Il cervello che non voleva morire - The Brain that Wouldn't Die
di Joseph Greene (1962 USA 82')
Dietro questo gioiello della fantascienza anni Sessanta c'è la figura dell'attore Jason/Herb Evers che recita, produce, sceneggia e dirige sotto pseudonimo un film zeppo di situazioni spiazzanti e assurde. La trama delirante e le immagini audaci bloccarono la distribuzione del film per ben tre anni e il regista fu costretto a censurare diverse sequenze per riuscire a vederlo finalmente distribuito. Protagonista è un brillante chirurgo figlio d'arte che lavora sul labile confine tra genio scientifico e fanatismo ossessivo, eseguendo trapianti sperimentali di arti e organi (grazie ad un siero che impedisce il rigetto) e non fermandosi davanti a nulla pur di procurarsi i pezzi mancanti. Nella pellicola il chirurgo cerca di ridare la vita alla testa della sua fidanzata decapidata in un incidente stradale, causato dalle sue inspiegabili intemperie alla guida. La testa, dotata di un volto ammaliante, messa su un vassoio e tenuta in vita con flebo ed elettrodi non si dimentica facilmente. Il culmine si raggiunge poi quando il chirurgo, vincente di bell'aspetto e pure un poco voglioso, si dirige al Moulin Rouge alla ricerca del corpo di una pin-up da trapiantare al cervello della sua amata. Esilarante la scena in cui il chirurgo occhieggia le ragazze, pensando al corpo da scegliere, durante una sfilata di costumi da bagno dal titolo "Miss Belle Forme". Sceglierà poi una modella dal corpo mozzafiato e dal costume leopardato, ma dal volto orrendamente sfregiato: a ribadire lo status di film-freak della pellicola in questione. La presenza di un mostro chiuso in uno sgabuzzino del laboratorio (creato dall'unione di vari brandelli e frammenti di membra e visceri da parte dello scienziato) e in comunicazione telepatica con la testa complica ulteriormente le cose. Il sodalizio tra i due freaks e la preparazione della vendetta avrà inizio con le profetiche parole "tu sei la forza e io il pensiero" pronunciate dalla logorroica testa. A completare lo psicotronico quadretto c'è anche l'assistente del chirurgo, figura apparentemente fuoriuscita da Blood Feast di Herschell Gordon Lewis, reso deforme a causa di un trapianto malfatto e ora con un braccio atrofizzato e affetto dal morbo di Dupuytren. Epilogo splatter ante-litteram con il mostro che prima strappa il braccio buono all'assistente (che si trascina caracollando e conseguentemente insanguinando tutto il sotterraneo del laboratorio), poi lacera e strappa un brandello di collo al sorpreso chirurgo. Il chirurgo farà una brutta fine tra le fiamme del laboratorio, mentre il mostro nel caleidoscopico finale scapperà con in braccio la modella, mentre la testa rianimata ridendo istericamente rimarrà enigmaticamente sul vassoio. A metà strada tra Russ Meyer, Frankenstein e Re-Animator, le vie dell'exploitation sono infinite...
Un brano di Adelbert von Deyen è stato associato ad immagini di questo film...
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