di Jaromil Jires (1970 CEC 77')
10/12/09
Valerie and her week of wonders (Jaromil Jires)
Valerie and her week of wonders Coraggioso adattamento del romanzo omonimo del poeta surrealista cecoslovacco Vítezslav Nezval, uscito in Italia col criticatissimo titolo "Fantasie di una tredicenne", che in realtà però gli calza a pennello. Il film è incentrato sull'adolescente Valerie che, al suo primo giorno di mestruazioni, vive una serie di esperienze bizzarre e traumatizzanti connesse con lo sbocciare della propria sessualità. Il film, zeppo di simboli e allegorie, non ha una trama lineare e mischia continuamente i piani temporali (tra fantasia, sogno e realtà) e l'identità dei vari personaggi, risultando molto impervio da seguire. Si potrebbe descrivere come una macabra favola dell'orrore, in alcuni punti appesantita da una recitazione eccessivamente teatrale, con una trama che è un audace incrocio tra Alice nel paese delle meraviglie e Nosferatu. L'unica costante di ogni scena rimane la figura pura e innocente di Valerie che vaga confusa tra paesaggi onirici e misteriosi, divenendo l'oggetto prelibato della cupidigia dei vari personaggi mostruosi che popolano il film. Nella pellicola assistiamo ad una toccante metafora della condizione di Valerie, rappresentata da una margherita macchiata da alcune gocce di sangue. Tutto scaturisce dal fatto che la madre di Valerie prima di morire, per proteggerla dai pericoli, le dona un paio di orecchini magici che le permetteranno di capire quando le cose non sono come sembrano. Scoprirà così che tutti gli abitanti della sua cittadina, apparentemente tranquilli, sono in realtà maniaci o vampiri o psicopatici (compresi ovviamente i suoi familiari). L'adescatore Jires ha un'ottimo senso dell'inquadratura e costruisce scenari visivamente ammalianti, ma non ha minimamente il senso del limite e spinge spesso il pedale sull'acceleratore della provocazione estrema gratuita, mostrando ogni genere di perversione ai danni dell'innocua ragazzina. Avvalendosi di una forma cinematografica poetica e attraente e sotto lo stendardo della libertà surrealista, Jires dà libero sfogo a tutte le sue deviazioni, scagliandosi selvaggiamente sull'odiatissimo potere religioso e mostrandoci compiaciuto scene di incesto, lesbismo e violenza. Non ci risparmia neppure alcune, attualmente assai imbarazzanti, scene in cui viene mostrata l'adolescente Valerie seminuda. Ma nel finale, furbescamente, fa intendere che tutto ciò che abbiamo visto è solo un sogno/incubo della ragazzina. Una nota positiva è da assegnare al personaggio del padre/vampiro/reverendo Weasel, indimenticabile icona del male con la sua faccia da ratto dai denti appuntiti e mantellaccio nero. Un film figlio di una stagione cinematografica irripetibile (la stessa di Arrabal, Makavejev, Jodorowsky...), affascinante visivamente (splendidi i trucchi, la fotografia di Jan Curik, le scenografie e i costumi), noioso nello svolgimento e che mette in mostra un erotismo abbastanza indigesto e inquietantemente malsano.
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