Voglio la testa di Garcia (Bring Me the Head of Alfredo Garcia)
di Sam Peckinpah (1974 MEX/USA 112')
con Warren Oates, Isela Vega, Emilio Fernandez, Gig Young, Kris Kristofferson
L'incipit è spiazzante (come tutto il film del resto): un ricco feudatario messicano, interpretato dal grande Emilio "Indio" Fernandez, urla, accecato dalla rabbia: "Bring me the head of Alfredo Garcia!" e arriva così ad offrire un milione di dollari a chi gli porterà la testa dell'uomo che gli ha impudentemente messo incinta la figlia. Per la ricerca dell'uomo si mette in moto un'organizzazione capillare e ultramoderna di cacciatori di taglie, che non può non far pensare alla CIA. Due minacciosi componenti dell'organizzazione, che si occupano di perlustrare i più sordidi anfratti del Messico, si imbattono in Bennie, un pianista americano alcolizzato, che lavora in un night-club di infima categoria. Bennie conosce Alfredo Garcia e quella che ora gli si presenta, probabilmente è la grande occasione della sua vita. Accecato dall'avidità per i diecimila dollari che i due gli promettono se gli porterà la testa di Alfredo Garcia, Bennie assicura il suo supporto alla caccia. Gli risulta infatti che la donna che frequenta, la prostituta messicana Elita (interpretata da una folgorante Isela Vega), è andata a letto recentemente con l'irresistibile Garcia. La donna sa che Garcia è morto in un incidente stradale ed è stato seppellito nel cimitero del suo villaggio d'origine. Il pianista e la prostituta decidono così di partire per recuperare la preziosa testa verso il paese in questione, situato nel sud del Messico. Bennie acquista un enorme machete ed un sacco di juta. Il viaggio viene ad essere l'occasione per piacevoli momenti tra i due, che si scambiano amorevoli promesse sul futuro, speranzosi di abbandonare per sempre il loro squallido mondo, intriso di solitudine e tristezza. Ma improvvisamente un episodio li precipita nella violenta realtà messicana: due sbandati sorprendono i due in aperta campagna e mentre uno tiene a bada Bennie con una pistola, l'altro tenta di violentare Elita. Il giovane (interpretato da Kris Kristofferson) sembra avere però un momento di esitazione durante lo stupro, svelando una tenerezza inaspettata, che fa sorprendentemente cambiare atteggiamento alla donna. La reazione di Bennie verso i due sarà spietata. Una volta arrivati al cimitero del villaggio, il problema risulta essere quello di disseppellire il cadavere e decapitarlo. Ma mentre il risoluto Bennie scava fino a trovare l'ambita testa, qualcosa va storto e lui perde conoscenza, colpito violentemente da tergo. Al suo risveglio lo attende l'orrore: la sua compagna è stata uccisa ed è stata sotterrata al posto del corpo di Alfredo Garcia. Un abisso di disperazione gli stringe l'anima e, da questo momento in poi, il suo unico obiettivo sarà capire i motivi di questa faida e punire i mandanti. Bennie scatta così in automobile all'inseguimento degli aggressori (due cacciatori di taglie che li avevano pedinati) e dopo averli uccisi e aver recuperato la testa, ritorna allucinato verso i suoi mandanti. Il viaggio di ritorno è un'odissea fetida, in cui lo spettatore è letteralmente sbalzato dentro l'abitacolo dell'auto, zeppo di mosche e maleodorante, di fianco ad uno stravolto Warren Oates, che si lascia andare a lunghi e farneticanti dialoghi con la putrescente testa/feticcio, racchiusa dentro il sacco. Bennie/Oates è l'alter ego di Sam Peckinpah: un fottuto loser individualista incapace di adeguarsi. Nel film emerge tutta la sua collera verso la natura corruttrice del denaro, la sua anarchica ostilità verso le magagne del potere, ma anche la sua profonda umanità, intrisa di romantico lirismo e di profonda dignità. Il suo protagonista si rende conto troppo tardi, come spesso accade nella nostra vita, di ciò che veramente più contava nella sua vita. Il finale vede una progressione di violenza inarrestabile e catartica, fatta di sparatorie e sangue, che porterà Bennie (rivelatosi un infallibile killer) a vendicare la sua vita rovinata, in un mondo dominato dalla legge della giungla. Arriverà ad uccidere il ricco feudatario, fregandosene dei soldi, per poi essere crivellato dalla gragnuola di colpi delle sue guardie del corpo. Un film straordinario che, sotto la patina del genere, si rivela essere una riflessione profonda sulla natura umana e sulle possibilità di maturazione degli individui e in cui la morte viene ad essere l'inevitabile e naturale sbocco della vita. L'ultima inquadratura è data da un nichilistico primo piano della bocca di un fucile a doppia canna, fumante per le pallottole appena scaricate. Peckinpah ha aperto, col suo cinema malinconico e crepuscolare, le porte al cinema moderno e infatti questo film all'epoca dell'uscita fu un flop sia di pubblico che di critica. Anche la nostra proiezione, risalente al 1995, vide uscire gli attòniti spettatori evidentemente disorientati e disturbati. Ma il tempo ha reso giustizia a quest'opera e uno dei più bei film degli ultimi anni, "Le tre sepolture" di Tommy Lee Jones, si configura come un evidente omaggio alle tematiche di "Voglio la testa di Garcia".
"Per Voglio la testa di Garcia ho pedinato come un segugio i peggiori rottami della società, i diseredati, i falliti per vedere, per sentire, per mangiare letteralmente il Messico attraverso i loro occhi, per catturare, attraverso i loro moventi, le loro reazioni, i loro caratteri, l'anima colorata di un paese che non è così aperto e scoperto come appare al turista...in quel clima di contraddizioni contorte in cui si dibatte spesso il cuore messicano, pronto, se serve, a pagare col diavolo l'incontro con Dio." (Sam Peckinpah)
Buon Natale a tutti i lettori del blog!
18 ore fa
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