Un volto nella folla - A face in the crowd
di Elia Kazan
(1957 USA 126’)
con Andy Griffith, Patricia Neal, Anthony Franciosa,
Walter Matthau, Lee Remick, Kay Medford.
Un film sul mondo dello spettacolo e le sue collusioni con la politica, sull’industria culturale ed il suo stritolante trasformismo, sul desiderio di potere e sulla illimitata capacità di persuasione del mezzo televisivo nei confronti delle masse.
E’ la storia di un cantante girovago, scoperto da un programma radiofonico, che con l’aiuto iniziale di una giornalista diviene dapprima un cantante di successo, poi un cantastorie divertente, in seguito un testimonial pubblicitario ed infine un opinionista capace di influenzare anche le scelte politiche delle masse. La sua aria ruvida di contadino, la sua simpatia, il suo parlare spontaneo ne fanno l’idolo di milioni di spettatori televisivi. La creazione del suo programma televisivo “Il cantuccio di Solitario Rhodes” dove egli, attorniato da finti ingenui, può esprimere la sua opinione su tutto, dal prezzo dei pop corn alla bomba ad idrogeno, non può non far pensare ai giorni nostri ed ai personaggi che affollano i siparietti televisivi... Per Solitario Rhodes il pubblico è una massa di cretini, un gabbione pieno di cavie, un branco di foche ammaestrate da manipolare a suo piacimento.
Kazan ed il suo sceneggiatore Budd Schulberg (suo collaboratore anche in Fronte del porto ) avevano già capito e denunciato, molto in anticipo sui tempi, il fatto che “la politica fosse entrata in un nuovo stadio, quello televisivo dove il pubblico vuole slogan pubblicitari, barzellette e belle donne”. Si ricordi che il pericolo del rapporto seduzione-potere, che sembra connaturato al medium televisivo, non era ancora visibile alla fine degli anni ’50. Solo eventi posteriori l’avrebbero posto in piena luce tanto da consentire la realizzazione di altri film con questa tematica, quali per esempio Videodrome e Quinto Potere.
Da segnalare l’ottima prova d’attore di Andy Griffith, simpatico ed amabile all’inizio, folle ed insopportabile nel suo delirio di onnipotenza alla fine.
“Niente è più degno di fede della mente comune di un uomo comune” (Solitario Rhodes)
24/10/07
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