RAPPORTO CONFIDENZIALE. rivista digitale di cultura cinematografica
NUMERO19 NOVEMBRE’09
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10,9mb 3,37mb ANTEPRIMAhttp://www.rapportoconfidenziale.org/EDITORIALE di Roberto RippaCi risiamo: l’anno scorso – precisamente in agosto, in occasione della sua presentazione al Festival internazionale del film di Locarno – la polemica aveva avuto come obiettivo l’ottimo documentario sulla nascita delle Brigate rosse
Il sol dell’avvenire di Gianfranco Pannone (si veda RC. SPECIALE 61° Festival del Film di Locarno. 6-16|8|2008, pag.42-46) e come protagonista il (fa sempre un po’ impressione scriverlo) ministro dei Beni culturali e turismo Sandro Bondi che, in un’intervista rilasciata a Luca Telese, dichiarava di avere trovato nel film: «Un senso di amarcord… brigatista», aggiungendo poi che nella pellicola «Si offre un solo e unico punto di vista: quello degli ex terroristi». Non mancava quindi di dichiarare: «Ritengo immorale che lo Stato possa finanziare un film che rappresenta il tentativo di ricostruire in maniera di parte eventi delicatissimi e controversi» (il Giornale, 8 agosto 2008).
Da quale segmento del film il ministro avesse potuto evincere questa sorta di nostalgia o una visione di parte sfugge completamente, in un’opera di rara correttezza che si limitava a raccontare un evento che fa parte della storia del Paese non mancando peraltro di mostrare le scene crude delle vittime prima dei titoli coda.
Ora tocca a La prima linea di Renato De Maria, che racconta di Sergio Segio, tra i fondatori dell’organizzazione armata Prima linea e promotore dell’evasione di sei detenuti, tra cui la sua compagna Susanna Ronconi, dal carcere di Rovigo nel 1982. Il film di De Maria, che uscirà il 20 di questo mese per Lucky Red, è già oggetto di feroci critiche, soprattutto per il finanziamento governativo ottenuto, con il Giornale di Vittorio Feltri che il 4 novembre scorso ha pubblicato un articolo di Stefano Zurlo dal titolo “Il film che trasforma i brigatisti in eroi” e il Presidente Napolitano che ha preso le distanze dichiarando che non sa se lo vedrà (Governo italiano – rassegna stampa del 10 novembre 2009). Questa volta, dopo avere visto in anteprima il film nei giorni scorsi, Bondi ha ammesso che il film «non costituisce un’apologia del terrorismo». Ha inoltre aggiunto: «Ritengo personalmente che la sopravvivenza nella storia del nostro Paese di rigurgiti di violenza politica, nonché il rispetto che tutti, a partire dalle istituzioni, dobbiamo alla memoria di tutte le vittime del terrorismo, per non parlare della doverosa riservatezza che i protagonisti di quella stagione dolorosa dovrebbero mantenere, imporrebbero di non usare fondi pubblici per finanziare questo genere di film» (10/11/2009-ITL/ITNET).
Tralasciando la posizione dei parenti delle vittime, , comunque assolutamente legittima anche se non può portare alla limitazione del racconto della storia o a una sua visione univoca in nome del rispetto della memoria (e che non può essere confusa con quelle qui riportate), vale la pena di notare come su entrambi i film gravi l’anatema del finanziamento statale e come la necessità del rispetto della memoria delle vittime venga usata per dichiarare questi film come quantomeno inopportuni (a questa stregua, altre ere storiche che hanno visto vittime non andrebbero quindi raccontate?).
Però la storia è storia, il terrorismo in Italia di storia ne ha avuta e ne ha fatta, e conoscerla non può che giovare. Quelli come Bondi forse preferirebbero che la storia non venisse raccontata (o forse si, magari rivista da lui e dai suoi compagni al potere). E invece, in un’Italia che purtroppo appare nuovamente molto simile a quella raccontata nel film, Il sol dell’avvenire è un’opera importantissima in quanto racconta, ripercorre e lascia allo spettatore la libertà di formare un proprio giudizio sulle vicende mostrate. In un tempo fatto di revisionismo e di costante disinformazione, il cinema si riappropria non casualmente della sua capacità di raccontare il tempo (vedere anche gli esempi di Gomorra di Garrone e Il divo di Sorrentino). Quindi, nell’attesa di poter vedere il film di De Maria, evviva i finanziamenti pubblici (peraltro concessi a Il sol dell’avvenire dal governo Berlusconi nella persona dell’allora ministro Buttiglione) attribuiti a opere meritorie come quella di Pannone. Perché un Paese che ha paura di un cinema che racconti la sua storia, anche quella più oscura, non è un Paese sano.
Quindi, visto che sembra proprio questa l’arma agitata dai governanti contro le opere da loro considerate scomode o quanto meno fuori dal loro controllo, cogliamo l’occasione per tornare a discutere del Fondo unico per lo spettacolo (398’000’000 di Euro stanziati nel 2009, di cui solo il 18.5% destinato al cinema) di cui si è parlato molto in questi mesi, spesso per sottolinearne l’inutilità e gli abusi.
Il ministro Brunetta, in un discorso denso come non mai di demagogia (durante il quale ha definito i cineasti italiani presenti a Venezia: “Gente che ha preso tanti soldi e ha incassato poco al botteghino. Gente che non ha mai lavorato per il bene del paese, anzi non ha mai lavorato”), ha denigrato lo scorso 11 settembre a Gubbio i finanziamenti pubblici spiegando che il cinema (nonché teatro ed enti lirici) deve misurarsi con il mercato, dimenticando che l’invito per il cinema a misurarsi con un mercato asfittico a livello distributivo come quello italiano, significa parlare in mala fede.
Nella patria del liberismo, gli Stati Uniti (sempre citati a sproposito in queste occasioni), i fondi pubblici per il cinema ci sono. Li elargisce l’American Film Institute, organo indipendente sostenuto dal Governo, che poi può anche occuparsi di distribuzione e preservazione.
Tra le tante opere sostenute dall’AFI troviamo il primo lungometraggio di David Lynch Eraserhead (1977) nonché A Woman Under Influence (1974) di Cassavetes. Bastano come esempi?
In Italia, il Governo ha recentemente contribuito alla produzione, tra gli altri, de Il divo di Paolo Sorrentino (costo 5’201’000 Euro, contributo 1’700’000, incasso 4’553’000), Gomorra di Matteo Garrone (costo 5’893’000, contributo 2’000’000, incasso 10’184’000), La ragazza del lago di Andrea Molaioli (costo 2’460’000, contributo 800’000, incasso 3’003’000), Pranzo di Ferragosto di Gianni Di Gregorio (costo 900’000 circa, contributo 720’000, incasso 2’124’000). Sono esempi, questi ultimi, illuminanti e quindi citare sempre l’onnipresente Cattive ragazze di Marina Ripa Di Meana (sostenuto con l’allora articolo 28) come esempio di sperpero di denaro pubblico non è esattamente onesto. Significa usarne uno per punire tutti. Questo per non dire che è compito di uno Stato civile sostenere opere artistiche di valore che, a fronte di un interesse culturale, possono non fare corrispondere un esito commerciale particolarmente felice (sono i casi, secondo l’elenco riportato sopra, degli ultimi lavori di Faenza, Bellocchio, Olmi e Virzì).
Vale la pena forse di concludere osservando come la storia usata per fini propagandistici al cinema non abbia mai avuto grande fortuna: Barbarossa di Renzo Martinelli – coproduzione Rai Trade, finanziato con fondi del ministero e per il 60% da un consorzio di imprenditori privati piemontesi (intervista di Maurizio Turroni a Renzo Martinelli, Famiglia Cristiana n. 41, 11 ottobre 2009. Da Famiglia Cristiana online) – è costato circa 30 milioni di Dollari e gli incassi si sono fermati a meno di un milione di Euro (si parla solo dello sfruttamento nelle sale italiane).
Che voglia dire qualcosa?
SOMMARIO del NUMERO19 (novembre 2009)
4 La copertina di Josh Pesavento
5 Editoriale di Roberto Rippa
6 Brevi appunti sparsi di immagini in movimento di Alessio Galbiati e Roberto Rippa
7 Bad Lieutenant: Port of Call New Orleans di Gianpiero Ariola
9 LINGUA DI CELLULOIDE Il ventre dell’architetto cineparole di Ugo Perri
10 Il nastro bianco di Alessandra Cavisi
11 La Taranta di Samuele Lanzarotti
12 RC SPECIALE – SOLO LIMONI. Genova – G8 – 2001 a cura di Alessio Galbiati
13 • Il cineocchio sul G8. Il concatenamento collettivo di enunciazioni di Giacomo Verde sui fatti del G8 genovese del 2001 di Alessio Galbiati
14 • Intervista a Giacomo Verde di Alessio Galbiati
Giacomo Verde
18 • bio
18 • video-filmografia (1983-2006)
20 • BELLEZZA e GIUSTIZIA. appunti per una riflessione su arte, politica, G8 di Genova di Giacomo Verde
22 • Genova – G8 – 2001. Videografia a cura di Alessio Galbiati
24 Il tempo muore anche al cinema. François Truffaut e il ciclo Doinel di Monia Raffi
29 Alan Turing: il film sarà bellissimo! di Costanza Baldini
30 L’ELENCO DI n COSE – classificazione enciclopedica del nulla #1 a cura di Gregory Arkadin
I 6 film che non possono mancare nella videoteca dell’ex-governatore del Lazio, Piero Marrazzo.6 titoli per provare ad accettare la propria reale natura e vivere serenamente.
34 RC SPECIALE – Quentin Tarantino’s. INGLOURIOUS BASTERDS a cura di Alessio Galbiati e Roberto Rippa
35 • Inglourious Basterds di Roberto Rippa
36 • Inglourious Basterds. Le convergenze parallele (e bastarde) di Quentin Tarantino di Alessio Galbiati
38 • Riferimenti cinematografici
39 • Personaggi
40 • Riferimenti musicali
40 • Colonna sonora
42 Pedro Almodóvar Caballero di Alessio Galbiati
46 • Pedro Almodóvar. Filmografia completa (1978-2009)
47 • Bibliografia. La critica in lingua italiana