05/01/10

On the Silver Globe (Andrzej Zulawski)

On the Silver Globe - Na Srebrnym Globe
di Andrzej Zulawsk
i (1988 POL 166')

Film di fantascienza criptico e visionario, tratto dal romanzo "The Lunar Trilogy" scritto tra il 1901 e il 1911 dallo zio del regista, Jerzy Zulawski. Quella arrivata a noi è una versione mutilata e abbastanza confusa, priva di ben 1/5 di pellicola, parte non completata nel 1978, quando il Ministero polacco della Cultura per (imbarazzanti) ragioni politiche impose la sospensione delle riprese e la distruzione completa di bobine, scenografie e costumi. La versione reperibile sul mercato estero è quella a cui Zulawski ha messo mano nel 1987, presentata a Cannes l'anno seguente, utilizzando i brandelli di prellicola salvati dal rogo e portati clandestinamente in salvo all'estero. In tale versione le scene mancanti sono state sostituite dalla loro descrizione verbale ad opera dello stesso regista, montata su insulse immagini riprese dalle strade di una cittadina polacca degli anni Ottanta. Il film è disseminato di fitti dialoghi metaforici incentrati su questioni filosofiche, parabole religiose e problematiche esistenziali di difficile comprensione anche nei sottotitoli in inglese (proprio per questo sarebbe auspicabile la pubblicazione di una sua versione con sottotitoli in italiano). Molto utile è cercare di riassumere la complicata trama, ambientata in tre scenari differenti. Nel primo scenario quattro astronauti composti da tre uomini e una donna decidono di abbandonare la terra per dare vita ad una nuova civiltà all'insegna dell'assoluta libertà. Un guasto alla loro astronave li obbliga ad atterrare su un pianeta desolato non dissimile dal nostro (splendide le location del film, in realtà girato in Mongolia), dove questi iniziano a riprodursi dando origine ad una civiltà primitiva fatta dai loro discendenti, dediti in seguito ad abitudini tribali e arcani riti pagani. Solo uno dei quattro astronauti sopravviverà e sarà soprannominato dalla bizzarra tribù "The Old Man" e idolatrato come un Messia. Questi si immedesimerà talmente nella parte da tramutarsi in una specie di profeta e ordinerà le leggi della nuova comunità, per poi abbandonarla e scomparire nelle montagne, non prima però di avere inviato, tramite un piccolo razzo spaziale, un videomessaggio registrato alla Terra. Nel secondo scenario vediamo uno scienziato di nome Marek che riesce a decodificare il videomessaggio dell'uomo e decide di partire alla volta del pianeta sconosciuto per scoprire l'evoluzione di tale nuova civiltà. Quando arriva sul pianeta, scopriamo che la primitiva tribù, provata dalla difficile quotidiana lotta per la sopravvivenza, ha subito una lacerante scissione che ha portato alla nascita di due differenti bande. La situazione è complicata dal fatto che alcuni strani esseri mutanti telepatici, simili a orrendi volatili preistorici dagli occhi luminescenti (chiamati Shernes), hanno schiavizzato buona parte della popolazione e stanno probabilmente dando vita ad una nuova mostruosa razza, incrociandosi con i discendenti degli astronauti. Marek verrà considerato la reincarnazione di "The Old Man" dalle tribù del pianeta e di conseguenza considerato e trattato come una specie di salvifico Messia. Si metterà così alla loro guida per sconfiggere i misteriosi Sherns, determinando una sconvolgente esplosione di inaudita violenza sull'isola (tra cui scene di impalamenti a livello di Cannibal Holocaust). Ma l'insicurezza e l'instabilità della personalità di Marek causeranno il suo crollo psichico, che porterà la tribù a smascherarlo per poi lapidarlo e crocifiggerlo, in una scena di inquietante e indimenticabile violenza, che dimostra come la tanto agognata Nuova Civiltà non sia altro che un inferno dominato dall'anarchia e dalla follia. Il terzo scenario è incentrato sulla vita di un ragazzo in una base spaziale della Terra, forse lo stesso Marek da giovane. Questo spezzone evidenzia le similitudini tra le barbarie del nostro pianeta e quelle del Silver Globe ed è accompagnato da una straniante colonna sonora rock. Il modo di fare cinema di Zulawski vuole affacciarsi sull'orlo dell'abisso di sofferenza dell'anima umana e tutto questo crea malessere e disagio nello spettatore, praticamente messo a nudo dalle aggressive situazioni inscenate nelle sue pellicole. Il suo è un cinema faticoso da guardare, apparentemente assurdo e delirante, spesso doloroso e talora insostenibile, ma mai gratuito. Passare attraverso una sua pellicola è come rischiare la vita, provoca un'emozione scuotente, forse che non si vuole più ripetere, ma che rimane eternamente incastonata nella memoria. Questo film si distingue per molti elementi, in primo luogo per alcune memorabili sequenze post-apocalittiche, poi per la penetrante recitazione teatrale debitrice del teatro di Grotowski, per il viscerale rapporto che instaura tra immagine filmica e spettatore, per gli stupefacenti e inventivi costumi di scena, per gli enigmatici alieni Shernes (bizzarro incrocio tra angeli e demoni) e per la straordinaria padronanza nell'uso della telecamera, capace di dare vita a movimenti di macchina, angoli di ripresa e carrellate nervose, degne dei più grandi maestri della Settima Arte. Peccato non poter vedere la versione integrale di questo radicale ufo di celluloide, incentrato sul fondamentale e sempre centrale tema della libertà.

"The key to unhappiness is to control"
(Andrzej Zulawski)

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