di Luis Buñuel & Salvador Dalì
Frisco abbatte Clash
"...è venuto il cinema e con la dinamite dei decimi di secondo ha fatto saltare questo mondo simile a un carcere: così noi siamo in grado di intraprendere, tranquillamente, avventurosi viaggi in mezzo alle sue sparse rovine..."
(Walter Benjamin)
Opera di Robert Williams
Musica di Tom Waits
cane nei sogni è un simbolo frequente legato agli istinti del sognatore che devono trovare una forma "addomesticata" per manifestarsi (sessualità aggressività). Spesso rappresenta il partner o l'amico fedele.Il cane nei sogni più di altri animali, ci metta in contatto con la natura istintiva
che siamo in grado di comprendere ed accettare.
Il cane è considerato il miglior amico dell’uomo e per questa ragione,
la paura che il sognatore nutre nei suoi confronti e che può emergere nei suoi sogni,
sarà elaborabile, riconoscibile e trasformabile come un aspetto della propria
aggressività naturale che può essere incanalato
(ad esempio rabbia o energia sessuale repressa che devono trovare uno sfogo).
Il simbolo del cane è profondo ed antico, la sua immagine traspare
in diverse figure mitologiche: dalla Dea Ecate che regna negli inferi,
al mostro Cerbero di guardia al fiume infernale dello Stige,
alle divinità egizie che accompagnavano i defunti nel passaggio all’oltretomba.
Dea Ecate
Ecate è una dea della religione greca e romana (Latino Hecata o Hecate, Greco Antico Ἑκάτη, Hekátē), ma di origine pre-indoeuropea.
Ecate era una divinità psicopompa, in grado di viaggiare liberamente tra il mondo degli uomini, quello degli Dei ed il regno dei Morti. Spesso è raffigurata con delle torce in mano, proprio per questa sua capacità di accompagnare anche i vivi nel regno dei morti (la Sibilla Cumana, a lei consacrata, traeva da Ecate la capacità di dare responsi provenienti, appunto, dagli spiriti o dagli Dei).
Dea degli incantesimi e degli spettri, Ecate è raffigurata come triplice (giovane, adulta/madre e vecchia), ed il numeroTre la rappresenta; le sue statue venivano poste negli incroci (trivi), a protezione dei viandanti (Ecate Enodia o Ecate Trioditis).
Le sue figlie erano chiamate Empuse.
Le sue origini sono poco note: Esiodo la ritiene figlia del titano Perse e di Asteria, e quindi è discendente diretta della stirpe titanica. Ma un'altra tradizione la riconosce come la figlia di Zeus e di una figlia di Eolo, chiamata Ferea.
Fu Ecate a sentire le grida disperate di Persefone, rapita da Ade presso il Lago Pergusa e portata negli Inferi, e fu sempre lei ad avvertire Demetra di quanto era accaduto.
Ecate veniva anche associata in alcuni casi ai cicli lunari, insieme ad altre divinità come Diana/Artemide, eSelene/Luna, a simboleggiare la luna calante.
Nell'iconografia Ecate viene rappresentata spesso con tre corpi o con sembianze di cane o, accompagnata da cani infernali ululanti in quanto veniva considerata protettrice dei cani. Un altro animale sacro a tale divinità era la colomba.
La natura di Ecate è bi-sessuata, in quanto possiede in sé entrambi i principi della generazione, il maschile e il femminile. Per questo motivo viene definita la fonte della vita e le viene attribuito il potere vitale su tutti gli elementi.
Hecate, Hekate (Hekátē), o Hekat fu in origine una dea delle terre selvagge e del parto proveniente dalla Tracia, o daicariani dell'Anatolia.[1] I culti popolari che la veneravano come una dea madre inserirono la sua persona nella cultura greca come Ἑκάτη. Nell'Alessandria tolemaica essa in ultima analisi ottenne le sue connotazioni di dea della stregoneria e il suo ruolo di 'Regina degli Spettri', in queste vesti fu poi trasmessa alla cultura post-rinascimentale. Oggi è vista spesso come una dea delle arti magiche e della Stregoneria. È inoltre l'equivalente della Trivia romana. Il più noto santuario dedicato ad Ecate si trova a Lagina, in Turchia sudoccidentale.
Le prime rappresentazioni di Ecate sono singole e non triplici. Lewis Richard Farnell sostiene che: La testimonianza lasciata dai monumenti sulle caratteristiche e il significato di Ecate è altrettanto ricca di quella trasmessa dalla letteratura, ma solo nel periodo più tardo essi esprimono la sua natura molteplice e mistica. Prima del quinto secolo è quasi certo che fosse spesso rappresentata come una singola forma, come ogni altra divinità, ed è così che la immaginò il poeta della Beozia, perché nulla nei suoi versi allude a una divinità dalla triplice forma. Il monumento più antico è una piccola terracotta trovata ad Atene, con una dedica a Ecate (tavola XXXVIII. a), in una scrittura tipica del sesto secolo. La dea è seduta su un trono e ha una corona attorno alla testa; non ha nessun tratto o caratteristica distintivi e l'unico valore dell'opera, che è chiaramente di un tipo comune ed è degna di menzione solo per l'iscrizione, è che prova come la forma singola fosse quella originale e che ad Atene era conosciuta prima dell'invasione persiana.[2]
Pausania sosteneva che Ecate fosse stata dipinta per la prima volta nella forma triplice dallo scultore Alcamenedurante il periodo greco classico, verso la fine del quinto secolo. Alcuni ritratti classici, come quello illustrato qui in basso, mostrano la dea in forma triplice mentre regge una torcia, una chiave e un serpente. Altri continuano a rappresentarla in forma singola. Nell'scritti esotericigreco, di derivazione egiziana, con riferimento a Ermete Trismegisto e nei papiri di magia dellaTarda Antichità è descritta come una creatura a tre teste: una di cane, una di serpente e una di cavallo. La triplicità di Ecate è espressa in una forma più ellenica, con tre corpi, mentre prende parte alla battaglia contro i titani nel vasto fregio del grande altare di Pergamo, ora a Berlino. Nell'Argolide, vicino al sacrario dei Dioscuri, Pausania, grande viaggiatore nel corso del II secolo dell'era cristiana, vide il tempio di Ecate davanti al santuario di Ilizia: L'immagine è opera di Scopas, realizzata in pietra, mentre le immagini in bronzo che si trovano davanti, che hanno come soggetto sempre Ecate, furono realizzate rispettivamente da Policleto e suo fratello Naucide, figlio di Motone. (Description of Greece ii.22.7)
Un rilievo in marmo del IV secolo d.C. di Crannone in Tessaglia recava una dedica di un proprietario di cavalli. Il rilievo mostrava Ecate, in compagnia di un cane, mentre posa un serto sul capo di una cavalla. Questa statua si trova nel British Museum, inventario n° 816. La cagna è la sua compagna e il suo equivalente animale e una delle forme più usuali di offerte era lasciare della carne ai crocicchi. A volte gli stessi cani le venivano sacrificati (un giusto accenno alle sue origini non elleniche, dato che i cani, insieme agli asini, raramente venivano tenuti in così alta considerazione negli antichi rituali greci).
William Blake, Ecate o le tre Parche, 1795, LondraCERBERO
Cèrbero nella mitologia greca era uno dei mostri che erano a guardia dell'ingresso dell'Ade, il mondo degli inferi. È un cane a tre teste, le quali simboleggiano la distruzione del passato, del presente e del futuro. Tutto il suo corpo era ricoperto, anziché di peli, di velenosissimi serpenti, che ad ogni suo latrato si rizzavano, facendo sibilare le proprie orrende lingue. Il suo compito era impedire ai vivi di entrare ed ai morti di tornare indietro. In realtà nell'antichità il "nudo suolo" era definito Cerbero (o "lupo degli dei") poiché ogni cosa seppellita pareva essere divorata in breve tempo.
Il nome di Cerbero è entrato nella lingua italiana per esprimere, per antonomasia e spessoironicamente, un guardiano arcigno e difficile da superare.
Cerbero è figlio di Tifone e di Echidna e quindi fratello dell'Idra, di Ortro e della Chimera. Cerbero è un mastino sanguinario e gigantesco che emette dalle fauci dei latrati che scoppiano come tuoni. Il suo compito era sorvegliare l'accesso dell'Ade o Averno affinché nessuno dei morti ne uscisse. Nessuno è mai riuscito a domarlo, tranne Eracle, Orfeo e ovviamente il suo padrone Ade. Il cane appare anche nel film d'animazione Disney "Hercules".Nell'ultima e più dura delle sue dodici fatiche, Eracle è costretto a combatterlo e sconfiggerlo per portarlo a Micene da Euristeo. L'eroe non lo uccide, ma dimostra di averlo sconfitto in combattimento. Dopo aver ottenuto da Ade il permesso di portarlo via (a condizione di combatterlo da solo e senza armi) Eracle lo affronta e arriva quasi a strangolarlo, lottando con lui tutto il tragitto. Dopo di che, lo riporta nell'Ade perché riprenda a farne la guardia.
In araldica, il cerbero (nome comune) è una figura immaginaria del tutto corrispondente alla sua raffigurazione mitologica: un cane tricefalo dalle gole spalancate, la coda di drago e con teste di serpente sul dorso. Talune raffigurazioni utilizzano i serpenti come chioma.
In taluni stemmi il cerbero, guardia feroce della città infernale, allude al cognome Medico, che vigila a che nessuno entri nella città dei malati. L’eventuale collare simboleggia la sottomissione del medico alla sua missione.
Nella fiaba di Amore e Psiche contenuta ne l'Asino d'oro di Apuleio, l'eroina (Psiche) è costretta a compiere un viaggio agli inferi e deve affrontare, all'entrata e all'uscita, Cerbero, che nel testo non viene chiamato per nome ma descritto come canis praegrandis, teriugo et satis amplo capite praeditus, immanis et formidabilis, tonantibus oblatrans faucibus mortuos, quibus iam nil mali potest facere, frustra territando ante ipsum limen et atra atria Proserpinae semper excubans servat vacuam Ditis domum ("un cane enorme, con una triplice testa in proporzione, gigantesco e terribile, che con fauci tonanti latra contro i morti, cui peraltro, non può fare alcun male; cercando terrorizzarli senza motivo, e standosene sempre tra la soglia e le oscure stanze di Proserpina, custodisce la vuota dimora di Dite")."L'enorme Cerbero col suo latrato da tre fauci rintrona questi regni giacendo immane davanti all'antro. La veggente, vedendo ormai i suoi tre colli diventare irti di serpenti gli getta una focaccia soporosa con miele ed erbe affatturate. Quello, spalancando con fame rabbiosa le tre gole l'afferra e sdraiato per terra illanguidisce l'immane dorso e smisurato si stende in tutto l'antro. Enea sorpassa l'entrata essendo il custode sommerso nel sonno profondo"......(Eneide)
La figura mitologica di Cérbero è presente anche nella Divina Commedia di Dante Alighieri, dove esso vigila l'accesso al terzo cerchio dell'Inferno (Divina Commedia), quello di coloro che peccarono di incontinenza riguardo alla gola. Nella rappresentazione dantesca la figura di questo mostro mitologico si fonde con l'ideologia del fantastico di stampo medievale, in cui prevalgono significati simbolici; ne viene fuori una figura nuova, i cui particolari realistici danno una straordinaria vivacità. Viene presentato attraverso tre apposizioni "fiera", "vermo" e "demonio", secondo una lettura classica, fantastica e religiosa. Gli vengono anche attribuite caratteristiche umane, traslitterando parti del corpo bestiale tra cui la barba, le mani e le facce. Viene descritto con gli occhi vermigli per l'avidità, con il ventre largo per la voracità e con le zampe artigliate per afferrare il cibo. Le interpretazioni allegoriche di questo personaggio (delle sue teste) nella Commedia sono due: le tre teste indicherebbero i tre modi del vizio di gola: secondo qualità, secondo quantità, secondo continuo (cioè mangiare in continuazione senza preoccuparsi né della qualità né della quantità); le teste sarebbero il simbolo delle lotte intestine fra fazioni appartenenti a una stessa città,oppure perché vigila nel 3 cerchio.
Il cane è un animale “psicopompo”, rappresenta l’entità
che accompagna le anime durante il loro viaggio nell’aldilà.
L’energia del simbolo, muove allora in una direzione più legata allo spirito,
al sostegno spirituale o psicologico.
Ma il cane, è legato anche alla “parte animale”
presente in ognuno di noi, rappresenta
gli istinti che possono presentarsi “addomesticati”,
parzialmente integrati, o già accettati già nella sfera d’azione del sognatore.
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