30/01/08
Febbraio al Clan Destino
Domenica 3 ore 21.30
Blast of Silence
di Allen Baron (1961 USA 77’)
Frank Bono è un killer di professione: mandato, sotto Natale, dai suoi committenti a New York per uccidere il temibile capo di una banda di gangster. Frank, per eseguire il lavoro, acquista dal losco Ralph una pistola con silenziatore, con cui spietatamente elimina il medesimo...ma Frank sta affrontando una profonda crisi esistenziale a causa della lacerante solitudine che lo circonda. Porterà a termine il sofferto contratto, ma un destino beffardo lo accompagnerà. Interpretato, diretto e sceneggiato da Allen Baron è un noir indipendente, visionario e ammaliante, che si è creato nel tempo un notevole seguito tra i dedali dell’universo B-movie, influenzando sottilmente le opere successive di Martin Scorsese, Abel Ferrara e Jean Pierre Melville tra gli altri.
Martedì 5 ore 21.30
Le mele di Adamo
di Anders Thomas Jensen (2005 DAN/GER 94’)
Nerissima commedia a sfondo sociale con protagonisti un prete irriducibile alla ricerca della verità nella fede, ma bersagliato da una vita stracolma di innumerevoli disgrazie, e un truce neonazista inviato controvoglia in una comunità di recupero per malati psichiatrici. In mezzo un’enigmatica torta di mele. Lo scontro tra il Bene e il Male visto da una prospettiva particolare, in questo esilarante, surreale, sorprendente film, folgorante opera di un geniaccio del cinema contemporaneo.
Domenica 10 ore 21.30
Il coltello nell’acqua
di Roman Polanski (1962 POL 94’)
Un maturo giornalista e la sua giovane moglie, in viaggio per passare un week-end in barca, raccolgono un giovane autostoppista incontrato per caso. La presenza dell’estraneo porta il rapporto dei due coniugi a implodere. Analisi impietosa sul matrimonio borghese incancrenito tra l’abitudine e i comforts e messo in crisi dal balenare dell’inquietudine giovanile, svolta da Polanski al suo esordio con la perizia di un fine entomologo. Tra filosofia esistenziale e tragedia classica un’opera apocalittica quasi interamente girata lungo le gelide acque del lago di Masuria.
Martedì 12 ore 21.30
Dealer
di Benedek Fliegauf (2004 UNG 130’)
Gemma preziosa e sconvolgente, "Dealer" è un excursus sulla vita e i bizzarri incontri di uno spacciatore, vero e proprio moderno angelo dannato sulla terra, ed insieme una denuncia implacabile ed annicchilente sul potere annullante della droga. Ritratta è la sofferenza e la disperazione estreme di un'umanità, tesa alla ricerca di una fuga impossibile e ridotta ad uno stadio larvale dalla dipendenza dalle sostanze. Ciò che colpisce del film è l'atmosfera ipnotica e apocalittica che pervade la pellicola e rimane incuneata nella mente per diversi giorni dopo la visione, con un affascinante finale intriso di struggente poesia tragica. Lo stile di regia è elegantissimo, fatto di lenti movimenti di macchina circolari, che vanno ad avvolgere e quasi accarezzare i personaggi. Anche il lavoro sulle musiche, costituite da un evocativo intreccio di electro-noise contemporaneo, è straordinario e contribuisce non poco a fare di questo film uno di quelli imperdibili dell'ultimo decennio.
Domenica 17 ore 21.30
Taxidermia
di Gyorgy Palfi (2006 UNG/Austria/FRA 91’)
Bizzarra e urticante cavalcata attraverso tre generazioni di una famiglia dell'est europeo. La pervicace volontà del regista è rivolta all'esclusiva esplorazione della fisicità dei suoi personaggi, in una virulenta immersione nei loro corpi pulsionali ed istintivi, tempestati durante la visione da ogni genere di fluido biologico. Il film è suddiviso in tre episodi, tratti liberamente da racconti di Lajos Parti Nagy incentrati su sesso, cibo e morte. Il film è un assalto frontale ai sensi dello spettatore, una visionaria rappresentazione dell'apocalisse del genere umano, comunque mai fine a sé stessa, che il regista provocatoriamente imbastisce partendo dalle scorie e dai tabù della società contemporanea, drammaticamente priva d'amore e affetto, perseguendo con millimetrica precisione l'annichilimento di ogni fonte di consolazione, sollievo e speranza per l'attonito spettatore. Ciò che colpisce è anche l'estrema eleganza della messinscena e la splendida padronanza nell'uso della macchina da presa, capace di regalarci splendidi piani sequenza e abbaglianti inquadrature. Cinema spietato, indigesto e crudele, assolutamente non riconciliato, ma al tempo stesso poetico e profondamente toccante, un vero volo iperbolico nel girone infernale del mondo, degno erede delle sempiterne opere di Arrabal, Jodorowsky e Makavejev.
Martedì 19 ore 21.30
Naboer
di Pal Sletaune (2005 DAN/SVE/NOR 75’)
Un uomo viene lasciato dalla propria donna e cade in un profondo sconforto finché non conosce due vicine di casa, che precedentemente non aveva mai notato...ma qualcosa non torna...una delle due è perversamente seducente, mentre l’altra è sfuggente e misteriosa...viaggio al termine della notte in una mente deragliata per uno dei film più affascinanti e sconvolgenti degli ultimi anni, inedito in Italia.
Domenica 24 ore 21.30
Fango sulle stelle
di Elia Kazan (1960 USA 110’)
Riesumiamo questo classico del cinema americano, intriso di poesia e dolente umanesimo, da uno degli autori più acuti e colpevolmente trascurati dalla critica internazionale a causa del suo tradimento risalente al periodo maccartista. Nel 1996 Kazan, al momento del ritiro dell’Orso d’Oro alla carriera al Festival di Berlino, ebbe la forza di dichiarare “Sono stato membro del partito comunista per un anno e mezzo. Non mi è piaciuto ciò che ho visto in quel periodo, e ho deciso di dire ciò che pensavo. Ero d’accordo con certe cose, ma non con i metodi. Come iscritto al partito, volevo cambiare l’America, renderla migliore: ho lasciato il partito perché, ripeto, non ne condividevo i metodi, ma quell’idea di fondo mi è rimasta. Amo l’America”.
Martedì 26 ore 21.30
The Green Butchers
di Anders Thomas Jensen (2003 DAN 95’)
Altra commedia sorprendente, inedita in Italia, incentrata sulle insolite avventure di due macellai sui generis che si ritrovano, con soddisfazione della clientela, a vendere carne umana. Il regista, che è uno dei talenti più cristallini emersi nell’asfittico panorama cinematografico internazionale contemporaneo, è stato lo sceneggiatore anche di “Mifune” (1998), “Il re è vivo” (2001), del capolavoro “Open Hearts” (2002) e del fiammeggiante “Non desiderare la donna d'altri” (2004) di Susanne Bier. Ha inoltre diretto anche il notevole “Flickering Lights” (2000), ancora inedito in Italia.
Un'Opera d'Arte Deve Colpire
di Yann Piquer & Jean-Marie Maddeddu
scaglia tratta dal film Adrénaline (1990)
29/01/08
28/01/08
27/01/08
Bascka
(Goethe)
Non è il caso di Bascka...
E' ufficiale e con estrema gioia annuncio che Bascka ha detto sì!
E posterà su varie amalgame...Gloria e Vita a Bascka!
Shake it up
Divine (1983)
Psicotronico oltre l'infinito: Divine alle prese con Lobstora!
http://www.youtube.com/watch?v=RWmbwJ_iyzc
Figli di papà
il PCI andava fatta nella prima metà
del decennio passato. Siete in ritardo, figli.
E non ha nessuna importanza se allora non eravate ancora nati...
Adesso i giornalisti di tutto il mondo
(compresi quelli delle televisioni)
vi leccano (come credo ancora si dica nel linguaggio
delle Università) il culo. Io no, amici.
Avete facce di figli di papà.
Buona razza non mente.
Avete lo stesso occhio cattivo.
Siete paurosi, incerti, disperati
(benissimo) ma sapete anche come essere
prepotenti, ricattatori e sicuri:
prerogative piccoloborghesi, amici.
Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte
coi poliziotti,
io simpatizzavo coi poliziotti!
Perché i poliziotti sono figli di poveri.
Vengono da periferie, contadine o urbane che siano.
Quanto a me, conosco assai bene
il loro modo di esser stati bambini e ragazzi,
le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui,
a causa della miseria, che non dà autorità.
La madre incallita come un facchino, o tenera,
per qualche malattia, come un uccellino;
i tanti fratelli, la casupola
tra gli orti con la salvia rossa (in terreni
altrui, lottizzati); i bassi
sulle cloache; o gli appartamenti nei grandi
caseggiati popolari, ecc. ecc.
E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci,
con quella stoffa ruvida che puzza di rancio,
fureria e popolo. Peggio di tutto, naturalmente,
è lo stato psicologico cui sono ridotti
(per una quarantina di mille lire al mese):
senza più sorriso,
senza più amicizia col mondo,
separati,
esclusi (in una esclusione che non ha uguali);
umiliati dalla perdita della qualità di uomini
per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare).
Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care.
Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia.
Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete!
I ragazzi poliziotti che voi per sacro teppismo
(di eletta tradizione risorgimentale)
di figli di papà, avete bastonato,
appartengono all’altra classe sociale.
A Valle Giulia, ieri, si è cosi avuto un frammento
di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte
della ragione) eravate i ricchi,
mentre i poliziotti (che erano dalla parte
del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque,
la vostra! In questi casi,
ai poliziotti si danno i fiori, amici...
(Pier Paolo Pasolini, 1968)
26/01/08
Visioni al Multiplex
25/01/08
24/01/08
Fase IV: Distruzione Terra
di Saul Bass (1974 USA 86')
con Ants (!), Nigel Davenport, Michael Murphy,
Lynne Frederick, Alan Gifford, Helen Horton
Un'arcana congiunzione astrale determina il sovvertimento dei tradizionali equilibri millenari all'interno di una moltitudine di colonie di formiche in una sperduta zona dell'Arizona. Qualcosa, probabilmente di origine aliena, ha provocato un cambiamento nelle abitudini delle formiche, ora in grado di cooperare tra specie diverse, organizzandosi con incredibile abilità, riuscendo a neutralizzare e divorare i tradizionali predatori, quali le tarantole e le mantidi religiose, arrivando perfino ad attaccare gli esseri umani. L'Istituto Nazionale Americano di Ricerca invia sul posto due scienziati per studiare lo strano fenomeno, fornendoli della strumentazione necessaria ad impiantare una base simil-spaziale, mirabilmente dotata di apparecchiature all'avanguardia, mentre la zona interessata dal cataclisma viene prudentemente evacuata. Le formiche sembrano riuscire a comunicare tra loro attraverso un linguaggio articolato e complesso, operando con straordinaria astuzia e ingegnosità, come guidate da un'intelligenza superiore, identificata da uno dei due scienziati nella nascosta Regina Madre. Inoltre queste formiche, all'apparenza identiche alle abituali, riescono a produrre degli inquietanti formicai simili a menhir, ancestrali e minacciosi megaliti monolitici disposti a formare quasi un tempio oscuro, echeggiante le visioni di Stonehenge. Altra loro capacità misteriosa e conturbante è quella di modellare nel grano figure geometriche perfette, gli ermetici crop circle, in cui le piante di grano vengono miracolosamente piegate delicatamente, tutte nella stessa direzione e mai spezzate.
Le capacità di adattamento, abnegazione e tattica guerresca di queste formiche sono evolute ai massimi livelli e permettono loro di escogitare soluzioni neutralizzanti per i deflagranti attacchi portati dai due scienziati basati su veleni devastanti e su evolute tecniche di trasmissione acustica, atte teoricamente a far impazzire i processi sensoriali delle formiche. Anzi le formiche si portano decise al contrattacco, costruendo un cerchio di piramidi a specchio in grado di riflettere la luce solare sulla base spaziale, facendo così salire la temperatura a livelli capaci di disinnescare il funzionamento dei temibili computer terrestri.
La fase IV del titolo è quella in cui le formiche avranno acquisito il controllo totale del pianeta, ma per farlo hanno bisogno di uno stratagemma, che vediamo nell'enigmatico finale aperto, che suggella alla perfezione la pellicola, cogliendo il mistero e donandole la complessità di un testo di filosofia metafisica.
E' il primo e unico lungometraggio di Saul Bass, celebre grafico, osannato per i suoi affascinanti titoli di testa di film epocali come "L'uomo dal braccio d'oro" e "Anatomia di un omicidio", ma anche autore dell'indimenticabile sequenza di apertura di "Vertigo" di Hitchcock e ideatore e regista della seminale sequenza sotto la doccia di "Psycho". Il film è tratto da un romanzo di Barry Malzberg ed è tuttora sconosciuto ai più, disperso inspiegabilmente in un limbo di oscurità. Costò al regista, che lo produsse e ne curò anche la distribuzione, i sudati risparmi di una vita e il flop commerciale riscontrato al botteghino causò il suo definitivo abbandono del cinema in veste di autore, se si eccettuano alcuni successivi cortometraggi. Ciò che permea la pellicola di un'aura metafisica e apocalittica sono soprattutto le ipnotiche e suggestive riprese documentaristiche di Ken Middleham, all'interno dei lisergici cunicoli dei formicai, che riescono a rendere le più sottili sfacettature del comportamento risoluto ed efficace delle formiche, ma anche a farci balenare davanti agli occhi la loro psicologia più intima, ben servite da musiche straordinariamente evocative ad opera di Brian Gascoigne e Stomu Yamashita.
Poco importa se i dialoghi e la recitazione dei protagonisti in alcune parti sono claudicanti...un'umanità sull'orlo dell'estinzione non può certo produrre dialoghi illuminanti! Le formiche, o più in generale gli insetti, sopravviveranno al genere umano, questo è poco, ma sicuro...
20/01/08
S'i fosse fuoco
S'i fosse fuoco, arderei 'l mondo;
s'i fosse vento, lo tempestarei;
s'i fosse acqua, i' l'annegherei;
s'i fosse Dio, mandereil' en profondo;
s'i fosse papa, allor serei giocondo,
ché tutti cristiani imbrigarei;
s'i fosse 'mperator, ben lo farei;
a tutti tagliarei lo capo a tondo.
S'i fosse morte, andarei a mi' padre;
s'i fosse vita, non starei con lui;
similemente faria da mi' madre.
Si fosse Cecco com'i' sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
le zoppe e vecchie lasserei altrui.
(Cecco Angiolieri)
La Triste Scomparsa del Cinema Ceco
Anche se per fortuna nel filmato c'è un errore, poiché Dusan Makaveyev e Dusan Vukotic, due tra i registi dei film rappresentati, non sono cechi, il secondo però è morto...una speranza, seppur flebile, rimane...
19/01/08
The Cameraman's Revenge
di Wladyslaw Starewicz (1912 Russia 12')
musiche di Gary Lucas
http://pagesperso-orange.fr/ls/tsommair.htm
18/01/08
Ogni opera d'arte è apocalittica
Ogni opera d'arte rappresenta in modo soggettivo un aspetto soggettivo della realtà. Compito della società è di scoprire la propria realtà nell'opera d'arte.
La realtà di una società è la struttura politica in cui essa vive. Ogni struttura politica si può rappresentare da due prospettive diverse: quella dei potenti e quella di chi non ha potere.
La paura dei potenti nei confronti dell'opera d'arte è duplice: temono che chi non ha potere scopra in essa i suoi dominatori, o che in essa si scopra come dominatore.
Ogni opera d'arte può essere politicamente efficace: può trasformarsi in una metafora politica. Se un'opera d'arte viene recepita come metafora politica, è equiparata, per chi così la intende, alla realtà politica.
Se e come un'opera d'arte abbia efficacia politica, dipende dalla società.
Se e come un'opera d'arte abbia efficacia politica, non è prevedibile.
Quanto meno intenzionalmente un'opera d'arte si carichi di significati politici, tanto più è forte la sua efficacia a livello politico.
Arte intenzionalmente politica diventa molto facilmente inefficace a livello politico.
Un grido non è una poesia.
Per ogni opera d'arte è necessaria una distanza dai propri contenuti.
Se il contenuto è rivolta, la distanza è pacificazione. Se il contenuto è pacificazione, la distanza è rivolta.
Se il contenuto è dolore, la distanza è consolazione. Se il contenuto è consolazione, la distanza è dolore.
Se il contenuto è disperazione, la distanza è felicità. La disperazione non conosce distanza.
Non esiste un'opera d'arte disperata. La distanza è resa possibile dall'umorismo. L'umorismo è la maschera della saggezza. Senza maschera la saggezza è inesorabile.
L'umorismo rende tollerabile l'inesorabilità.
L'inesorabilità intollerabile non é saggia. Per l'arte esistono soltanto gli uomini. Per la politica esiste soltanto l'umanità. Solo gli uomini possono essere felici. Il fine della politica può essere solo qualcosa di ovvio, mai la felicità.
Chi cerca la felicità in politica, vuole dominare. Per fare in modo che le condizioni di vita dell'umanità siano com'é ovvio che dovrebbero essere, è ipotizzabile il ricorso a una scienza. Un'ideologia non è una scienza.
L'ovvietà è la struttura più ragionevole nella quale gli uomini dovrebbero convivere.
Due strutture sono scientificamente ipotizzabili: una determinata da leggi di Natura, l'altra da regole. La scelta dell'una o dell'altra struttura dipende dal livello di razionalità degli uomini. Più l'uomo è irrazionale, più tende verso le leggi di natura. Gli uomini tendono ad accettare piuttosto una struttura basata sulla legge naturale. Le catastrofi diventano sempre più immani, i delitti sempre più spaventosi e le leggi sempre più draconiane.
Nessuno dei due sistemi garantisce agli uomini la felicità. Chi elimina le ideologie, elimina i pretesti all'uso della violenza. La violenza non elimina la violenza, nel migliore dei casi ne sostituisce una con un'altra.
La politica permette prognosi dubbie. Ottimismo e pessimismo sono prognosi dubbie. Un'opera d'arte non conosce prognosi dubbie.
Dove l'uomo è tutt'uno con l'umanità: nell'unica prognosi certa: nella Morte.
Ogni opera d'arte è apocalittica.
(Friedrich Durrenmatt)
17/01/08
Conoscete il suo nome?
(Friedrich Holderlin)
Suono le campane
(Pablo Picasso)
16/01/08
Last Blues
15/01/08
The Unending Gift
Adesso, nel New England, so che è morto. Ho sentito, come
altre volte, la tristezza di capire che siamo
come un sogno. Ho pensato all'uomo e al quadro perduti.
(Soltanto gli Dei possono promettere, perché sono immortali.)
Ho pensato al luogo prestabilito che la tela non occuperà.
Poi ho pensato: se la tela fosse lì, diverrebbe con il tempo
quella cosa in più, una cosa, una delle vanità o
abitudini della mia casa; adesso è illimitata, incessante,
capace di qualunque forma e di qualunque colore e
non legata a nessuno.
Essa esiste in qualche modo. Vivrà e crescerà come una
musica, e rimarrà con me fino alla fine. Grazie,
Jorge Larco*.
(Anche gli uomini possono promettere, perché nella promessa
c'è qualcosa di immortale.)
(Jorge Luis Borges)
* il nome del pittore morto
12/01/08
La promessa dell'assassino
di David Cronenberg (2007 UK/Canada/USA 100')
con Viggo Mortensen, Armin Mueller-Stahl, Vincent Cassel, Naomi Watts, Jerzy Skolimowski
Ancora non è cessata la vertigine che mi accompagna dalla calamitante visione di "Eastern Promises"...il film lapidario, pulsante e terso, quasi penetra sotto la pelle dello spettatore, annidandosi così nel suo intimo più profondo, fino a mutarne lentamente, dall'interno, alcuni tratti distintivi, arrivando a potenziare un indubitabile preesistente sfumato disagio esistenziale...Cronenberg, dietro le parvenze di un body-horror sulla fragilità dell'identità personale o di un avvincente thriller sulla mafia russa, ci mostra in realtà i meccanismi più sordidi e occulti della società contemporanea, dove, dietro la linda apparenza dell'opulenza e del potere, spesso si celano ipocritamente le più torve e agghiaccianti nefandezze. Illuminante in tal senso è il personaggio di Semyon, spaventosamente interpretato da Armin Mueller-Stahl, affabile padrone del placido e lussuoso ristorante russo e contemporaneamente allucinante capo dei "Vory V Zakone", che ci mostra paurosamente come il male sia ormai così sottilmente infiltrato e perfettamente mimetizzato tra le maglie della nostra società occidentale da risultare pressoché invisibile.
Cronenberg pervade il film di una continua, ambigua e vibrante, tensione erotica e crea con Nikolai (il personaggio interpretato da Viggo Mortensen) un'icona apocalittica, dal corpo integralmente tatuato con simboli rievocanti il suo percorso criminale, che colpisce l'immaginario cinefilo collettivo alla pari del sempiterno Snake Plissken (o Iena Plissken, all'italiana...).
La sequenza della sauna, girata da Cronenberg con una padronanza assoluta degli spazi e dei corpi e con una secchezza praticamente chirurgica, odora letteralmente di sudore, carne e sangue ed entra di diritto ed all'istante nel pantheon delle scene in celluloide che non si dimenticano. Cronenberg nel rappresentare la violenza non lascia alcuna scappatoia allo spettattore, che si trova così compenetrato da immagini il cui grado di realtà è totale e dove sente concretamente e fisicamente su di sé l'elasticità e deformabilità dei muscoli, dei tendini e delle ossa dei personaggi sullo schermo.
La scena del rapporto sessuale obbligato tra Nikolai e una prostituta, sotto gli occhi dell'instabile Kirill (interpretato dal grande Vincent Cassel), rimanda alla fulminante durezza, impregnata di umana disperazione, dei gelidi amplessi raffigurati nelle opere di Francis Bacon.
Come sempre nel cinema di Cronenberg le identità dei personaggi vacillano e mutano, andando a far crollare le stolide certezze dello spettatore medio (incredibilmente i suoi film continuano ad essere proiettati nei multiplex).
Ma nel film non manca una scintilla di speranza, data sia dalla bambina perduta e salvata, che dal personaggio di Naomi Watts, caparbia virago capace di sfidare e affrontare apertamente il male, anche a rischio di perdere tutto...anche perchè forse l'essere umano è naturalmente connaturato al male, mentre il bene non è altro che una sacrosanta imposizione razionale successiva.
Nella pellicola tutto è esemplare, dalla fotografia al montaggio, dalle musiche alle scenografie sia degli interni che degli esterni (una spettrale Londra, notturna e pulsante). Il finale, irrisolto e tragicamente sereno, è il suggello alla perfezione.
Cronenberg continua ad essere uno dei più grandi artisti contemporanei, che persegue con coerenza e selvaggia inventiva la sua virulenta visione del mondo, mutando continuamente ma rimanendo uguale a sé stesso, senza mai cedere alcunché in stile e perseguendo irriducibilmente il verbo della Nuova Carne e ...comunque merita di essere visto in originale con sottotitoli (ma è un'ovvia banalità).
"Il cardine di tutta la vita umana è qui: sapere chi si vuole essere.
Poco conta chi tu sia, l'importante è che tu sappia chi vuoi essere"
(Miguel de Unamuno - Commento alla vita di Don Chisciotte)
11/01/08
08/01/08
Lisa Bufano
Un sentito omaggio ad una delle più stupefacenti artiste dei nostri tempi, Lisa Bufano danzatrice proteiforme che ha avuto la forza e la pazienza di sopportare il peso di un arcano destino avverso, che all’età di 21 anni le ha provocato la perdita di parte delle gambe e delle dita delle mani a causa di una terribile infezione batterica. L’artista, dotata di uno spirito straordinario e di coraggio incommensurabile, si è dedicata alla ricerca sulle capacità di espressione umana, nonostante la menomazione, ed ha raggiunto livelli incredibili di intensità, grazia e bellezza attraverso la danza, aiutandosi con i materiali protesici più disparati quali lame in fibra di carbonio, accese protesi aracneiformi, eccentriche assi di metallo...
Vederla danzare è toccare l’incanto della creazione degli esseri umani...
“Lisa Bufano è un portento...un'“artista biomeccanica multiforme”...lascia senza fiato e invito chiunque ad andarla a vedere su youtube. Ha studiato animazione e scultura presso la scuola del Museo di Belle Arti di Boston e poi ha iniziato la sua carriera poliedrica. L’abbattimento di frontiere tecnologiche aggiunto ad una straordinaria capacità sportiva e artistica le hanno permesso di sbizzarrirsi su di sé, cambiando forma, gambe, mani, plasmandosi a suo piacimento. Di limiti non ne ha nessuno: balla la samba su assi di metallo; cammina su strani trampoli; corre e salta su lame in fibra di carbonio; si muove sinuosa come un ragno grazie a raffinate e creative protesi rosse...Lei è un’innovazione, è il futuro. "
(Ilaria De Paolis, sopravvivente e visionaria romana http://profile.myspace.com/
index.cfm?fuseaction=user.viewprofile&friendid=206147964)
Il sito di Lisa Bufano:
http://www.lbufano.com
L'Eautontimorumenos
senz'odio, come un beccaio,
o come Mosé la roccia!
Farò dalla tua palpebra, per dissetare il mio Sahara,
sgorgare l'acqua della sofferenza.
La mia brama, gonfia di speranza,
filerà sulle tue lacrime salate come una nave che prende il largo
e nel mio cuore, che ne sarà inebriato, i tuoi cari singhiozzi
echeggeranno come un tamburo che batte la carica!
Non sono forse un accordo stonato, nella divina sinfonia,
grazie alla vorace Ironia che mi squassa e mi morde?
E' dentro la mia voce, che stride!
è il mio sangue, questo veleno nero!
Sono lo specchio sinistro in cui si guarda la megera.
Io sono la piaga e il coltello! Sono lo schiaffo e la gota!
Sono le membra e la ruota, e la vittima e il carnefice!
Sono del mio cuore il vampiro,
- uno di quei grandi derelitti
condannati all'eterno riso
e che non possono più sorridere!
(Charles Baudelaire)
Theremin
Il Theremin, originariamente chiamato eterofono, viene considerato il più antico strumento musicale elettronico conosciuto ed è stato inventato, intorno al 1919, dal geniale fisico russo Lev Sergeievic Termen poi chiamato, grazie alla sua stupefacente scoperta, Leon Theremin. L'idea dello strumento venne in mente a Theremin mentre compiva alcuni esperimenti con amplificatori a valvole per l'esercito russo: improvvisamente realizzò che saltuariamente si creava un sibilo, che aveva la caratteristica di cambiare d'intensità variando la distanza delle mani dalle valvole.
Da qui nacque l'idea rivoluzionaria di uno strumento privo di parti meccaniche, ma capace ugualmente di emettere suoni attraverso lo sfruttamento dell'interferenza dei movimenti delle braccia e delle mani su due antenne, poste sopra e a lato di un contenitore nel quale veniva contenuta la circuitazione elettronica risuonante. Attraverso un'antenna si ottiene il controllo dell'altezza del suono, mentre attraverso l'altra si regola l'ampiezza, ma è tutt'altro che semplice farlo. Il suono enigmatico che se ne ricava è capace di toccarci l'anima nel profondo e altrettanto impressionante è ammirare i theremisti che suonano il misterioso strumento, veri e propri sciamani che sembrano agire in una sorta di primordiale cerchio magico.
Ovviamente il cinema è sempre stato ammaliato da questi suoni folgoranti e il Theremin è stato utilizzato nella colonna sonora di tanti film, contribuendo non poco a fissarli indelebilmente nella nostra memoria, tra cui (http://italian.imdb.com/keyword/theremin) citiamo, "The Day the Earth Stood Still" di Robert Wise, "Forbidden Planet" di Fred M. Wilcox, "Spellbound" di Alfred Hitchcock, "The Lost Weekend" di Billy Wilder, "Mars Attacks!" e "Ed Wood" di Tim Burton.
Ma veramente mesmerizzante è la visione dello stupendo documentario "Theremin: An Electronic Odyssey" del 1994 con regia di Steven Martin.
Non dimentichiamoci, infine, che Robert Moog, futuro inventore del primo sintetizzatore, da ragazzo fu straordinariamente colpito dallo schema del theremin trovato su una rivista musicale, tanto da non esitare a riprodurlo nel proprio laboratorio casalingo dando così il via ad una abbacinante odissea nelle capacità espressive umane.
(post scritto con l'utile consultazione dei siti http://www.kultunderground.org/archivio.asp?art=3991 e http://www.mattatoio5.altervista.org/Theremin.html a cui si rimanda anche per leggere l'avvincente storia personale di Leon Theremin e le sue altre mirabolanti invenzioni)
Franz Anton Mesmer
Franz Anton Mesmer (1734 – 1815) è stato un grande medico tedesco, laureato in Medicina e Filosofia all'Università di Vienna, che operò tra Austria, Francia e Germania tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento.
Mesmer si occupò di scienze naturali e medicina, ma anche di alchimia e di esoterismo e dopo lunghi anni di studi arrivò ad elaborare una teoria rivoluzionaria concernente l'esistenza di una forza, identificata come una sorta di fluido da lui chiamato "magnetismo animale", presente e permeante il cosmo. Il magnetismo animale nella sua dottrina veniva così ad essere un'importante connessione diretta ed invisibile tra l'uomo, la terra ed i corpi celesti, ma anche tra uomo e uomo e i suoi effetti venivano così ad improntarsi direttamente sul sistema nervoso centrale umano.
Nella sua dottrina la malattia derivava da una disomogenea distribuzione di tale fluido all'interno del corpo umano oppure da blocchi e disfunzioni nel suo scorrimento all'interno del medesimo. Il suo metodo terapeutico, chiamato "mesmerismo", era volto a ripristinare il naturale flusso armonioso di tal fluido, grazie alla scoperta che questo poteva anche scorrere dal terapeuta al paziente. Nella sua teoria l’uomo veniva equiparato ad un magnete, dotato di due polarità, una positiva e l'altra negativa. Attraverso il contatto con i vari apparati o organi del paziente, il terapeuta era così in grado di riequilibrare lo squilibrio elettromagnetico da cui originava la patologia.
In questo modo Mesmer intuì gli straordinari poteri della mente del paziente nel processo di guarigione dalla malattia, praticamente ciò che oggi viene ottusamente bollato come effetto placebo e che in realtà è un ambito sicuramente presente, ma totalmente ignoto e assolutamente incompreso dalla medicina occidentale contemporanea.
Per esporre le sue destabilizzanti teorie alla soporosa comunità scientifica dell'epoca scrisse, nel 1779, un saggio dal titolo "Mémoire sur la découverte du magnétisme animal", ma la medicina ufficiale ne rigettò immediatamente e violentemente le ardite ipotesi, nonostante Mesmer avesse ottenuto sul campo notevoli risultati nella cura di vari disturbi. Va inoltre sottolineato come le sue sedute terapeutiche fossero spesso incentrate nel produrre nel paziente stati di coscienza alterati, da lui chiamati "stati di sonnambulismo artificiale", veri e propri precursori della moderna ipnosi. Le sue sedute di gruppo con la formazione di una catena umana e la conseguente arcana capacità di chiaroveggenza acquisita da alcuni pazienti della catena, non possono non essere paragonate ad ancestrali sedute spiritiche. La sua concezione mirava ai massimi sistemi e il magnetismo animale veniva, nella sua teoria, considerato come l'energia vitale di tutto l'universo e di ogni essere vivente. Tutto questo travalicava l'angusto ambito della medicina, per configurarsi come una vera e propria filosofia di tipo naturalistico, con in più una forte tendenza a tingersi di valenze religiose: "solo la conoscenza del magnetismo animale può consentire di costruire una società conforme alla natura e così di interpretare correttamente il Vangelo della Natura"...forse un po' troppo...comunque molto interessante. Non posso infine non citare, visto l'argomento, il mesmerizzante racconto di Edgar Allan Poe, che tanto mi colpì in gioventù, intitolato "La verità sul caso del signor Valdemar".
"Il dottor Mesmer di Vienna, famoso per la scoperta di nuovi e diversi effetti magnetici e specialmente del magnetismo animale, è giunto qui. Egli dimostra il suo sistema mediante la meravigliosa potenza che esercita su tutte le persone in cui la mielina si rivela in un certo disordine. Con il semplice tocco delle mani dei pazienti, ottiene che gli epilettici raggiungano il loro parossismo, porta la sensibilità nelle membra precedentemente paralizzate, ridesta gli svenuti e comunque coloro che sono privi di conoscenza, eccita vertigini, tremori, dolori addominali ed altri sintomi convulsivi isterici; anzi, risveglia tali fenomeni perfino senza il contatto e anche a distanza di parecchi passi; poi, appena ritira le sue mani, anche il male abbandona il paziente. Egli ha mostrato tali manifestazioni su diversi pazienti specialmente a Morspurg, dove si è trattenuto alcuni giorni destando la meraviglia di tutti.
Il dottor Mesmer non attribuisce a questa forza portentosa nessun mistero e neanche alla sua persona. Secondo lui, tutti gli uomini sono più o meno magnetici, ma generalmente lo sono di più quelli che hanno temperamento malinconico o collerico, perciò in genere anche questi hanno la forza che egli possiede. Se poi anche le cure che prodiga il signor Mesmer corrispondono alla nostra aspettativa, allora la sua scoperta non è soltanto meravigliosa ma anche un grande beneficio per l'umanità."
(Hamburgische Neue Zeitung)
07/01/08
La Linea di Osvaldo Cavandoli
di Osvaldo Cavandoli
Mirabile l'essenzialità e la stringata capacità di sintesi raggiunta dall'artista Cavandoli, nel 1964, con la creazione di questa superba striscia animata, fatta semplicemente da un solo tratto di matita bianca, ma in grado di comunicare universalmente sensazioni multiformi e rancorosi stati d'animo e in grado di rimanere infilata, quasi incastonata, nell'immaginario comune per tutti questi anni.
Frutto di una sapiente opera di sottrazione fatta alle tavole di animazione accademica, "La Linea" brilla lucente come una delle opere più libere e sottilmente destabilizzanti, nonché dissacranti, dell'animazione italiana di tutti i tempi.
Il potenziale deflagrante indotto dall'omino irascibile e scontroso è immenso, con il suo avanzare incessante che richiama il delirio della società contemporanea in cui la fretta e la corsa costante sono le tristi compagne di un'umanità in brandelli. Inoltre il tracciato solcato dall'omino, fatto di ripide salite e vertiginose discese, richiama profeticamente le linee dei bilanci aziendali e degli indici di borsa, colorandole di un alone beffardo, che ne svela la recondita vacuità.
Il successo della "Linea" deriva anche dalla voce stravagante di Carlo Bonomi che, grazie ad una parlata dallo spiccato accento meneghino, riesce a raggiungere una capacità di espressione veramente globale, quasi paragonabile al geniale grammelot inventato da Dario Fo nel suo "Mistero Buffo", praticamente una lingua originale, creata attraverso suoni e parole onomatopeiche, che permette a chi parla lingue diverse di capire ugualmente, ma che anche consente all'autore di imbrigliare le forbici censorie, grazie al non utilizzo di una lingua facilmente codificabile.
http://cinemino.kaywa.com/mario-verger/osvaldo-cavandoli.html
http://www.youtube.com/watch?v=UBAQ2WVJ9AI
Cuori che battono nella tenebra
...Destino. Il mio destino! Che cosa strana la vita - quel misterioso organizzarsi di una logica implacabile per un futile obiettivo.
Il massimo che potete sperarne è una certa conoscenza di voi stessi - cui arrivate troppo tardi - una messe di rimpianti inestinguibili...
Io ho lottato con la morte. E' la competizione meno eccitante che si possa immaginare...Sono stato a un pelo dall'occasione estrema di esprimermi, e ho scoperto con umiliazione che probabilmente non avevo niente da dire.
Per questo sostengo che Kurtz era un uomo notevole. Lui qualcosa da dire l'aveva. E parlò. Per avere sbirciato di persona oltre il limite, capisco meglio il significato del suo sguardo, incapace di vedere la fiamma della candela, ma grande abbastanza da abbracciare l'intero universo, e abbastanza acuto da penetrare in tutti i cuori che battono nella tenebra.
Aveva ricapitolato - aveva giudicato: "L'orrore!"
Era un uomo notevole.
Dopo tutto, aveva espresso una sorta di fede; con schiettezza, con convinzione; c'era nel suo sussurro una nota di vibrante rivolta, il volto terrificante della verità intravvista - la bizzarra miscela di desiderio e di odio.
(Joseph Conrad)
06/01/08
Monster Brains
"From the infernal creatures to the delirium, You will take pleasure."
http://monsterbrains.blogspot.com
Ecco un blog sulle arti figurative, veramente stupefacente, in cui navigare per ore, estasiati dalle affascinanti scoperte che man mano appaiono...penso che la blogosfera sia veramente l'antidoto alle barbarie...complimenti al favoloso Aeron che ne è il cervello...spesso cliccando sulle immagini si accede direttamente ai siti dei mirabolanti artisti...
"Il Surrealismo non era per me un'idea estetica, un movimento d'avanguardia in più, ma qualcosa che impegnava la mia vita in una direzione morale e spirituale. Non potete immaginare la lealtà che imponeva in tutti gli aspetti della vita."
"Sade commetteva delitti solo nella sua immaginazione, come una forma di liberazione del desiderio criminale. L'immaginazione può permettersi tutte le libertà. Altra cosa è metterle in pratica. L'immaginazione è libera, l'uomo no."
Luis Buñuel
05/01/08
Desert
(Fernando Pessoa)
Desert
Emilie Simon
In Heaven Everything is Fine
before the world was made.
(Yeats - The winding stairs)
04/01/08
Erich Von Gotha
Personaggio impenetrabile e dalla vita ammantata di mistero.
Pare sia nato a Londra nel 1924 e che il suo vero nome sia Robin Ray, sebbene ami farsi chiamare semplicemente il “Barone”, che in gioventù sia stato iscritto ad una famosa ma non meglio precisata scuola d’arte londinese, da lui in seguito abbandonata in quanto in disaccordo con le tendenze figurative astratte del momento, e che sia approdato al fumetto dopo una carriera di designer, illustratore e sceneggiatore.
Pubblica le sue prime storie, con un uso prevalente del più economico bianco e nero e usando un tratto che andrà maturandosi via via, in “Torrid” , un magazine da lui stesso creato, pubblicato a partire dal 1978.
Comincia quindi a scalare le cime più impervie dell’erotismo, mostrandoci un mondo BDSM ideale, popolato da donne bellissime alle prese con nugoli di cazzi tumidi e fiammeggianti e inizialmente ritrose ma che, dopo adeguata iniziazione, sperimentano le vette assolute del dolore e del piacere.
Si susseguiranno nel tempo “The Education of Sophie”,“The Troubles of Janice”(1-2-3-4), “A Very Special Prison”, “Twenty”(1-2), in cui man mano il Barone acquisirà coscienza della grandezza del proprio tratto e diverrà un maestro del colore.
Nel gioiellino “The Last Show” e nel capolavoro “The Dream of Cecilia” trascenderà il fumetto non utilizzando quasi più i ballons.
Ma non è dalla tecnica che si giudica un artista, bensì dalla sua capacità di colpirci nel profondo.
Per coloro che si cimentino poi nella sottile arte dell’erotismo, condizione imprescindibile è la capacità di determinare una localizzata vasodilatazione in lui e abbondanti secrezioni umorali in lei.
E Von Gotha è artista capace di mostraci sesso vero, amorevole e brutale…e produrre senza un’oncia di volgarità le più grandi e spettacolari illustrazioni di orge che mente umana abbia mai concepito.
Nella rappresentazione dell’orgasmo femminile e nella delicatezza sta la differenza tra erotismo e pornografia e qui, come nel sesso reale, le protagoniste delle sue storie sono sempre le donne…
insieme alla sublime leggerezza che può avere il bizzarro.
Provare per credere.
Che il sesso sia con voi.
Pull my Daisy
di Robert Frank & Alfred Leslie (1959 USA 28')
con Richard Bellamy, Allen Ginsberg, Peter Orlovsky, Gregory Corso, Larry Rivers, Delphine Seyrig, David Amram.
Manifesto del cinema beat girato dal fotografo svizzero Robert Frank e narrato dalla voce fuoricampo di Jack Kerouac: tutto nel film è basato sull'improvvisazione, alla ricerca di uno stile che colga nel profondo la sensibilità beat dei protagonisti e di un ritmo cinematografico che riesca a riproporre su pellicola le sperimentazioni jazz dell'epoca. Il film è frutto di un'intensa ricerca scaturita direttamente dalla libertà espressiva propugnata dalla beat generation, che porta i protagonisti al rifiuto dei tradizionali sistemi di rappresentazione della realtà, a favore di un cinema diretto e documentaristico, ma venato di lirismo, che avvicini il più possibile l'arte alla vita.
Il film viene girato in sole due settimane, a New York sulla Third Avenue , nel loft del pittore Alfred Leslie. I protagonisti interpretano sé stessi, poeti e irriducibili sognatori beatnik che vivono al di fuori della società (l'unica attrice professionista è l'esordiente Delphine Seyrig), colti in una delle tante giornate di ozio, passata in casa di un amico che è al lavoro (unico tra tutti ad avere un lavoro vero) a discutere animatamente di poesia e vita, in attesa del ritorno dello stanco compagno. A rendere il film un vero gioiello sono anche la voce e i testi improvvisati di Jack Kerouac che contribuiscono a impreziosire la pellicola di svariate sfumature emozionali. Viene così sottolineata l'importanza degli incontri tra amici, con la viva consapevolezza che una discussione apparentemente casuale può sempre tramutarsi in pura poesia.
"Non vedo come possa recensire dei film dopo "Pull My Daisy" senza usare quest'ultimo come riferimento; un riferimento nel cinema come "The Connection" lo è nel teatro moderno. Sia "The Connection", messo in scena dal Living Theatre, che "Pull My Daisy" cercano chiaramente nuove direzioni, nuove strade al di fuori dell'ufficialità congelata e della senilità midcentury delle nostre arti, nuovi temi, una nuova sensibilità. La fotografia stessa, il suo bianco e nero aspro e immediato, possiede una bellezza visiva ed una sincerità, che sono totalmente assenti nei recenti film americani ed europei. L'igienica levigatezza dei film di oggi, vengano da Hollywood, da Parigi o dalla Svezia, è una malattia contagiosa che sembra dilagare nello spazio e nel tempo. Sembra che nessuno impari niente, o dai Lumière o dai neorealisti: nessuno sembra accorgersi che nel cinema la qualità della fotografia è altrettanto importante del contenuto, delle idee, degli attori. La fotografia è la levatrice, è lei che porta la vita dalla strada allo schermo, e dipende dalla fotografia se questa vita arriverà sullo schermo ancora viva. Robert Frank è riuscito a trapiantare la vita, e addirittura nel suo primo film. E questo è il miglior complimento che possa immaginare. Sul piano della regia "Pull My Daisy" ritorna alle origini del vero cinema, a dove si sono fermati i Lumière. Quando guardiamo i primi film dei Lumière (il treno che entra in stazione, il bambino che viene imboccato o una scena di strada), ci crediamo, crediamo che non stiano mentendo, né fingendo. "Pull My Daisy" ci ricorda di nuovo quel senso di realtà e immediatezza che è la caratteristica principale del cinema. Non vorrei essere frainteso: ci sono molti approcci al cinema, e lo stile che si sceglie dipende dalla propria coscienza, sensibilità e temperamento, oltre che da quale stile è più caratteristico dei tempi. Lo stile neorealista non è stato un puro caso: si è sviluppato dalle realtà del dopoguerra, dalla sua stessa sostanza. È lo stesso con il nuovo cinema spontaneo di "Pull My Daisy", l'autentico ritratto di una generazione. In un certo senso Alfred Leslie, Robert Frank e Jack Kerouac, l'autore-narratore del film, non fanno che rappresentare la loro epoca al modo dei profeti: un'epoca esprime le sue verità, i suoi stili, i suoi messaggi e le sue disperazioni per mezzo dei suoi rappresentanti più sensibili, spesso senza che questi se ne rendano conto. Per questo considero "Pull My Daisy", con tutta la sua incoerenza, il più vivo ed il più veritiero dei film." (Jonas Mekas)
Beati/Battuti
Viy
di Georggi Kropachev & Konstantin Ershov (1967 URSS 78')
con Leonid Kuravlev, Natalia Varley, Aleksei Glazyrin, Vadim Zakharchenko, Nikolai Kutuzov.
Storia soprannaturale e grottesca incentrata su streghe e possessioni maligne che affonda le proprie radici nella mitologia russa. Questo è uno dei primi film horror prodotti nell'ex Unione Sovietica, tratto da una novella del 1835 di Nikolai Gogol (la stessa che ha ispirato il capolavoro "La maschera del demonio" al maestro Mario Bava) e girato da due registi esordienti come loro fulminante tesi di diploma per il "Advanced Course for Film Directors". Questo film narra la storia di un filosofo seminarista dissoluto e inconcludente, di nome Khoma, che viene inaspettatamente convocato da un ricco signore per pregare, per tre notti consecutive, alla salma della figlia, misteriosamente deceduta, allo scopo di liberarla da una presumibile possessione maligna. Il paradosso è che la richiesta della sua presenza è stata fatta proprio dalla figlia in punto di morte e che i due non hanno mai avuto precedentemente alcun rapporto. Ma il giovane seminarista in un antefatto del film, durante una delle sue abituali ubriacature di cui purtroppo non serba ricordo, è venuto in contatto con una temibile strega sconfiggendola. Questa megera, prima di morire, è riuscita però a incarnarsi in una bellissima fanciulla, che è poi risultata essere la giovane defunta.
Inizialmente il film risente degli anni passati e il ritmo è blando, l'atmosfera gotica un po' annacquata, i siparietti comici discretamente insulsi, ma poi, dal momento che entriamo nelle terribili notti del seminarista al capezzale della giovane, si viene immersi in un universo parallelo dove la visionarietà surreale dei due registi può avere libero sfogo, fino all'apoteosi del gran sabba finale con l'apocalittica apparizione dell'arcano demone "Viy" e della sua infernale congrega.
Effetti speciali semplici, ma efficaci, mettono in luce tutte le potenzialità visionarie del cinema, quando a maneggiarlo ci sono menti libere (non dimentichiamoci che l'art director del progetto è il grande Aleksandr Ptushko), meritano menzione anche le stupende tele presenti alle pareti della cripta raffiguranti oscuri cristi minacciosi.
Il sonno
(Fernando Pessoa - Il libro dell'inquietudine)
03/01/08
La seggiola
02/01/08
Gli uomini che contano le stelle
Canzone del carceriere
con quella chiave macchiata di sangue
io vado a liberare la mia amata
se sono ancora in tempo
l'avevo chiusa dentro
teneramente crudelmente
nella cella del mio desiderio
nel più profondo del mio tormento
nelle menzogne dell'avvenire
nella stupidità del giuramento
io voglio liberarla
io voglio che sia libera
e anche di scordarmi, e anche di lasciarmi
e anche di tornare, e di riamarmi ancora
o di amare un altro, se le piace un altro
e se rimango solo, e lei sarà partita
io serberò soltanto
serberò per la vita
nel cavo delle mani,
fino all'ultimo giorno, la dolcezza
dei suoi seni plasmati dall'amore.
(Jacques Prevert)
01/01/08
Contributo alla Statistica
che ne sanno sempre più degli altri
- cinquantadue;
insicuri a ogni passo
- quasi tutti gli altri;
pronti ad aiutare, purché la cosa non duri molto
- ben quarantanove;
buoni sempre, perché non sanno fare altrimenti
- quattro, bé, forse cinque;
propensi ad ammirare senza invidia
- diciotto;
viventi con la continua paura di qualcuno o di qualcosa
- settantasette;
dotati per la felicità
- al massimo poco più di venti;
innocui singolarmente, che imbarbariscono nella folla
- di sicuro più della metà;
crudeli, se costretti dalle circostanze
- è meglio non saperlo, neppure approssimativamente;
quelli col senno di poi
- non molti di più di quelli col senno di prima;
che dalla vita prendono solo cose
- quaranta, anche se vorrei sbagliarmi;
ripiegati, dolenti e senza torcia nel buio
- ottantatre;
prima o poi, degni di compassione
- novantanove;
mortali
- cento per cento, numero al momento invariato.
(Wislawa Szymborska)
Mamie Van Doren
Un omaggio alla meno conosciuta componente delle favolose "Tre M", insieme a Marilyn Monroe e Jayne Mansfield, esplosive bombe sexy del ruggente immaginario collettivo degli anni Cinquanta. La sua carriera fu completamente dedicata ai film da drive-in e in breve tempo divenne una stella dei rutilanti B-movies. Le sue parti erano solitamente quelle della bad-girl di turno e spesso durante i film si esibiva come cantante rock'n'roll, con movenze provocanti e trascinanti, sulla stessa strada tracciata da Elvis. Ad inizio carriera respinse le insistenti avance del produttore miliardario Howard Hughes e questo probabilmente le costò definitivamente la partecipazione a titoli di maggior richiamo. La sua vita è stata un vero film, zeppo di matrimoni, scandali e sfavillanti avventure e potrete vedere che Mamie è ancora assolutamente in pista, nonostante i settantaquattro anni suonati, sul suo incredibile sito: http://www.mamievandoren.com/.
Tra i film ai quali ha partecipato segnaliamo "Running Wild" di Aber Biberman (1955), "Untamed Youth" e "The Girl in Black Stockings" entrambi di Howard W. Koch (1957), "High School Confidential" del maestro Jack Arnold (1958), il gioiellino psicotronico "The Beat Generation" di Charles F. Haas (1959), che fece scandalo per il personaggio del ricco giovinastro beatnik stupratore soprannominato "Aspirin Kid" e la vede recitare con un'altra sfavillante icona del nostro blog: Vampira. Altro gioiellino trash al quale ha partecipato è "Voyage to the Planet of Prehistoric Women" del 1968, dimenticato esordio come regista niente meno che di Peter Bogdanovich, anche se solitamente si tende artificiosamente a considerare "Bersagli" come sua opera prima. Il film più famoso al quale ha preso parte è probabilmente "Teacher's Pet" di George Seaton (1958) a fianco del distratto Clark Gable. Anche in Italia ebbe qualche ruolo da protagonista come in "Le bellissime gambe di Sabrina" di Camillo Mastrocinque (1958). Ma la sua carriera è stata anche quella come travolgente cantante dalla notevole carica erotica, ammaliante icona sulle pagine di Playboy, addirittura in missione ad allietare i soldati in Vietnam, prima ancora ragazza immagine per svariate associazioni, tra cui la più esilarante è la sua partecipazione a "Miss Impossibile da segare a metà" per un bizzarro circolo di illusionisti nei primi anni Cinquanta.
(post col contributo di "L'incredibile storia del cinema spazzatura - Jonathan Ross" Ubulibri)