10/09/12

The Ace of Spades


Lo scrittore francese René Alleau affermava che una società senza simboli non può evitare di cadere al livello delle società infraumane, poiché la funzione simbolica è un modo di relazione tra l’umano ed il sovraumano. Eppure a volte proprio i tentativi di interpretare tali simboli sembrano complessi e vani, volti a svelare segreti audacemente celati dalle parole (in letteratura) e dalle pennellate di colore (in pittura) di dubbia o comunque mai totalmente chiara decodificazione.
Il movimento artistico del Simbolismo, nato in Francia nella seconda metà del XIX sec, intuisce che sotto la realtà apparente, quella percepibile con i sensi, si nasconda una realtà più profonda e misteriosa a cui solo l’artista può accedere, e produce una vasta quantità di dipinti ai quali, stavolta senza dubbio, la qualità non può essere estranea.
Il pittore belga Fernand Khnopff (Grembergen 1858 - Brussels 1921) è stato definito “il simbolista perfetto”, creatore di un’arte che nasce e si sviluppa in un contesto altamente intellettuale, con le radici che affondano nell’eredità classica e lo sguardo attivamente rivolto alle avanguardie della modernità. Un artista saldamente legato alla città di Bruges, dove ha trascorso gran parte della sua giovinezza e di cui ha spesso rappresentato scorci e corsi d’acqua, talvolta reali, talvolta riflessi.
Un’arte fra due mondi - “Segreto-riflesso”, 1902, Pastello su carta, diametro mm 495; matita colorata su carta, mm 278 x 490, Groningen Museum, Bruges

Quella di Khnopff è un’arte “fra due mondi”, sempre giocata visualmente e tematicamente su una serie di riflessi e opposizioni, paesaggi e figure umane, unicità “reale” del soggetto e attenta riproduzione dello stesso, senza tralasciare la costante e affascinante dialettica, tipicamente simbolistica, della donna come creatura angelica e femme fatale.
Uno dei suoi quadri più enigmatici è il “Segreto-riflesso”, opera matura del simbolista belga, risalente al 1902. La sorella Marguerite è uno dei soggetti cari al nostro artista (era ossessionato e dipingeva il suo volto in ogni quadro) ed ecco che la ritroviamo anche qui, nel “Segreto-riflesso”, che rappresenta sicuramente una delle opere più misteriose e complesse a livello sia simbolico sia iconografico.
È un quadro dal doppio volto, si potrebbe dire.
Due dipinti di forma diversa l’uno sovrastante l’altro. Il “riflesso”, nella parte inferiore, è di forma rettangolare e legato alla dimensione terrena. Il “segreto”, invece, perfettamente circolare, alla dimensione celeste, secondo la concezione platonica del cerchio come figura che allude alla perfezione, all’armonia, all’ultraterreno.
Il dipinto rettangolare è il riflesso della facciata dell’ospedale di San Giovanni nelle acque di uno dei canali che attraversano Bruges. Uno specchio orizzontale, dunque, che ci mostra il mondo esterno da un’altra prospettiva, e che forse proprio nel riflesso, nel “doppio” ci svela il segreto del reale.
Nel cerchio dipinto c’è lei, Marguerite, rappresentata come una sacerdotessa e intenta a guardare e a guardarsi in una maschera che ha il suo stesso volto. A regnare qui è il verticalismo di uno specchio assente: un altro riflesso, dunque, ma senza alcuna superficie di transizione fra un livello e l’altro. Un’immagine speculare, comprovata e forse in parte spiegata nell’elemento apparentemente secondario del guanto bianco indossato dalla donna, un guanto che non é in grado di coprire la mano sinistra che lo fronteggia a meno che non venga girato (in modo che l’esterno diventi l’interno e viceversa). Un passaggio dall’esterno all’interno che quindi corrisponde al passaggio attraverso lo specchio (mancante), quasi come se Marguerite fosse passata dall’altro lato, quasi come se fosse riuscita ad andare oltre la sua stessa “maschera”, per trovare infine la sua stessa natura. Una natura che, forse, vuole mantenere segreta.
Il dito davanti alle labbra del suo stesso riflesso impone un silenzio che non svela.
Ma il mistero della pittorica di Khnopff non finisce certo qui. Ci sono altri due suoi quadri in cui si ritrovano elementi forse connessi con il “Segreto-riflesso” (o con quello che potremmo a questo punto definire "il segreto del riflesso"). E, guarda caso, si tratta in entrambi i casi di ritratti della sorella Marguerite.
Il primo è il “Ritratto di Marguerite Khnopff” del 1887, in cui la donna viene raffigurata con il corpo di prospetto e la testa lievemente girata verso la sua sinistra, con uno sguardo lontano dal mondo e un lungo abito bianco stretto in vita. Tutto sembra rimandare ad un quadro semplicistico, quasi riduttivo rispetto alla complessità simbolica dell’altro.
Eppure un dettaglio, silenzioso, colpisce. Apparentemente privo di alcuna importanza, si nota il guanto in primo piano che “veste” proprio il braccio destro della donna come nel “Segreto-riflesso”. Che ci sia un qualche legame? Chi può dirlo.

Il silenzio che Marguerite impone e si auto-impone ritorna, poi, anche in un terzo dipinto che incuriosisce di questo pittore tutto da riscoprire. È “Il silenzio” (1890) che trae spunto da una fotografia della stessa Marguerite, scattata volontariamente dal basso verso l’alto per accentuare la figura quasi monumentale e “inaccessibile” della donna. Non vi stupirete se dirò che la nostra Marguerite indossa un paio di guanti e porta un dito davanti alle labbra, intimando al silenzio.
Il segreto sarà mai svelato?
Saranno solo coincidenze? Chi lo sa. Ciò che è certo è che Marguerite nasconda un segreto, che voglia custodirlo ad ogni costo, mettendo a tacere anche la maschera che potrebbe tradirla, anche l’altra sé. Giacché, si sa, nessuno ci tradisce più di noi stessi.
Quel dito sulle labbra fornisce un messaggio chiaro. Il silenzio è ciò che Marguerite vuole, ciò che impone anche a se stessa. Chissà che un giorno non cambi idea e ci sveli il suo segreto. O quello del fratello Fernand Khnopff.

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