11/01/11

John Cassavetes

John Cassavetes
"Non ho mai visto esplodere un elicottero. Non ho mai visto nessuno che faceva saltare la testa di un altro. Dunque perché dovrei fare un film su roba simile? Ho visto invece persone che distruggevano se stesse nei più impercettibili modi. Ho visto gente tirarsi indietro, ho visto gente nascondersi dietro le idee politiche, la droga, la rivoluzione sessuale, l'ipocrisia; e io stesso ho fatto tutto questo, dunque posso capirli. Per chiunque, incluso me stesso, è difficile dire quello che davvero vuoi dire, quando quello che vuoi dire è doloroso. E' questo che manca nel genere di film commerciale dove le categorie sindacali ti mettono davanti un orologio, già pensano al prossimo lavoro e si attengono al loro buco in quella piccionaia di esistenza dove la società organizzata li ha sistemati. Molte persone non sono consapevoli di perdere i loro più intimi pensieri. Anche io li stavo perdendo, e poi improvvisamente è stato un caso, un incidente a risvegliarmi; il semplice incidente di non sentire più alcun accordo con qualcosa, con qualcosa dentro di me.
Il cinema è un'arte, un'arte bellissima. Siamo noi a essere sopraffatti dalla follia".
(John Cassavetes)
"Era assolutamente non convenzionale, voleva davvero arrivare dritto al cuore del pubblico. Non era guastato dall'idea di dover usare delle star, o di dover essere commerciale. Disprezzava la stessa idea di "recitazione professionale" o di "film ben fotografato". Diceva: "Tutti i miei film cercano di rappresentare una cosa, l'amore, la necessità dell'amore, e poi la grande quantità di complicazioni provocate dall'amore". Cassavetes rompeva le regole che disturbavano la sua personale visione del cinema. Il suo primo lavoro di regista su Shadows era un ottimo lavoro ma lui lo cambiò, perché pensava che fosse troppo "bello". Mi raccontò che un giorno un tale, un disperato, cercò di derubarlo puntandogli una pistola contro. Cassavetes cominciò a parlargli, e dopo un po' l'uomo abbassò la pistola. Cassavetes gli comprò un gelato. diventarono amici e infine lui diede a quell'uomo una parte nel suo The Killing of a Chinese Bookie. Dai suoi attori preferiti riusciva a trarre i momenti emotivi più profondi e una recitazione davvero sconvolgente. Il suo lavoro è stato e resta straordinario. Siamo stati fortunati ad avere qualcuno come lui".
(Jim Jarmush)
"John aveva un occhio meraviglioso, un meraviglioso occhio per la vita, e guardava sempre, ed era molto nervoso, molto magro e nervoso. Ma anche un ascoltatore, un ottimo ascoltatore...Parlavamo della vita. Non parlavamo mai delle cose in modo molto tecnico. Il suo linguaggio era la macchina da presa. Parlava con la macchina da presa. Era entusiasta della vita e questa era una cosa di lui che adoravo. Dal fatto più piccolo e qualsiasi poteva tirar fuori una storia. Aveva un grande umorismo. Uno stranissimo umorismo, un magnifico stranissimo umorismo. Pensava che le cose sono divertenti. Pensava che molte cose sono divertenti, il modo in cui la gente sta ferma, il modo in cui cammina, il modo in cui parla. Pensava che tutto questo fosse molto buffo e rideva sempre, quindi era un gran divertimento stare con lui. Davvero un gran divertimento".
(Anthony Quinn)
"John Cassavetes è stato il mio mentore. Gli mostrai il mio primo film Who's that knocking at my door, che gli piacque molto. Mi incoraggiò molto. Quando andai a Los Angeles abitai a casa sua, con la sua famiglia. Dopo nove mesi me ne andai per girare Boxcar Bertha, per Roger Corman. Quando tornai il primo a cui volli far vedere il mio film fu John. Lui mi abbracciò e disse "Marty, hai passato un anno a fare una puttanata". Mi sentii malissimo. "Non è un brutto film" disse John "ma tu puoi fare di meglio. Sei un ragazzo speciale. Hai un dovere da compiere. Non hai una sceneggiatura scritta da te?" Risposi che, a dir la verità, c'era una sceneggiatura a cui stavo lavorando da quattro anni. Lui la mostrò ad un suo amico, Jonathan Taplin, che decise di produrre il film. Un anno dopo stavo girando Mean Streets, il film che John aveva voluto che facessi".
(Martin Scorsese)

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