Why Does Herr R. Run Amok?
di Rainer Werner Fassbinder & Michael Fengler (1969 RFT 88')
con Lilith Ungerer, Kurt Raab, Lilo Pempeit, Franz Maron, Harry Baer,
Peter Moland, Hanna Schygulla, Ingrid Caven, Irm Hermann, Peer Raben
Film folgorante che ci estrinseca i più reconditi meccanismi oppressivi della società borghese occidentale e mostra la loro azione implacabile, lentamente erosiva, sulla tenuta razionale della psiche.
Il film è la cronistoria della ordinata vita qualunque del signor Raab (che è impersonato dallo stesso Kurt Raab), ingegnere disegnatore industriale, e della sua famiglia composta da moglie e figlio. Raab è un uomo comune, senza particolari qualità, ma anche senza particolari problemi (è infastidito solamente da una cefalea ricorrente e dal fatto di non riuscire ad ottenere l'ambita promozione sul lavoro). Trascorre le serate, tranquillamente, guardando la televisione in famiglia, di giorno accompagna saltuariamente la moglie a far compere o a visitare le amiche. Il week end, come da buona abitudine, è sempre un'ottima occasione per rivedere i genitori, pranzando tutti insieme, chiacchierando amabilmente e facendo lunghe passeggiate. Il film prosegue così rappresentando una serie di situazioni noiose e apparentemente banali: vediamo la moglie accogliere degli inquilini, il signor Raab mentre cerca un disco musicale di cui però non ricorda il titolo, e i due riuniti che si recano ad un colloquio scolastico per discutere i problemi del figlio. Poi vediamo Raab ad una cena di lavoro dove, dopo aver alzato notevolmente il gomito, si lascia andare ad un patetico sproloquio incentrato sull'amicizia tra collaboratori, imbarazzando visibilmente tutti i colleghi presenti. A questo punto il signor Raab, nelle situazioni ordinarie successive, diventa sempre più apatico, inerte e quasi incapace di parlare e comunicare, ripetendo semplicemente stanchi gesti ritualizzati. Un'unica scintilla vitale la sprigiona quando un amico di vecchia data viene a trovarlo e insieme rievocano, baldanzosi, i tempi in cui servivano messa. Finché, nell'agghiacciante epilogo, una sera, mentre un'amica della moglie è in visita, il signor Raab si alza, prende un candeliere e, senza un accenno di collera e con un'impassibile tranquillità, percuote mortalmente le due donne e suo figlio. Il mattino dopo, regolarmente in ufficio, il signor Raab si impicca nel gabinetto, mentre la polizia lo sta cercando.
Primo film a colori di Fassbinder (all'epoca venticinquenne!), girato con camera a spalla, luce naturale e tutto virato ad un rosa sbiadito (come da pellicola scaduta) che accentua il senso di claustrofobia delle scene e in cui gli attori improvvisano costantemente i dialoghi, cercando di riprodurre più fedelmente possibile la realtà quotidiana. La pellicola viene, così, ad essere un'agghiacciante e indimenticabile vivisezione dell'alienante vita borghese nella società contemporanea. Il protagonista è contemporaneamente sia carnefice che vittima, assoggettato indissolubilmente ad abitudini rituali e regole imposte, che lo portano verso un'alienazione progressiva e disumanizzante. Il film è costellato di numerosi segnali, appena percettibili, che suggeriscono la frustrazione, l'indifferenza e la progressiva perdita di emozioni del protagonista. Tali elementi portano ad un'implosione dell'individuo con devastanti conseguenze gratuite. Un film che non risente minimamente dei quasi quaranta anni di vita e che ha influenzato significativamente innumerevoli cineasti successivi, a partire ovviamente dal gruppo del Dogma.
"Il fatto che io produca più film degli altri lo spiego come una sorta di malattia, oppure come il tentativo di venire a capo di questa malattia, una malattia mentale"
(Rainer Werner Fassbinder)
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