17/09/08

Rapporto Confidenziale Speciale Festival di Locarno 2008

Rapporto Confidenziale Speciale Festival di Locarno 2008
Un documento gratuito ed indipendente sull’ultima edizione della kermesse svizzera, con recensioni e considerazioni sulle sezioni e su 42 film a cura della redazione di Rapporto Confidenziale. Con testi di Sergio Citterio, Donato Di Blasi, Alessio Galbiati, Samuele Lanzarotti, Roberto Rippa.
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EDITORIALE DI ROBERTO RIPPA
A cosa servono i festival cinematografici oggi? È la domanda che rimbalza sui giornali alla fine di ogni festival europeo.
La prima risposta a venire in mente è che, in un momento in cui la cultura della multisala, il quasi monopolio delle distribuzioni – con i film uguali in ogni città, in ogni regione, in ogni angolo del pianeta – ha sostituito la varietà, i festival rappresentano una delle poche occasioni di vedere al di là del misero orizzonte che ci viene di fatto imposto. E offrono inoltre la possibilità di vedere opere che, in mondo globalizzato come il nostro – dove per globalizzazione si intende solo una manciata di bandiere, sempre le stesse – diventano di fatto invisibili.
Coetaneo di quello di Cannes, di poco più giovane di quello di Venezia e di poco più vecchio di quello di Berlino, il festival di Locarno – i cui sessantuno anni di storia sarebbe impossibile riassumere in queste righe - è un festival particolare. Lo è perché è un festival di grandi dimensioni, se calcoliamo gli spazi di proiezione, il numero delle opere presentate e il numero dei frequentatori, ma non per questo elitario. Insomma, non c’è bisogno di impegnarsi in elaborate gimcane tra le pagine del programma per capire quale proiezione sia accessibile o meno, cosa sia possibile vedere e cosa no. Tutto è accessibile, basta pagare il biglietto o l’abbonamento. Non è ciò che capita in altri festival. E poi perché nella sua storia, dovendo sopravvivere tra gli altri grandi festival appartenenti a Paesi europei molto più grandi, ha dovuto crearsi un’identità sua peculiare, un’identità che di fatto oggi è minacciata.
Se un tempo i suoi punti forti erano il cinema indipendente, il cinema orientale, il cinema del Medio Oriente, quello dell’Est, la scoperta di opere prime di registi oggi consegnati alla storia del cinema, anche queste opere sono oggi oggetto di contesa tra i vari festival. E talvolta Locarno rischia di rimanere al palo.
Ma non è solo questo il problema: la partenza di Marco Müller, dopo dieci anni di direzione (1991-2001), ha lasciato il posto a direzioni più deboli come quella di Irene Bignardi, apparentemente poco interessata a trovare una nuova identità per il festival, e quella di Frédéric Maire, debole per il fatto che lascerà l’anno prossimo dopo appena quattro anni di lavoro, troppo pochi per lavorare sull’identità.
Poi ci sono coloro che confondono superficie con sostanza come Nicolas Bideau, classe 1969 e responsabile della sezione cinema dell’Ufficio federale della cultura, che propone di puntare più sulla mondanità e sulla pompa. Più stelle del cinema, insomma, più tappeti rossi da calpestare, esattamente tutto ciò che il pubblico del festival non vuole.
Fortunatamente la proposta viene decisamente rimandata con sdegno al mittente dal presidente del Festival Marco Solari. Già, perché quello di Locarno è un pubblico particolare: non è che non desideri i grandi nomi del cinema, semplicemente non sopporta le passerelle, le parate, la fanfara. Preferisce assistere agli incontri che gli ospiti hanno con il pubblico. Molto democratici, aperti a tutti. Più adatti a un pubblico di appassionati che non a coloro che amano sbirciare gli pseudo-VIP dal buco della serratura delle riviste, in buona sostanza.
Ma il futuro di Locarno rimane al momento tutto da discutere. Mentre si susseguono le indiscrezioni sul nome del prossimo direttore, in realtà al momento c’è una sola certezza: Locarno dovrà poter contare su un direttore artistico che abbia intenzione di fermarsi per lungo tempo. Solo così si costruiscono i contatti necessari per la preparazione di un programma interessante. Solo così si costruisce un’identità. Quell’identità che la giuria dello scorso anno, premiando Ay no yokan di Masahiro Kobayashi, aveva invitato calorosamente a difendere.

EDITORIALE DI ALESSIO GALBIATI
Seguire un festival cinematografico senza venirne (s)travolti è impossibile. Tutti i mali del mondo prendono forma davanti agli occhi bulimici del cinefilo - seduto con gli occhi spalancati a guardar tragedie. Eyes Wide Shut. Ho la sensazione, ma credo proprio che sia un qualcosa di ampiamente condiviso, che i grandi festival siano oramai divenuti un teatro del senso di colpa che la società (post)industriale allestisce alla ricerca d’una catarsi d’annegare all’ora dell’aperitivo (o giù di lì). Ho visto cose che mi hanno profondamente colpito, racconti di ritagli di realtà impressionanti. Ho visto, immobilizzato nell’atto del guardare, un catalogo strabordante di dolore, tanta rassegnazione e rare speranze. C’è nel cinema contemporaneo, senza alcuna distinzione di generi e provenienza, una sinistra rassegnazione di fronte agli eventi rintracciabile tanto nel documentario quanto nel cinema di finzione. La realtà, marginalizzata dai mezzi di comunicazione di massa, trova nel festival cinematografico
un luogo ideale per arrivare al pubblico e Locarno si conferma qualitativamente eccellente proprio per il pubblico - per i suoi occhi. Per capire il tenore emotivo della manifestazione basti pensare che la nota “leggera” di quest’edizione è stato Nanni Moretti...
Vorrei spendere due parole sul presente volume che fra enormi difficoltà abbiamo dato alla luce. Lo speciale dedicato al 61° Festival del film di Locarno è solo il primo d’una serie di numeri monografici di Rapporto Confidenziale. Il lavoro messo in campo vuole essere uno strumento per addetti ai lavori e cinefili curiosi, desiderosi di tenersi aggiornati sulla produzione cinematogafica contemporanea che con difficoltà trova la via delle sale - o anche solo quella per gli occhi.
Per concludere un ringraziamento a tutte le persone che hanno contribuito alla realizzazione del presente volume - sia direttamente, che indirettamente - , a Roberto (RR) in particolar modo.

Rapporto Confidenziale
Rivista digitale di cultura cinematografica

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