Stalker
di Andrej Tarkovskij (1979 URSS 163')
Stalker si articola esattamente su uno schema di incertezza. Lo spazio è prima di tutto pericoloso. Lo Stalker non smette di ricordarlo ai suoi compagni: la Zona uccide, o lo può ancora fare. Tornare indietro è impossibile perché il rischio è la morte (lo scienziato ne uscirà solo per miracolo), le tappe sono ritmate dalle prove (il tunnel, il "tagliere"), e gli sguardi si presentano spaventosi quanto spaventati. Tuttavia, parallelamente al tempo che egli taglia senza donare altri riferimenti, a parte la forma stessa della risalita verso l'origine, Tarkovskij non fornisce qui nessuna esplicitazione sui pericoli di questo spazio. Il turbamento non è che riflesso dell'anima sullo spazio: i pericoli non sono in definitiva che le proiezioni personali dei personaggi a contatto con i luoghi che attraversano. I tre uomini misurano uno spazio composto in primo luogo dalle loro ossessioni. Il "tagliere" è una variante spaziale del male (il rifiuto di credere) che anima i perlustratori. Tarkowskij ha sempre desiderato fondere insieme spazio mentale e topografia; la sua Zona non è che una Zona interiore.
(Antoine De Beaque, 1989)
Il film che fa capire che il Cinema è Arte cristallina, probabilmente il film che mi ha più (in)segnato:
"Che si avverino i loro desideri - dice in riferimento ai due compagni di viaggio - che possano crederci e che possano ridere delle loro passioni. Infatti ciò che chiamiamo passione non è energia spirituale ma solo attrito tra l'animo e il mondo esterno; e sopratutto che possano credere in se stessi e che diventino indifesi come bambini; perchè la debolezza è potenza e la forza...è niente.
Quando l'uomo nasce è debole e duttile, quando muore è forte e rigido; così come l'albero mentre cresce è tenero e flessibile, e quando è duro e secco muore.
Rigidità e forza sono compagni della morte, debolezza e flessibilità esprimono la freschezza dell'esistenza.
Ciò che si è irrigidito non vincerà."
(dal film)
03/01/11
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