e mi deformo attraverso gli altri".
31/12/09
30/12/09
Infinito (William Blake)
29/12/09
i prodotti derivati dalla paura
27/12/09
Amore Folle (Karl Freund)
26/12/09
Simon del deserto (Luis Bunuel)
Simon del deserto di Luis Buñuel (1965 MEX 42')
Uno dei film più inafferrabili ed affascinanti del maestro Buñuel, magistralmente fotografato da Gabriel Figueroa, incentrato sulla vita di Simon, personaggio ispirato a San Simeone stilita, un santo che è realmente vissuto in Siria centinaia e centinaia di anni prima del periodo in cui è ambientato il film. La tradizione vuole che San Simeone abbia passato gli ultimi 37 anni della sua vita, dal 422 al 459, in cima a una colonna. Simon, invece, vive su una colonna da 6 anni 6 settimane e 6 giorni e questo diabolico numero dà il via nella pellicola ad una serie di astute tentazioni demoniache. Tali sono messe in atto da un'indimenticabile Silvia Pinal, che assume di volta in volta varie sembianze, quali quelle di una procace contadina, di una studentessa maliziosa (vera e propria icona cult vestita da marinaretto con calze nere, giarretttiere e seno in bellavista), del buon pastore con agnello in braccio e di una diabolica tentatrice. Le riprese del film durarono solo 18 giorni perché il produttore Alatriste litigò col regista e fece mancare all'istante i finanziamenti e così Buñuel fu costretto a chiudere anticipatamente la sua storia con un colpo d'ingegno, riducendo il film ad un mediometraggio. Tutto questo però non ha minimamente danneggiato la pellicola, che anzi risulta assai complessa, refrattaria ad interpretazioni univoche, e la figura del monaco che espia sulla colonna, nutrendosi solamente di acqua e insalata, è una delle più indimenticabili dell'intera filmografia buñueliana. Nel film sicuramente emergono la sincerità e la drastica abnegazione del personaggio di Simon, totalmente coinvolto e soddisfatto nel portare avanti il proprio cammino di comunanza con Dio. Ma emerge anche la sua candida ingenuità, che lo fa vivere ad anni luce di distanza dal mondo degli uomini, considerati ignobili e non degni di attenzione (neppure la propria madre). Vi è, a questo proposito, una sequenza fondamentale in cui Simon, incalzato dalle domande di un frate, mostra di non capire l'esistenza della proprietà privata e viene apostrofato dal frate con le lapidarie parole: "il tuo disinteresse è ammirevole e assai benefico per la tua anima. Ma ho paura che, come la tua penitenza, non serva a molto per gli uomini". Il grande dubbio messo in scena dal film è quindi la reale utilità di una vita di questo tipo. Il sarcasmo di Buñuel si manifesta anche nella sequenza iniziale del miracolo fatto da Simon, di fronte ad una moltitudine di fedeli in preghiera, a favore di un ladro pentito a cui sono state tagliate le mani a causa dei suoi furti. La ricomparsa delle mani viene data per scontata da tutti i presenti e lascia quindi la folla indifferente, compreso però il ladro stesso, che si arrabbia al pensiero di doversi rimettere a lavorare a causa delle nuove mani e dà pure con queste una spinta alla figlioletta troppo ciarliera. Altra sequenza beffarda è quella in cui il fratello Trifon è posseduto dal demonio e nasconde vivande (cacio, pane, vino) nella sacca di Simon, cercando di mostrare come il suo digiuno sia in realtà un bluff. L'intensa preghiera delle autorità ecclesiastiche smaschererà l'impostore che però, con la bava alla bocca, si lancerà in una serie di assurde imprecazioni "abbasso la sacra ipostasi! boia l'anastasi! viva la apocatastasi!..." che confonderanno non poco i religiosi, con un effetto esilarante per gli spettatori. Buñuel si diverte a disseminare la pellicola di simboli, doppi sensi erotici e sfrecciate ironiche (come quando Simon non ricorda la continuazione di una preghiera o come quando si mette a benedire qualunque cosa, anche grilli e capre, perché questo lo esalta), ma allo stesso tempo induce a riflettere su temi alti (il bene e il male, il peccato e la redenzione, l'ascetismo o la partecipazione attiva alla società, la vita religiosa vista come libertà o come schiavitù, il coraggio di resistere alle tentazioni). In diversi momenti si odono i tamburi di Calanda, che rimandano misteriosamente ad altri suoi film e rimane impressa la frase ripetuta più volte nel film: "attento che il demonio vaga per il deserto" "di notte lo sento". Vi sono poi nel film un nano che vive ambiguamente in simbiosi con le sue capre, un ragazzetto glabro e saltellante, una bara che striscia nel deserto e una vecchia strega avvizzita. Il finale è poi un autentico colpo di genio con la diabolica Silvia Pinal seminuda, che esce da una bara e con un incantesimo trasporta Simon a bordo di un aereo fino a New York, nel bel mezzo di una festa beat del 1965. Stanno suonando con ritmo sincopato i "The Sinners"e il ballo da posseduti dai ragazzi è chiamato "carne radioattiva", il ballo finale. Simon ha l'aspetto da intellettuale, è pensieroso, beve e fuma una pipa, prova ad opporsi alla situazione con uno svogliato "vade retro", ma l'aggressiva accompagnatrice lo apostrofa con un "vade ultra!" e si lancia in una danza sfrenata dicendogli "che se va a casa gli potrebbe capitare qualcosa...è la vita ubriacone! devi sopportarla! devi sopportarla fino in fondo!", mettendosi poi a gridare al ritmo della forsennata musica. Il film avrebbe poi dovuto finire con una scena della colonna dello stilita sormontata da un cartellone pubblicitario e poi un'esplosione, ma Buñuel non ebbe il tempo di girarla. L'ambiguità del film ha portato la critica sia laica che cattolica in diversi periodi a volersene assicurare la paternità e appartenenza. E questo la dice lunga sul meraviglioso sberleffo che il maestro ci ha regalato.
25/12/09
HOW WINGS ARE ATTACHED TO THE BACKS OF ANGELS (Craig Welch)(
HOW WINGS ARE ATTACHED TO THE BACKS OF ANGELS
24/12/09
La musica come via di accesso alla creatività
23/12/09
L'ala membranosa della guancia (Italo Calvino)
Sono l'angelo che abita nel punto
in cui le linee si biforcano.
Chiunque risalga le cose divise
m'incontra, chiunque scenda al fondo
delle contraddizioni s'imbatte in me,
chi torna a mescolare il separato
si ritrova nella mia ala membranosa
della guancia.
(Italo Calvino)
immagini da Vampyr di C.T. Dreyer
musica Massive Attack
22/12/09
Jimmy Cliff & Nietzsche
(Nietzsche, "Così Parlò Zarathustra") A Danae
21/12/09
Bully (Larry Clark)
20/12/09
Dans le Noir (Agent Provocateur)
(Charles Baudelaire)
19/12/09
Programmazione Cinema Gennaio 2010 Scaglie
Fear and Desire di Stanley Kubrick (1953 USA 72')
“Il film proclama senza reticenze, nel 1953, la strategia creativa di tutta l’attività seguente del regista; di tale attività Fear and Desire rivela subito i segreti, i percorsi privilegiati, le motivazioni più intime. In altre parole, Kubrick aveva commesso l’errore più imperdonabile per un giocatore di scacchi: l’annunciare con le proprie mosse d’apertura il proprio metodo d’assedio al Re (al Generale) avversario...” Questa la bella presentazione di Cherchi Usai sull’esordio alla regia di Stanley Kubrick, pellicola rimasta invisibile e mitica per decenni. Kubrick si è sempre opposto alla commercializzazione di questo film. Paura e Desiderio.
Domenica 10 Gennaio ore 21.30
Alice di Jan Svankmajer (1988 CEC 86’)
Il significato del mio film Alice è apparentemente molto semplice: porre nuovamente l’accento sul sogno che l’attuale civiltà ha preso a trascurare, che la società ha gettato negli immondezzai della nostra psiche. Eppure sogno e realtà sono “vasi comunicanti” (A. Breton) della nostra vita. Alla fine del Settecento G.H. Lichtenberg aveva scritto: “Ancora una volta raccomando i sogni! Nel sogno viviamo e percepiamo le cose come durante la veglia, ed entrambe sono componenti della nostra esistenza. Tra i vantaggi dell’uomo c’è il fatto che sogna e ne è consapevole. Poche volte se ne è fino ad oggi debitamente approfittato. Il sogno è una vita che, aggiunta alla nostra vita, crea quello che noi definiamo l’esistenza umana. I sogni lentamente scompaiono nella nostra veglia, e non si può dire dove questa cominci e loro cessino”. Abbiamo dimenticato questa raccomandazione di Lichtenberg e ne paghiamo a caro prezzo le conseguenze. Il sogno, questa fonte naturale dell’immaginazione, viene sistematicamente sepolto e nello spazio rimasto vuoto si fa largo l’assurdo, prodotto in grande (come “produzione laterale”) dai nostri “sistemi razionali e scientifici”. Fino a che la sera, prima di andare a dormire, non prenderemo nuovamente a narrarci favole e racconti del terrore, e al mattino al risveglio i nostri sogni, dalla nostra attuale civiltà non ci si potrà aspettare più nulla di buono. (Jan Svankmajer)
Domenica 17 Gennaio ore 21.30
Bronson di Nicolas Winding Refn (2008 UK 92')
Il primo film inglese della carriera del regista danese Nicholas Winding Refn è probabilmente l'emblema della sua rinascita artistica. Un ritratto esaltante, disturbante, intrigante e sconvolgente di un vero criminale inglese, che ha passato più tempo fra carceri e manicomi che in libertà, pittore di talento, picchiatore formidabile, leader di rivolte carcerarie passate alla storia. Charly Bronson è un disadattato sociale, reale vittima di un sistema giuridico che punisce solo chi non ha il potere far pesare la sua arroganza. Un omaggio intenso e raffinato al film di Stanley Kubrick "Arancia meccanica" che, alternando diversi stili cinematografici, riesce a raccontare una vita allucinante, perennemente borderline fra violenza, sfruttamento, indifferenza e cieca mostruosità perbenista. Candidato all'Oscar come miglior film straniero Bronson ci trascina negli inferi dei sistemi carcerari e sanitari destinati ai senza voce, a coloro cioè che non hanno i mezzi o le capacità, almeno culturali, per far valere i loro diritti. Un film unico e cattivo che ritrae una persona vera, contradditoria, pericolosa ed inquietante, ma incredibilmente istintiva e geniale nell'inconsapevole forza creativa ed al contempo distruttiva. Un viaggio nella violenza del disagio, nel dolore della prigione e nell'agonia della pazzia, in un vortice di immagini ed animazioni che lascia il segno e coinvolge oltre il prevedibile e che rende il mostro, il criminale, alla fine dei conti, la vittima e l'eroe del sistema carcerario contemporaneo. (Daniele Clementi)
Domenica 24 Gennaio ore 21.30
The Man from London di Béla Tarr (2007 FRA/GER/Hung 139')
Béla Tarr è uno dei maestri del cinema ungherese dell'ultimo ventennio, con film come Dannazione e Le armonie di Werckmeister. Il suo ultimo prodotto è una coproduzione internazionale, che per la prima volta coinvolge stelle di Hollywood, come la protagonista Tilda Swinton. Si tratta di The Man from London, film presentato a Cannes e Toronto nel 2007, ma poi uscito in sala solo in Usa, Inghilterra, Francia, Grecia e Ungheria. Il film è un noir che nasce in una stazione ferroviaria vicina a un porto, in cui un uomo scorge un misterioso passaggio di una valigetta che è il preludio di un mistero ben più fitto. Il film è un prodotto europeo a tutti gli effetti: girato in Ungheria, è recitato in lingua inglese ed è tratto da un libro in lingua francese, L'uomo di Londra, del belga Georges Simenon. Anche la realizzazione del film è stata un vero e proprio noir. Due giorni dopo l'avvio delle riprese, infatti, il produttore si è tolto la vita, portandosi con se anche i cinque milioni di euro di budget. Il regista è quindi riuscito a ottenere 700.000 euro da vari finanziamenti, riuscendo con quella cifra a finire le riprese. (da Hideout)
Domenica 31 Gennaio ore 21.30
Sabato sera, domenica mattina di Karel Reisz (1960 UK 89’)
Proponiamo uno dei titoli più famosi del Free Cinema, realizzato da un regista attualmente dimenticato (autore tra l'altro del cult Morgan matto da legare), che nel 1967 dichiarava “Il Free cinema era un tentativo di raggrupparci, per cercare, con il potere dei film più che degli articoli sui giornali, di attaccare i valori correnti del cinema inglese. Era una campagna, una crociata assolutamente lucida, per affermare che la maggior parte dei film prodotti allora erano superati, che ricorrevano a convenzioni inappropriate per la nostra epoca. Abbiamo fatto film e scritto manifesti per pubblicizzare un po’ il movimento, ma il valore di questi film, se ne hanno, è nei film stessi e non nel movimento. Abbiamo cercato di provocare la gente, perché definisse le proprie posizioni; abbiamo alzato la voce, ed è per questo che ci hanno chiamato i giovani arrabbiati”.
18/12/09
Mo aka The Boxer's Omen (Shaw Brothers 1983)
17/12/09
Rapporto Confidenziale Numero 20
RAPPORTO CONFIDENZIALE. rivista digitale di cultura cinematografica
NUMERO20 | DICEMBRE’09
free download 12,9mb | 5,62mb | ANTEPRIMA
EDITORIALE di Alessio Galbiati
«L’attuale crisi delle democrazie borghesi implica una crisi delle condizioni determinanti per l’esposizione di coloro che governano. Le democrazie espongono colui che governa immediatamente, con la sua persona, e lo espongono di fronte ai rappresentanti del popolo. Il parlamento è il suo pubblico! Con le innovazioni delle apparecchiature di ripresa, che permettono di far sentire, e poco dopo di far vedere, l’oratore a un numero illimitato di spettatori, l’esposizione dell’uomo politico di fronte a queste apparecchiature di ripresa assume un ruolo di primo piano. Si svuotano i parlamenti, contemporaneamente ai teatri. La radio e il cinema modificano non soltanto la funzione dell’interprete professionista ma anche, e allo stesso titolo, quella di coloro che, come i governanti interpretano se stessi. L’orientamento di questa modificazione è lo stesso, a parte i diversi compiti particolari, per l’interprete cinematografico e per colui che governa. Esso persegue la produzione di prestazioni verificabili, anzi adottabili, in determinate condizioni sociali. Ciò ha come risultato una nuova selezione, una selezione che avviene di fronte all’apparecchiatura; da questa selezione escono vincitori il divo e il dittatore».
Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino 1966, nota 20, p.53.
«Il problema primo è rendersi conto che ogni critica rischia di essere la freccia che Stallio e Ollio si portano a spasso per il labirinto. La freccia, segno di ogni mascheramento ideologico. Il problema primo del labirinto è di essere aperto all’infinito, senza limiti, come in mille modi ha mostrato Borges; per cui appunto anche una freccia piantata per terra è in realtà sospesa nella mancanza di senso».
(Storia del) Falcone in Il falcone maltese. Anno III – n° 8 – gennaio 1976, p.43.
Nemmeno mi pare possibile, ma Rapporto Confidenziale esiste da due anni. Tanti? Pochi? Non saprei.
In questo arco di tempo abbiamo fondamentalmente costruito una casa, un luogo dove poter parlare di cinema in totale libertà. Il termine è abusato e fuorviante, con esso intendo l’applicazione costante del proprio libero arbitrio, che non sempre è un qualcosa di democratico. L’emancipazione dal cinema in quanto prodotto commerciale è essenziale per ri-portare a nuova vita un’arte sempre più svilita dall’industria che la produce; per questo del mercato, delle novità e del box office non trovate traccia su Rapporto Confidenziale.
Due anni sono inevitabilmente un nuovo inizio.
Buona visione.
SOMMARIO del NUMERO20
04 La copertina di Max Trudolubov
05 Editoriale di Alessio Galbiati
06 BREVI appunti sparsi di immagini in movimento di Alessio Galbiati e Roberto Rippa
07 Conversazione con Carmine Amoroso di Alessio Galbiati
12 • Come mi vuoi (1996) • Cover Boy. L’ultima rivoluzione (2007)
15 LINGUA DI CELLULOIDE I MOSTRI (Dino Risi) cineparole di Ugo Perri
16 Un prophète di Roberto Rippa
17 A Serious Man di Roberto Rippa
18 Tg1 Tam Tam: «Heidi, Goldrake, Harlock and Co.» – 5/Aprile/1979 di Mario Verger
24 Video Letter: quando il video diventa coscienza di Francesco Bertocco / DIGICULT
28 Nìguri di Alessio Galbiati
29 Conversazione con Antonio Martino di Alessio Galbiati
34 L’ELENCO DI n COSE – classificazione enciclopedica del nulla #2 a cura di Gregory Arkadin
ANTI AUGURI. 9 film necessari per uscire mentalmente indenni dal Natale.
38 Scerbanenco by Numbers di Alessio Galbiati
39 Intervista a Stefano Giulidori, regista di Scerbanenco by Numbers di Alessio Galbiati
44 ABDICAZIONI. l’archivio letterario di Rapporto Confidenziale a cura di Luca Salvatore
William S. Burroughs – Lo chiamavano il prete