di Lars Von Trier (1987 DAN 106')
"Le coincidenze fortuite spesso possono essere così sinistre e fantastiche che si è tentati di trarre delle conclusioni apparentemente logiche ma in realtà infondate. Nel corso di cinque giorni, la sceneggiatura Epidemic fu ideata e scritta dentro e intorno a questo appartamento. Una vera epidemia si stava avvicinando in quei cinque giorni e il suo terribile scoppio coincise con la fine del copione. Ecco una di quelle coincidenze."
La frase sopra accompagna l'inizio del secondo film di Lars Von Trier e all'interno contiene già appieno il germe della sua provocazione. Un regista (Lars Von Trier) e uno sceneggiatore (Niels Vorsel) devono incontrare un consulente di produzione per sottoporgli una loro sceneggiatura chiamata "Il poliziotto e la puttana", ma, al momento di stamparla, scoprono che la memoria del dischetto è completamente danneggiata (a causa di un virus?). Incapaci di ricordare la sceneggiatura distrutta, decidono di inventare una nuova storia nei cinque giorni che li separano dall'appuntamento. Il soggetto della storia racconta del veloce diffondersi di un'epidemia nell'intero pianeta e del tentativo del dottor Mesmer di combatterla, recandosi nelle zone poste sotto quarantena contro il parere del governo del suo paese. L'azione del dottor Mesmer, utopico idealista, gli costerà l'espulsione con infamia dall'albo dei medici. Come i protagonisti, il regista e lo sceneggiatore non hanno notizie sull'epidemia di una misteriosa malattia veicolata dal batterio Wag Tann e denominata D.I.N., che determina alterazioni del tessuto ghiandolare e dei linfonodi e che si sta realmente diffondendo intorno a loro. Il morbo pestilenziale esploderà con virulenza nell'appartamento degli stessi protagonisti lo stesso giorno dell'incontro con il consulente di produzione.
Inizialmente il regista e lo sceneggiatore sono ripresi in 16mm, mentre il film da loro costruito è girato in 35mm e le immagini, composte da splendidi movimenti di macchina fluidi e circolari, sono accompagnate dalla musica del Tannhauser di Richard Wagner. Ma nel progredire del film la distinzione diviene più impalpabile e i due mondi paralleli si confondono e si compenetrano. Finzione e realtà in tal modo si mescolano indissolubilmente e il cinema diventa quasi esso stesso un veicolo di contagio insopprimibile. Epidemic, come ha dichiarato Lars Von Trier, è anche la storia del modo in cui ha scritto il suo primo film L'elemento del crimine in collaborazione con lo sceneggiatore Niels Vorsel (la progressione drammatica della storia viene genialmente incisa con sofferte linee direttamente sul muro di una stanza). Nel film compare anche Udo Kier in una scena toccante incentrata sulla morte della madre. Durante il progredire delle immagini, spesso enigmatiche e di difficile interpretazione, il logo rosso E P I D E M I C è perennemente sullo schermo e accompagna minacciosamente la visione. Si tratta di un film inclassificabile e sfuggente, rimasto sconosciuto ai più, che pone però le basi per un nuovo affascinante linguaggio cinematografico. E' come se guardandolo si fosse in qualche modo contaminati dalle immagini virali del regista e dalle sue atmosfere ossessive e perturbanti. La scena finale, in cui viene ingaggiato un vero ipnotizzatore affinché immerga nel film Epidemic una giovane attrice alla quale è stata fatta leggere una breve sceneggiatura, è incredibile e squassante al tempo stesso (omaggio al Cuore di vetro di Werner Herzog in cui tutti gli attori giravano sotto ipnosi). La visione della ragazza sotto ipnosi sarà quanto mai angosciante, densa di orrori e visioni apocalittiche e terminerà in una disturbante crisi isterica. La ripresa dei bubboni sul collo della ragazza, al termine della seduta, renderà chiaro che non vi è scampo, l'epidemia del malsano morbo di E P I D E M I C è ormai incontenibile e tutti gli attori ne verranno implacabilmente divorati. E anche noi, ipnotizzati dal cinema di Von Trier, ne usciremo irrimediabilmente alterati.
"Un film dovrebbe essere come un sasso nella scarpa"
(Lars Von Trier in Epidemic)
La frase sopra accompagna l'inizio del secondo film di Lars Von Trier e all'interno contiene già appieno il germe della sua provocazione. Un regista (Lars Von Trier) e uno sceneggiatore (Niels Vorsel) devono incontrare un consulente di produzione per sottoporgli una loro sceneggiatura chiamata "Il poliziotto e la puttana", ma, al momento di stamparla, scoprono che la memoria del dischetto è completamente danneggiata (a causa di un virus?). Incapaci di ricordare la sceneggiatura distrutta, decidono di inventare una nuova storia nei cinque giorni che li separano dall'appuntamento. Il soggetto della storia racconta del veloce diffondersi di un'epidemia nell'intero pianeta e del tentativo del dottor Mesmer di combatterla, recandosi nelle zone poste sotto quarantena contro il parere del governo del suo paese. L'azione del dottor Mesmer, utopico idealista, gli costerà l'espulsione con infamia dall'albo dei medici. Come i protagonisti, il regista e lo sceneggiatore non hanno notizie sull'epidemia di una misteriosa malattia veicolata dal batterio Wag Tann e denominata D.I.N., che determina alterazioni del tessuto ghiandolare e dei linfonodi e che si sta realmente diffondendo intorno a loro. Il morbo pestilenziale esploderà con virulenza nell'appartamento degli stessi protagonisti lo stesso giorno dell'incontro con il consulente di produzione.
Inizialmente il regista e lo sceneggiatore sono ripresi in 16mm, mentre il film da loro costruito è girato in 35mm e le immagini, composte da splendidi movimenti di macchina fluidi e circolari, sono accompagnate dalla musica del Tannhauser di Richard Wagner. Ma nel progredire del film la distinzione diviene più impalpabile e i due mondi paralleli si confondono e si compenetrano. Finzione e realtà in tal modo si mescolano indissolubilmente e il cinema diventa quasi esso stesso un veicolo di contagio insopprimibile. Epidemic, come ha dichiarato Lars Von Trier, è anche la storia del modo in cui ha scritto il suo primo film L'elemento del crimine in collaborazione con lo sceneggiatore Niels Vorsel (la progressione drammatica della storia viene genialmente incisa con sofferte linee direttamente sul muro di una stanza). Nel film compare anche Udo Kier in una scena toccante incentrata sulla morte della madre. Durante il progredire delle immagini, spesso enigmatiche e di difficile interpretazione, il logo rosso E P I D E M I C è perennemente sullo schermo e accompagna minacciosamente la visione. Si tratta di un film inclassificabile e sfuggente, rimasto sconosciuto ai più, che pone però le basi per un nuovo affascinante linguaggio cinematografico. E' come se guardandolo si fosse in qualche modo contaminati dalle immagini virali del regista e dalle sue atmosfere ossessive e perturbanti. La scena finale, in cui viene ingaggiato un vero ipnotizzatore affinché immerga nel film Epidemic una giovane attrice alla quale è stata fatta leggere una breve sceneggiatura, è incredibile e squassante al tempo stesso (omaggio al Cuore di vetro di Werner Herzog in cui tutti gli attori giravano sotto ipnosi). La visione della ragazza sotto ipnosi sarà quanto mai angosciante, densa di orrori e visioni apocalittiche e terminerà in una disturbante crisi isterica. La ripresa dei bubboni sul collo della ragazza, al termine della seduta, renderà chiaro che non vi è scampo, l'epidemia del malsano morbo di E P I D E M I C è ormai incontenibile e tutti gli attori ne verranno implacabilmente divorati. E anche noi, ipnotizzati dal cinema di Von Trier, ne usciremo irrimediabilmente alterati.
"Un film dovrebbe essere come un sasso nella scarpa"
(Lars Von Trier in Epidemic)
Nessun commento:
Posta un commento