L'Atalante
di Jean Vigo (1934 FRA 89')
C'è una frase che non si ricorda bene Roberto Turigliatto, una frase probabilmente di Truffaut, oppure, chissà, di Godard. Ci piace immaginare che esista questa frase, perché non può esserci rimasta in testa dal nulla, a proposito del fatto che alla fine dell'Atalante (da cui è tratta, come spero ormai sappiate, la sigla di Fuori Orario) nella scena d'amore finale, dopo il ricongiungimento dei due amanti viaggianti, di questa famiglia nomade, di questa ipotesi di amor fou e insieme matrimoniale, quando i due si appartano (subito prima della fine, per fare l'amore), lì, fuori campo, in quel fuori campo, nasca Antoine Doinel. Antoine Doinel è il protagonista dei Quattrocento Colpi, il primo dilm di Truffaut, Jeanne Pierre Léaud. Ed è colui che poi Truffaut ha ricapitolato in quel film geniale...che è L'Amore Fugge. Ecco, questa fuga d'amore per Truffaut nasce in questo fuori campo dell'Atalante. Questo per dire che il cinema, in qualche modo, nasce sempre fuori campo...Il vortice delle macchine, faticose dure metalliche, dei sollevatori, delle gru che producono energia, che obbliga ad altri sforzi quelle altre macchine che sono gli uomini, che quindi non possono solo nuotare, galleggiare sulle nuvole, amare, credere di potere solo amare, come nell'Atalante. Questo è il dramma dell'Atalante, questo desiderio che ci sarebbe di stare solo su questa chiatta, solo sulla leggerezza dell'acqua, vivere solo in questa dimensione, davvero ultrafilmica. Abbandonata per sempre la Fabbrica Lumière che vediamo tutte le notti, vivere altrove.
(E. Ghezzi, Cose mai dette)
03/01/11
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