70, dal romanzo di Leonard Gardner, ex pugile, figlio di pugili. Racconta dell’incontro tra due pugili, di cui uno al tramonto e l'altro all'esordio, il tutto contornato dalla sottile disperazione che pervade una cittadina della California. Non è solo un film sulla faccia sconosciuta del pianeta del pugilato, quella dei proletari dei guantoni; ma è anche una diagnosi asciutta, lucida e sconsolata (senza romantiche fantasticherie sul tema del fallimento) sui risvolti desolati e amari dell'America opulenta. Huston gira un film come Hemingway scrive un libro, stessa compattezza e rigore, senza fronzoli inutili. Fat City è locuzione gergale (boxe, jazz) per dire Eldorado, paradiso in terra, dunque inaccessibile.

Domenica 27 ore 21.30
Muhammad Alì – Through the eyes of the world
di Phil Grabsky (2001 USA 104’)
“Sonny era un buon uomo... ma il pugno l'ha colpito. Non so bene quanto buono fosse il colpo, anche se ci fosse stato un trucco ed avesse voluto fingere un k.o., Liston non l'avrebbe mai fatto nel primo round...”. Un sentito omaggio ad un’icona del Novecento.

Martedì 29 ore 21.30
L’istruttoria è chiusa: dimentichi
di Damiano Damiani (1971 ITA 106’)
Un brillante professionista finisce in carcere come possibile responsabile di un incidente mortale e scopre amaramente le allucinanti condizioni carcerarie italiane, con aberranti leggi non scritte e striscianti connivenze tra politica e mafia. Damiano Damiani, ottusamente dimenticato, si dimostra anche qui all’altezza della situazione, regalandoci un film illuminante.

Meglio incatenarti subito

Molta follia è divino buon senso
per chi sa vedere.
Molto buon senso, completa follia.
Ma è la maggioranza che prevale,
in questo come in tutto il resto.
Acconsenti? Sei sano di mente.
Obietti? Sei pericoloso, e certo
si farà bene a incatenarti subito.
(Emily Dickinson)

Lanterna Magica

Descritta per la prima volta da Kircher nel 1654 e si pensa inventata da Christiaan Huygens, la lanterna magica, precursore del moderno cinematografo, è uno strumento per proiettare immagini statiche, che divenne un'attrazione mirabolante alle fiere dell'epoca. Consiste in una cassetta chiusa che contiene una fonte luminosa. Una delle pareti della cassetta è costituita da due lenti, tra le quali viene inserita l'immagine trasparente da proiettare, solitamente dipinta su una lastra di vetro. La prima lente concentra sull'immagine il fascio luminoso, la seconda lente la proietta ingrandita e deformata su uno schermo distante. Tuttora ideale per organizzare sbilenchi spettacoli all'insegna del weird e dell'ignoto.

"Cosa sarebbe mai per il nostro cuore un mondo senza amore? Una Lanterna Magica senza luce. Ma appena vi si introduce il piccolo lume, ecco che sulla parete bianca appaiono le immagini più sgargianti! E anche se non fossero che fantasmi evanescenti, la cosa ci fa pur sempre felici quando ce ne stiamo davanti a guardarli e andiamo in estasi di fronte a quelle prodigiose illusioni!"
(J.W. Goethe)

20/12/07

Il deragliamento


C'è la strada e c'è il deragliamento,
inevitabile quantunque.
(Vinicio Capossela)

Come uno spettro

Come uno spettro,
salirò quelle viscide
scale. Verrò da te per i gradini
ombrosi, i piani di pietra sconnessi
e lisi, poi farò cricchiare i cardini
della tua porta, e mezzo
assonnata dirai è solo il vento, è un sogno.
Penetrerò nel tuo sogno, leggero,
insidioso, girando
sempre più a fondo il pungolo d'orrore,
ti mostrerò le talpe
dagli occhi spenti che nel centro buio
dell'io scavano i luridi
gli incolmabili buchi senza sbocco,
certo, anche in te, giù, mentre riposi:
e per quel fragile
mistero entrerò lì con tutto il dolce
e l'angoscia e l'amaro del mio amore.
Uscirò dal silenzio
in un doppio silenzio lungo viali
lunari, o attenderò,
tra doppi fondi di valigia, grigio
all'alba, i gradi amari di un risveglio
che non dissiperebbe - ombra ispessita -
i perché che ti chiedi
della vita, del vento,
della mia assenza così strana, o è un sogno.
(Dario Villa)

19/12/07

I dimenticati

Sullivan's Travels
di Preston Sturges (1942 USA 90')
con Joel McCrea, Veronica Lake, Robert Warwick, William Demarest,
Franklin Pangborn, Porter Hall, Eric Blore.

"I dimenticati": ecco il classico film da portarsi dietro sull'isola deserta, un vero gioiello del cinema americano degli anni Quaranta di un grande autore solitamente trascurato (il mitico Vieri Razzini con la sua Flamingo Video ci sta regalando in questo periodo buone edizioni in DVD di alcune sue imperdibili gemme tra cui "Lady Eva", "Palm Beach Story", "Un colpo di fortuna"...). Questa commedia, forse il suo film più compiuto, è incentrata su un tema spinoso quale è il conflitto tra il fare cinema impegnato e fare cinema d'evasione. Il protagonista è John Sullivan, giovane e celebrato regista di film comici e musical di successo, che a un certo punto della sua carriera ha una crisi esistenziale, che lo porta a ritenere che girare film divertenti in tempo di guerra sia immorale. Conseguentemente e contro i diktat degli avidi produttori decide che la sua opera futura debba essere un dramma vigoroso e impegnato incentrato sui poveri, a tal proposito pensa di girare un adattamento del libro “Brother, where art you?” (in seguito omaggiato dai fratelli Coen...). Per realizzarlo ha però bisogno di conoscere da vicino le condizioni di vita, le sofferenze e i pensieri dei senza tetto e per entrare veramente anima e corpo nella parte si traveste da vagabondo e si immerge tra il popolo dell'abisso. Da questo incipit parte un'avventura ricca di colpi di scena e di soluzioni narrative assolutamente geniali che lo porterà, a causa di uno spiacevole equivoco, addirittura in carcere, condannato a 6 anni di lavori forzati. Ormai dato per morto da familiari e amici subirà sulla sua pelle le disumane condizioni di vita nei penitenziari americani e in una sequenza indimenticabile e commovente si renderà conto che per questi reietti l'unico sollievo giornaliero deriva proprio dalla visione serale nella sala di proiezione del carcere di cartoons di Walt Disney. Da questa esperienza limite Sullivan ne uscirà profondamente cresciuto e una volta tornato libero alla sua vita agiata, attraverso mille peripezie, dedicherà tutti i suoi sforzi a girare commedie esilaranti, finalmente convinto che solamente il riso riesca veramente a lenire le sofferenze dell'uomo.
Preston Sturges gioca mirabilmente con il mezzo cinematografico, passando dalla commedia allo slapstick al dramma al film di denuncia sociale, supportato da dialoghi spumeggianti e da due interpreti in stato di grazia, quali Joel McCrea e Veronica Lake. Veramente uno dei film più stupefacenti della storia del cinema, anche a quasi settanta anni di distanza.

“In ricordo di tutti coloro che ci hanno fatto ridere; i saltimbanchi, i clowns, i buffoni di tutti i tempi e di ogni nazione, le cui fatiche hanno alleggerito i nostri fardelli; con affetto vogliamo dedicare questo film a loro” (dedica finale del film)

18/12/07

Il Cinema è un atleta

Per voi il cinema è spettacolo.
Per me è quasi una concezione del mondo.
Il cinema è portatore di movimento.
Il cinema svecchia la letteratura.
Il cinema demolisce l'estetica.
Il cinema è audacia. Il cinema è un atleta.
Il cinema è diffusione di idee.
Ma il cinema è malato. Il capitalismo gli ha gettato negli
occhi una manciata d'oro. Abili imprenditori lo portano a
passeggio per le vie, tenendolo per mano.
Raccolgono denaro, commuovendo la gente
con meschini soggetti lacrimosi. Questo deve aver fine.
Il surrealismo deve togliere il cinema di mano agli speculatori.
Il futurismo deve far evaporare l'acqua stagnante della
lentezza e della morale. Senza di questo avremo
o il tip tap d'importazione americana o i soli
"occhi con la lacrimuccia" dei vari Mozzuchin.
La prima cosa ci è venuta a noia.
La seconda ancora di più.
(Majakovski riadattato)

(foto: Festival di Locarno)

17/12/07

Vacuum bed

Vacuum bed

Tra pratica BDSM e body art...
2 fogli di latex posti su un'intelaiatura tra i quali viene fatto il vuoto grazie ad un aspiratore
e naturalmente un docile sub che viene immobilizzato tra i 2 foglietti...
Forse il punto più estremo della poetica del latex
movimenti impossibilitati
difficile espansione del torace
respirazione possibile solo tramite dei fori o un tubo di aspirazione posto in corrispondenza della bocca
nessuna possibilità di sudorazione
alterazioni sensoriali
udito ovattato
vista annullata
tatto amplificato e modificato
abbandono assoluto al proprio padrone
che può anche esporlo come un'opera d'arte
magari durante una romantica cena...
che sia rapida però
non è consigliato eccedere in quanto gli effetti del calore sul corpo imprigionato
non tarderanno a farsi sentire...
Che il sesso sia con voi

Expanded Cinema

Expanded Cinema
"Le forme del cinema stanno proliferando...ogni nuovo modo di creare o controllare la luce è potenzialmente una nuova forma di cinema...metallo, pellicola, nastro magnetico, tubi catodici, corpi viventi, plastica, vetro, computer: questi sono i materiali del cinema, i materiali secondari...forniscono i mezzi per lavorare con le materie prime del cinema - luce e tempo. Sono soltanto la luce e il tempo che collegano tutte le forme di cinema, passato, presente e futuro."
(Sheldon Renan, 1967)

Il movimento Expanded Cinema, corrente cinematografica sperimentale, nasce nel 1958 quando Kenneth Anger proietta il suo "Inauguration of the pleasure dome" contemporaneamente su tre schermi a Bruxelles e raggiunge il suo acme negli anni Sessanta. Sinteticamente l'espansione cinematografica riguarda la superficie di proiezione del film, che viene notevolmente allargata rispetto al tradizionale schermo frontale. La cattedrale dell'Expanded Cinema, realizzata nel 1966 da Stan VanDerBeek a New York, sarà il Movie Drome Theatre, un cinema sferico su cui un obiettivo fisheye proietterà film per spettatori sdraiati, in questo modo totalmente immersi e compenetrati dalle immagini in movimento.

Il concetto cardine del cinema convenzionale che i film debbano essere proiettati da un unico proiettore su un unico schermo viene polverizzato con risultati infiammanti. Buona parte della produzione indipendente del New American Cinema aderisce al movimento rivoltoso, con niente meno che Andy Warhol come ambasciatore universale, che presenta nel 1966 il suo "The Chelsea Girls", pellicola di sette ore divisa in due parti da proiettare simultaneamente su due schermi attigui.

Le opere di Expanded Cinema inventano nuovi modi di proiezione, impiegando vari e/o modificati proiettori, usando nuove fantasiose superfici come schermi, in breve mutando in svariati modi il tradizionale processo tecnico di costruzione e di fruizione di un film.
L'influenza dell'Expanded Cinema sulla video-arte degli ultimi trent'anni è imponente, fu il primo movimento a propugnare caparbiamente la contaminazione con altre arti, diede vita ad alcuni tra i primi film interamente creati col computer, realizzò chimerici spettacoli di massa con luci stroboscopiche e fantasmagorici happening multimediali, come quelli di Robert Whitman in cui i film venivano proiettati direttamente sui corpi dei performers. Questa caleidoscopica esperienza è raccolta nel volume "Expanded Cinema" scritto da Gene Youngblood nel 1971, che potrete gratuitamente scaricare in PDF collegandovi su questo sito:

www.vasulka.org
/Kitchen/PDF_ExpandedCinema/ExpandedCinema.html

Pierre Clémenti

Pierre Clémenti

Un sentito omaggio a Pierre Clémenti, attore e regista (tuttora quasi sconosciuta in Italia la sua importante opera come cineasta), figura trasgressiva ed evocatrice del cinema francese ed italiano a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta. Dotato di un fisico particolare, quasi mefistofelico, dalla corporatura alta e sottile, con uno sguardo penetrante ed un volto vagamente ieratico divenne in pochi anni l'attore simbolo di un cinema ribelle e anticonformista.

Clémenti nasce nel 1942 a Parigi da padre ignoto e da madre corsa, dapprima sbarca il lunario come tagliatore di pietra e fattorino d'albergo, ma contemporaneamente frequenta corsi di recitazione. Esordisce nei teatri "off" parigini ed inizialmente interpreta piccole parti al cinema, tra cui va ricordata la sua partecipazione a "Il gattopardo" di Luchino Visconti. Nel 1967 arriva la grande occasione, quando il maestro Luis Buñuel lo chiama come co-protagonista, nel ruolo dell'amante sadico di Catherine Deneuve, nel suo "Bella di giorno". Il cinema d'autore europeo viene immediatamente stregato dalla magnetica presenza scenica dell'attore e Clémenti, in pochi anni, diviene l'emblema di un cinema decisamente rivoluzionario. Nel 1968 lo chiama Bernardo Bertolucci nello sperimentale "Partner" nella parte di Giacobbe, doppio personaggio arcano, antitetico e speculare. Da qui sarà un escalation di ruoli memorabili: nel 1969 prende parte a "La Lit de la vierge" di Philippe Garrel, "La via lattea" di Luis Buñuel e "Porcile" di Pier Paolo Pasolini; nel 1970 recita in "Il conformista" di Bernardo Bertolucci, è Tiresia ne "I Cannibali" di Liliana Cavani e Attila in "Necropolis" di Franco Brocani, prende parte nello stesso anno anche a "Cabezas Cortadas" di Glauber Rocha e a "La pacifista" di Miklós Jancsó. Negli anni successivi la sua magistrale arte illumina alcuni film sempre significativi e innovativi tra cui "La cicatrice interiore" di Philippe Garrel nel 1972, "Sweet Movie" di Dusan Makavejev nel 1974, "Il lupo della steppa" nella trasposizione di Fred Haines del 1974, "Quartet" di James Ivory nel 1981 e "É difficile essere un dio" di Peter Fleischmann nel 1990, "Le Bassin de J.W." di João César Monteiro nel 1997 e "Hideous Kinky" di Gillies MacKinnon nel 1998.
Costantemente pendolare tra Francia e Italia vanno ricordate anche alcune sue partecipazioni ad alcuni film italiani del periodo d'oro del cinema di genere ed exploitation quali "Ninì Tirabusciò: la donna che inventò la mossa" di Marcello Fondato, "La vittima designata" di Maurizio Lucidi e il famigerato "Piccole Labbra" di Mimmo Cattarinich. Nel giugno del 1971 il suo nome sale agli onori delle cronache in quanto viene arrestato a Roma per detenzione di hashish. Dopo aver trascorso oltre un anno in carcere, nonostante l'attore si fosse costantemente proclamato innocente, viene rilasciato per insufficienza di prove e costretto a lasciare il paese. Memore di questa terribile esperienza Clémenti scriverà in seguito il libro "Quelques messages personnels", amara requisitoria contro i tribunali e le condizioni di carcerazione, ma al tempo stesso avvincente autobiografia dei suoi esordi di attore.
Pierre Clémenti è stato anche autore di alcuni corto e mediometraggi sperimentali di bruciante impatto visivo, in cui viene ribadita una pervicace volontà di ricerca e permane la coerenza e la radicalità di approccio delle sue migliori prove attoriali, tra questi meritano menzione: "Visa de censure" (1968), "La Révolution n'est qu'un début. Continuons." (1968), "Art de vie" (1969), "L'Ange et le démon" (1971), "New Old" (1979), "À l'ombre de la canaille bleue" (1986). Nel 1988 anche la Cinémathèque française gli dedica un corposo omaggio retrospettivo. Pierre Clémenti lascia il mondo e il cinema inaspettatamente nel 1999, all'alba del nuovo millennio, lasciando dietro di sé una produzione artistica appassionante, destabilizzante e limpidamente coerente.

16/12/07

La Tenerezza del Lupo

The Tenderness of Wolves
di Ulli Lommel (1973 RFT 95')
con Kurt Raab, Jeff Roden, Margit Carstensen, Tana Schanzara,
Rainer Werner Fassbinder, Peee Raben, Hannelore Tiefenbrunner.

Westfalia, Ora Zero. La Seconda Guerra Mondiale è appena finita. Il film ripercorre fedelmente la storia e i crimini di Haarmann, uno dei primi serial killer dei tempi moderni, soprannominato il "Macellaio di Hannover", che dal 1919 al 1924 (il film posticipa l'epoca dei fatti) commise almeno ventiquattro omicidi (e forse molti di più). Le sue vittime erano "ragazzi di strada", sbandati, colti a vagabondare attorno alle stazioni ferroviarie, astutamente adescati e portati nel proprio appartamento, poi uccisi dal maniaco mediante vampirizzazione, in uno stato di vibrante frenesia sessuale. Haarmann commerciante, che pure aveva precedenti penali per furto ed era stato in passato ricoverato in manicomio, era all'epoca usato regolarmente dalla polizia come informatore ed era amico intimo di alcuni agenti, che occasionalmente ricevevano da lui vestiti come "regalo" e così chiudevano un occhio sulla sua abituale frequentazione di giovani prostituti. Anche dagli abitanti del villaggio veniva considerato una persona rispettabile perché, sovente, regalava pezzi di carne provenienti dalla sua macelleria agli affamati avventori. Solo le continue sparizioni di ragazzi, i sospetti dei vicini di casa e l'insistenza delle forze di occupazione a fare chiarezza portarono la polizia ad intensificare le ricerche del famigerato serial killer, lasciato agire per anni, inspiegabilmente, totalmente indisturbato. Durante il processo, che divenne un evento mediatico nella Germania dell'epoca, si sparse la voce che "Haarmann il vampiro" avesse venduto la carne delle sue vittime al mercato nero spacciandola per maiale, ma fortunatamente non esiste alcuna prova sulla verità di tale diceria. Un film disturbante e a tratti repulsivo, ma denso di stordente lirismo e con numerose intuizioni geniali. Dominato dal superbo Kurt Raab, qui anche sceneggiatore, che tratteggia un personaggio indimenticabile, dolente icona horror, sofferente anima torturata, allucinante mostro dalle sembianze umane, ma a tratti dotato di un violento fascino magnetico. Raab, grazie ad una recitazione fisica e molto intensa, riesce addirittura a non sfigurare di fronte al "Mostro di Dusseldorf" Peter Lorre (protagonista di "M", ispirato alle gesta dello stesso Haarmann e di Peter Kürten). La pellicola, intrisa della disperazione fisica e morale del dopoguerra dalla parte degli sconfitti, può essere letta come una metafora sul popolo tedesco e su come si sia dovuto cannibalizzare, nel periodo post-bellico, pur di sopravvivere. Lommel, con la collaborazione di Fassbinder che produce il film, ci regala una memorabile perla tenebrosa della storia del cinema sui serial killer.

Perché il signor R. è colto da follia improvvisa?

Why Does Herr R. Run Amok?
di Rainer Werner Fassbinder & Michael Fengler (1969 RFT 88')
con Lilith Ungerer, Kurt Raab, Lilo Pempeit, Franz Maron, Harry Baer,
Peter Moland, Hanna Schygulla, Ingrid Caven, Irm Hermann, Peer Raben

Film folgorante che ci estrinseca i più reconditi meccanismi oppressivi della società borghese occidentale e mostra la loro azione implacabile, lentamente erosiva, sulla tenuta razionale della psiche.
Il film è la cronistoria della ordinata vita qualunque del signor Raab (che è impersonato dallo stesso Kurt Raab), ingegnere disegnatore industriale, e della sua famiglia composta da moglie e figlio. Raab è un uomo comune, senza particolari qualità, ma anche senza particolari problemi (è infastidito solamente da una cefalea ricorrente e dal fatto di non riuscire ad ottenere l'ambita promozione sul lavoro). Trascorre le serate, tranquillamente, guardando la televisione in famiglia, di giorno accompagna saltuariamente la moglie a far compere o a visitare le amiche. Il week end, come da buona abitudine, è sempre un'ottima occasione per rivedere i genitori, pranzando tutti insieme, chiacchierando amabilmente e facendo lunghe passeggiate. Il film prosegue così rappresentando una serie di situazioni noiose e apparentemente banali: vediamo la moglie accogliere degli inquilini, il signor Raab mentre cerca un disco musicale di cui però non ricorda il titolo, e i due riuniti che si recano ad un colloquio scolastico per discutere i problemi del figlio. Poi vediamo Raab ad una cena di lavoro dove, dopo aver alzato notevolmente il gomito, si lascia andare ad un patetico sproloquio incentrato sull'amicizia tra collaboratori, imbarazzando visibilmente tutti i colleghi presenti. A questo punto il signor Raab, nelle situazioni ordinarie successive, diventa sempre più apatico, inerte e quasi incapace di parlare e comunicare, ripetendo semplicemente stanchi gesti ritualizzati. Un'unica scintilla vitale la sprigiona quando un amico di vecchia data viene a trovarlo e insieme rievocano, baldanzosi, i tempi in cui servivano messa. Finché, nell'agghiacciante epilogo, una sera, mentre un'amica della moglie è in visita, il signor Raab si alza, prende un candeliere e, senza un accenno di collera e con un'impassibile tranquillità, percuote mortalmente le due donne e suo figlio. Il mattino dopo, regolarmente in ufficio, il signor Raab si impicca nel gabinetto, mentre la polizia lo sta cercando.
Primo film a colori di Fassbinder (all'epoca venticinquenne!), girato con camera a spalla, luce naturale e tutto virato ad un rosa sbiadito (come da pellicola scaduta) che accentua il senso di claustrofobia delle scene e in cui gli attori improvvisano costantemente i dialoghi, cercando di riprodurre più fedelmente possibile la realtà quotidiana. La pellicola viene, così, ad essere un'agghiacciante e indimenticabile vivisezione dell'alienante vita borghese nella società contemporanea. Il protagonista è contemporaneamente sia carnefice che vittima, assoggettato indissolubilmente ad abitudini rituali e regole imposte, che lo portano verso un'alienazione progressiva e disumanizzante. Il film è costellato di numerosi segnali, appena percettibili, che suggeriscono la frustrazione, l'indifferenza e la progressiva perdita di emozioni del protagonista. Tali elementi portano ad un'implosione dell'individuo con devastanti conseguenze gratuite. Un film che non risente minimamente dei quasi quaranta anni di vita e che ha influenzato significativamente innumerevoli cineasti successivi, a partire ovviamente dal gruppo del Dogma.

"Il fatto che io produca più film degli altri lo spiego come una sorta di malattia, oppure come il tentativo di venire a capo di questa malattia, una malattia mentale"
(Rainer Werner Fassbinder)

14/12/07

Portafotografie vuoto

Dovunque ti veda stai cercando di incorniciare
una minima parte della Sua immensità,
cioé, credo, moltissimo cielo,
di quello azzurro e senza nuvole
com'è sul vecchio cimitero
o sulla nuova discarica
davanti a un campo e a tre spaventapasseri.
Uno di loro potrebbe essere quel monaco tedesco,
Eckart,
che diceva: "Se un uomo non cerca niente,
che diritto ha di lamentarsi se non trova niente?"
Giusto. Non un solo merlo
teneva gli occhi sul giovane grano.
Allora spingemmo la cornice un po' più in alto
fin dove il silenzio dice tutto.
(Charles Simic)

13/12/07

Romanza Notturna

Il solitario sotto al firmamento
imbocca a notte silenziose strade.
Si desta il bimbo, da sogni sgomento,
grigio alla luna il suo viso decade.
Sciolti i capelli, lacrima la pazza
alla finestra dietro l'inferriata.
Passa sul lago in dolce traversata
col caro innamorato la ragazza.
Nel vino l'omicida smorfie annega,
l'infermo della morte prova orrore.
La monaca ferita e nuda prega
davanti al suo piagato Redentore.
La madre canta nel sonno leggero.
Fissa la notte, in pace, il bimbo bello
con quel suo sguardo in tutto veritiero.
Grasse risate scoppian nel bordello.
Nella cantina il morto a lume fioco
sul muro con la bianca mano traccia
il ghignante silenzio d'una faccia.
Il dormiente bisbiglia ancora un poco.
(Georg Trakl)

La bolla d'aria

Ho una bolla d'aria. La sento perfettamente.
Quando sono triste si fa più pesante e a volte,
quando piango, sembra una goccia di mercurio.
La bolla d'aria cammina dal cervello al cuore
e dal mio cuore al cervello.
(Fernando Arrabal)

12/12/07

La poesia

Nella mia mente è sopita una poesia
che esprimerà la mia anima intera.
La sento vaga come il suono e il vento
eppure scolpita in piena chiarezza.
Non ha strofa, verso né parola.
Non è neppure come la sogno.
E' un mero sentimento, indefinito,
una felice bruma intorno al pensiero.
Giorno e notte nel mio mistero
la sogno, la leggo e riprovo a sillabarla,
e sempre la parola precisa è sul bordo di me stesso
come per librarsi nella sua vaga compiutezza.
So che non sarà mai scritta.
So che non so cosa sia.
Ma sono contento di sognarla,
e una falsa felicità, benché falsa, è felicità.
(Fernando Pessoa)