di Karel Reisz (1974 USA 111')
Si tratta di un cristallino e dimenticato capolavoro in celluloide, "40000 dollari per non morire" il titolo in italiano, tratto da "Il giocatore" di Dostoevskij, mirabilmente scritto dall'esordiente James Toback e interpretato da uno sbalorditivo James Caan, nella parte di un colto e benestante professore universitario di letteratura con il vizio della scommessa al tavolo da gioco. Scrive Dostoevskij (egli stesso accanito giocatore) nel racconto suddetto “Ho sentito un brivido di terrore corrermi per la schiena mentre mi prendeva, un tremito alle mani e ai piedi. In un attimo mi sono reso conto con terrore cosa significava per me perdere: insieme a quell’oro puntavo tutta la mia vita! Rouge!, ha gridato il croupier e io ho tirato un sospiro di sollievo, mentre un formicolio di fuoco mi correva per tutto il corpo”. Reisz e Toback mettono in scena in maniera pressoché perfetta proprio questa singolare emozione che porta il giocatore a mettere a rischio le proprie sostanze, ma contemporaneamente anche sé stesso, il piacere di rimanere per il frammento di un istante sospesi nel limbo tra desiderio, volontà di potenza, fascinazione per il futuro e autodistruzione. Nel gioco d'azzardo si viene a configurare una metafora della concezione del mondo di questi uomini in cui l'elemento del rischio la fa da padrone: "Il desiderio è vita...la volontà di credere...la sicurezza che 2 più 2 fa 5...Mi piace l'incertezza, mi piace il rischio di perdere, mi piace vincere...anche se non dura mai a lungo" confessa il protagonista del film. La scarica di adrenalina che percorre la schiena del giocatore, sospeso nel vuoto delle possibilità, diventa una droga irresistibile e la vita stessa diviene pienamente apprezzabile solamente nel momento in cui si é disposti a metterla totalmente in gioco in un singolo istante. I dialoghi del film meritano un taccuino sul quale annotarseli durante la visione e il ritratto della sconfitta di un uomo dotato di "intelligenza, palle e volontà" in un mondo dominato dai quaquaraquà rimane indelebile nella memoria. Finale straziante (con Gustav Mahler come colonna sonora) in cui il protagonista, per salvarsi l'anima, evitando di entrare nel giro dei ricatti della malavita, fa una scelta coraggiosa ed estrema. La critica alla società americana "che teme il nuovo più di qualunque altra cosa" è pungente e implacabile e la pellicola di Reisz riesce a rendere il senso profondo di un aspetto indubitabile della natura umana, quello citato in questo frammento: « Da un essere umano, che cosa ci si può attendere? Lo si colmi di tutti i beni del mondo, lo si sprofondi fino alla radice dei capelli nella felicità, e anche oltre, fin sopra la testa, sì che alla superficie della felicità non salga che qualche bollicina, come sul pelo dell'acqua - gli si diano la tranquillità e di che vivere, al segno che non gli rimanga proprio nient'altro da fare se non dormire, divorare pasticcini e pensare alla sopravvivenza dell'umanità; ebbene, in questo stesso istante, proprio lo stesso essere umano che avete reso felice, da quel bel tipo che è, e unicamente per ingratitudine, e per insultare, vi giocherà un brutto tiro. Egli metterà in gioco persino i pasticcini, e si augurerà la più nociva assurdità, la più dispendiosa sciocchezza, soltanto per aggiungere a questa positiva razionalità un proprio funesto e capriccioso elemento. Egli vorrà conservare le sue stravaganti idee, la sua banale stupidità... »
(da Memorie dal sottosuolo, Fëdor Michajlovič Dostoevskij)
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