19/09/08

Lo sconosciuto (Tod Browning & Lon Chaney)

Lo Sconosciuto - The Unknown
di Tod Browning
(1927 USA 63’)
con Lon Chaney, Norman Kerry, Joan Crawford,
Nick de Ruiz, John George, Frank Lanning

“Lo sconosciuto” risulta essere uno degli apici espressivi dello stupefacente cinema di Tod Browning, in cui si apprezza una profonda conoscenza degli aspetti più reconditi e bizzarri della psiche umana e in cui le arcane ossessioni di Browning, incentrate sulla diversità, sono sviluppate già con una maturità stilistica che ha dell’incredibile.
La trama è intricata ed originale: per sfuggire alla polizia e poter continuare la loro attività criminosa, Alonzo (uno straordinario Lon Chaney) e il suo aiutante, il nano Cojo, si nascondono in un circo di Madrid, in cui l'efferato criminale si ricicla come lanciatore di coltelli senza braccia. La sua straordinaria abilità nel lanciare coltelli con i piedi è solo un modo per fare spettacolo, dato che in realtà le braccia le ha, ma le tiene legate intorno al corpo grazie ad uno stretto corsetto fasciante. Questo espediente gli permette di effettuare, senza destare alcun sospetto, numerose rapine nei villaggi in cui il circo tiene i propri spettacoli e inoltre gli consente di avvicinare la propria splendida assistente, di nome Nanon, una ragazza problematica che detesta il pensiero di essere abbracciata da un uomo. Di Nanon è perdutamente innamorato anche il forzuto del circo, di nome Malabar, ma lei confida nell'amore puro di Alonzo, capace di carezzarla dolcemente solo con l'uso degli occhi. Il proprietario del circo è il padre della ragazza ed è estremamente geloso della sua figliola, tanto da perdere completamente le staffe quando la scopre appartata con Alonzo ed arrivare di conseguenza a frustare selvaggiamente il finto monco. Nella stessa notte arriva però la feroce vendetta del criminale, che strangola l'uomo. La figlia accorsa fuori dal carrozzone, essendo stata attirata dalla confusione, riesce a scorgere dalla finestrella solamente la mano dell'assassino, che ha la particolarità di essere dotata di due pollici. Scopriamo così, in un cortocircuito del senso, che Alonzo è un freak che dissimula la sua diversità fingendo di essere un altro genere di freak. La morte del padre di Nanon rinsalda il rapporto tra lui e la ragazza, ma a questo punto la sua anomalia fisica diventa un ostacolo insormontabile, che gli impedisce di soddisfare il proprio desiderio amoroso e carnale. Tormentato e divorato dalla libidine, Alonzo decide così di rivolgersi ad un chirurgo della malavita, e ricattandolo, lo obbliga ad eseguire un delicato intervento di doppia amputazione di braccia. Tornato nel circo, dopo qualche tempo, Alonzo (ora vero monco) scopre con rabbia e sgomento che la sua Nanon ha superato la sua fobia grazie alle tenerezze di Malabar e si appresta così ad unirsi in matrimonio con l'uomo più forte del circo. Il finale, solo ripensandoci, mi fa scorrere ancora brividi freddi lungo la schiena.
Melodramma complesso, metaforico, innovativo, sconvolgente...un film romantico e crudele, una delle storie di amor fou più commoventi e follemente assurde mai raccontate al cinema...l'odissea tragica di un uomo che arriva a mutilarsi pur di consacrarsi alla donna che ama.
Tutto il film è permeato di insicurezze, complessi d'inferiorità e di colpa, fantasie sadiche (non dimentichiamoci che Alonzo, nello spettacolo circense, lancia i coltelli verso la ragazza), ribollenti istinti repressi in un'atmosfera che lascia intuire innominabili traumi infantili e patologiche gelosie, con sullo sfondo lo spauracchio del complesso di castrazione di freudiana memoria. In alcune scene vediamo infatti Alonzo, evidentemente lacerato da insanabili conflitti interiori, incoraggiare Malabar verso una risoluta conquista della ragazza e anche quando la sventurata rimane orfana, il freak Alonzo fa di tutto per proporsi più come tutore adottivo che come amante.
Lon Chaney è l'anima nera del film, un indimenticabile corpo da plasmare e deformare, tanto che molti all'epoca lo pensavano realmente monco. Va precisato però che per alcune scene in cui fuma o beve con i piedi si ricorse ad una controfigura, tal Dismuki, realmente nato senza braccia.
Questo, come tutti i film di Browning, non è un semplice film horror, ma una rappresentazione della mostruosità delle passioni umane con tonalità drammaticamente estreme. All'epoca non fu capito dalle masse, ma fu adorato da alcuni surrealisti, tra cui Jacques Brunius.
Il climax creato dal film, nonostante i tanti anni passati, non ha perso un'oncia della sua potenza e lascia ancora inchiodati sanguinanti, a bocca aperta, alla sedia.
Un aforisma adeguato per questo ufo di celluloide lo ha espresso Pino Bertelli parlando di “cinema della diversità” e intendendo con questa definizione “ciò che turba, inquieta, rompe con le attese del reale illusorio diffuse dallo schermo. Sopprimere il diverso è eliminare la trasgressione, l'esistenza di un pensiero tragico, il proprio doppio osceno che infrange tutti gli specchi della quotidianità per essere ucciso nella coscienza di tutti”.
Ne avevo già parlato, ma come si sa repetita iuvant e poi ci tengo particolarmente...

Nessun commento: