Marzo Cinema 2012 Scaglie
Domenica 4 Marzo ore 21.30
Drive
di Nicolas Winding Refn (2011 USA 100’)
Stuntman part time, meccanico di giorno e autista per rapine di notte; un uomo (Ryan Gosling) di poche parole e parecchio sangue freddo al volante è il protagonista di “Drive” (dall’omonimo noir di James Sallis), nona pellicola del quarantenne danese Nicolas Winding Refn, che ha conquistato il Premio per la Miglior Regia al 64° Festival di Cannes.
Ambientato nella multietnica Los Angeles, il film parte spingendo a tavoletta con la lunga sequenza prima dei titoli di testa di un furto-fuga-inseguimento, scanditi da musiche synth martellanti targate Chromatics (album “Night Drive”, ndr) dove il sobrio conducente avvolto nel suo bomber feticcio tiene a bada la tensione con il rombo del propulsore in uno degli incipit cinematografici più adrenalinici degli ultimi anni. Per il guidatore taciturno sembra aprirsi un futuro da pilota grazie a Shannon e all’investimento di una coppia di criminali, ma prima di iniziare a calcare i circuiti si invaghisce della dolce vicina di casa Irene. Il Driver senza nome è freddo e solitario, ma ben presto si lega alla donna, e per aiutare suo marito Standard, appena uscito di galera, finisce in una brutta situazione che scatena il suo vigore cruento in un crescendo di violenza, esplosa fragorosamente nelle scene del motel e dell’ascensore - dove ancora una volta Refn lavora persuadendo con l’ausilio del suono, lasciando solo immaginare al pubblico la ferocia assassina. Proprio la doppia personalità rappresenta l’aspetto più interessante dell’uomo; fa emergere il contrasto tra il quieto ragazzo che si sporca le mani in officina per pochi dollari e la furia nervosa di uno psicopatico che in alcuni momenti non sfigurerebbe al cospetto dello schizzato protagonista di “Taxi Driver”. Il regista sembra voler tratteggiare il profilo di un nuovo supereroe metropolitano, un oscuro giustiziere buono che invece del mantello indossa come in un rituale guanti da guida e giubbotto con stampato uno scorpione. Animale amante degli angoli bui e predatore di topi (di fogna), dettaglio iconografico su cui indugiano allusivamente le inquadrature.
Riprese dinamiche che proiettano emotivamente lo spettatore dentro la storia e lo deliziano con angolazioni che vanno a creare sorprendenti composizioni visive e con altri brillanti movimenti di macchina, oltre all’uso quasi straniante del montaggio ritmico e del ralenti a modellare un linguaggio filmico poderoso e in sincrono con le trascinanti musiche di Cliff Martinez.
Gosling/Driver, stunt di se stesso (emblamatico il momento in cui indossa per la seconda volta la maschera), è impassibile nella sua faccia imbalsamata da giocatore di poker; di rado regala un sorriso e si esprime attraverso codici non verbali. La forza universale del film sta nel suo essere contemporaneo, nella capacità del regista di offrire un trattamento coinvolgente (le panoramiche sullo sfondo tentacolare di LA, l’uso puntuale della colonna sonora, il graphic design dei titoli), nel rivisitare con personalità l’ordinario script di partenza facendone un piccolo, cupo manifesto urbano di ultima generazione (riadattata da ondacinema NicolaDIFRANCESCO grazie).
Domenica 11 Marzo ore 21.30
Napoli, Napoli, Napoli
Napoli, Napoli, Napoli
di Abel Ferrara (2010 ITA 102’)
“Il Film Nasce dal mio cuore, dal mio sangue. Si chiama Napoli Napoli Napoli, ma potrebbe essere New York New York New York”. È un ritratto in chiaroscuro della città partenopea, un viaggio attraverso personaggi e ambienti che raccontano la complessa varietà di questa metropoli del sud. Girato come un documentario e intersecato da episodi di finzione, il film spazia dalle anguste celle del carcere femminile di Pozzuoli, dai vicoli dei Quartieri Spagnoli, dalle vele di Scampia, ai belvedere cittadini e al suggestivo parco del Vesuvio. A guidare Ferrara in un viaggio tra luci e ombre Gaetano Di Vaio conoscitore dei mali di questa grande capitale del sud. Giovani attori napoletani che interpretano se stessi e l’ambiente in cui sono cresciuti. Salvatore Ruocco, ex pugile che abbandona il ring e gli incontri clandestini per gridare la sua rabbia in teatro, e poi sui set di Gomorra e di Napoli, Napoli, Napoli. Il film scritto assieme a Maurizio Bracci, sceneggiatore gia di “Gomorra” Giuseppe Lanzetta, Gaetano di Vaio , Mariagrazia Capaldo e da lui. Il regista di Il cattivo tenente ha espresso il suo desiderio di tornare a girare in Italia, in quel sud che ha scelto di ritrarre con passione e affiancare a quel Bronx in cui è nato e cresciuto (da dillinger.it grazie)
Domenica 18 Marzo ore 21.30
Antonio das Mortes
Antonio das Mortes
di Glauber Rocha (1968 BRA 106’)
In un villaggio del sertao, la zona desertica povera ed esplosiva del nord-est brasiliano, una banda di contadini affamati si ribella al padrone. Antonio das Mortes, sterminatore di cangaçeiros (fuorilegge del Nordeste brasiliano, paragonabili – per il favore popolare che li circondava – ai nostri briganti calabresi e sardi) al servizio dei ricchi e potenti, incontra Donna Santa che gli fa capire chi sono i veri nemici e lo converte alla causa della rivolta contro l’oppressione e lo sfruttamento. 4° film di G. Rocha, geniale e visionario esponente del “cinema nôvo” brasiliano, il 1° a colori e l’ultimo che girò in patria prima dell’esilio. In altalena tra realismo e simbolismo, è un film epico di limpido contenuto politico in cui le accensioni tropicaliste e le contaminazioni fantastiche o metaforiche s’iscrivono nell’ossessione rochana di “scompaginare quel che è ordinato”. Premio della regia a Cannes. Edizione italiana oltraggiosamente deformata, con taglio di 12 minuti, spostamento arbitrario di alcune musiche e alterazione del colore. Il sicario Antonio das Mortes, nera incarnazione dello spirito rivoluzionario, avanza senza pietà destreggiandosi tra le subdole maschere del potere. Rocha fa del suo film la manifestazione immediata e viscerale della forza e della disperazione di un popolo. Un cinema di scioccante istintività, tutto “di pancia”, e nello stesso tempo con una visione della Storia di impressionante lucidità e lungimiranza (da corriere.it e ecn.org grazie)
Domenica 25 Marzo ore 21.30
Di tomba in tomba - Odgrobadogroba
Di tomba in tomba - Odgrobadogroba
di Jan Cvitkovic (2005 Croazia/slovenia 103’)
La storia di Pero, un oratore funebre professionista che si guadagna da vivere commemorando i defunti del suo paese. Intorno a lui la sua famiglia e i suoi amici, il padre depresso per la sepoltura della moglie e l’amico del cuore, e quasi collega, becchino del paese. Si intuisce che l’intenzione del regista è quella di creare un film assolutamente intimo, famigliare, e insieme remoto. Molti personaggi mescolano i propri sentimenti e i propri desideri, tentano di conquistarsi un equilibrio possibile. Il titolo che pare uno scioglilingua significa «di tomba in tomba», il sottotitolo suona «tutti vogliono andare in paradiso ma nessuno vuole andarci per primo», il film è stato premiato come il migliore alla 23ª edizione del Torino Film Festival con questa motivazione: «Perché ti fa sorridere, gioca con la morte, poi ti pugnala».
La professione del protagonista è profondamente eccentrica: «oratore funebre professionista» che si guadagna da vivere commemorando i defunti del suo paese. Nella grande casa di famiglia si intrecciano amori e matrimoni sbagliati, tentativi di conquistare il grande amore, sforzi per salvare il padre dal desiderio di morire.
Eppure, nonostante una così costante presenza della morte, a trionfare è sempre la grande, sfrenata vitalità slava, il desiderio di vivere. Dice il regista: «La sola cosa che vorrei ottenere è che, guardando il film, qualcuno si riconosca nella sua intimità e la viva come propria». Fantasia, intuizioni, musiche si mescolano in un impasto vitale e assai appassionante.
Dagli ambienti colorati della provincia montuosa slovena, un affresco vivido e realistico sull’approccio alla vita e alla morte di una comunità di personaggi dalle relazioni strettissime. Odgrobadogroba è una storia che non risparmia nulla al proprio spettatore, che ride di gusto e piange di amarezza, rabbia e dispiacere. Rappresenta con una immediatezza quasi invidiabile un universo di sentimenti veritieri, in una naturale alternanza di gioia e dolore della vita, così come si alternano le vicende tra momenti forti e altri di carente efficacia. Un’imperfezione, tuttavia, più che giustificabile data la formazione non prettamente cinefila del regista e questa certa urgenza di comunicare con ottimismo, che si percepisce tra le maglie delle vicende. Realismo e dovizia di particolari combattono con tinte grottesche e sopra le righe, che spingono i personaggi a volte a scollarsi completamente dal vissuto. È la prova che la vita si può vivere anche in modo del tutto personale, proprio come fa Ida, che malgrado le drammatiche vicende che la coinvolgono, e al di là della sua menomazione (è sordomuta), pare essere la più felice tra tutti: poiché sa gustare la semplicità degli avvenimenti, la sincerità delle relazioni umane, l’importanza della rinascita dopo il momento brutto.
L’impatto di un film di tale spessore tematico può essere anche molto forte, ma Jan Cvitkovic da un lato sdrammatizza abilmente la morte e tutto il suo contesto, regalando un positivo incentivo alla vita e al sorriso; dall’altro utilizza il grottesco e lo stravagante come strumenti narrativamente inusuali per una profonda riflessione sul reale e sulla contemporaneità slovena.
Un film violento, coloratissimo, popolato di amicizie e di amori, di fiori e di oggetti, carichi di un vigore semantico eccezionale. In Odgrobadogroba dalle sofferenze, dalle sfide quotidiane e dalla rabbia feroce, rinascono felicità, vino, musica e sollievo.
In fondo, neanche alla felicità c’è scampo se la si apprezza nella sua essenza.
(da La Stampa e Mymovies grazie)
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