22/11/11

Programmazione Cinema Dicembre 2011 Scaglie

Dicembre Cinema 2011 Scaglie

Domenica 4 Dicembre ore 21.30

Exit through the gift shop

di Banksy (2010  USA 87’)
Esordio cinematografico dell’artista Banksy che nel 2010 ha conquistato il Festival di Berlino e il Sundance Festival. Definito come “il più grande documentario sulla Street Art che non ha mai visto la luce”, il film è diretto da Banksy, superstar della street art britannica la cui identità rimane ancora oggi sconosciuta. Il film però, non parla di Banksy e nemmeno della Street Art perché, come afferma l’artista stesso, la persona che doveva realizzarlo si è dimostrata un soggetto di gran lunga più interessante. Si tratta di Thierry Guetta, un francese trapiantato a Los Angeles che gestisce un negozio di vintage. Le cose da sapere su di lui sono tre: ha una personalità ossessivo-compulsiva, è cugino dello street artist parigino Invader e non si muove mai senza una telecamera. Con determinazione, Thierry Guetta individua la sua nuova missione per la vita, realizzare il più grande documentario sulla Street Art intervistandone i protagonisti e seguendoli nelle loro imprese. Si inizia dalla famiglia, con Invader e presto seguono altre personalità come Shepard ‘Obey’ Fairey (famoso per il suo poster con il volto di Obama e la scritta ‘Hope’) che accolgono Guetta a braccia aperte, un po’ per la sua buona volontà, un po’ per il suo goffo entusiasmo. Ma quando nel 2006 Banksy si reca a Los Angeles, Guetta intravede l’opportunità della vita. Un film dedicato al più grande writer della nostra epoca. Banksy accetta la compagnia dell’eccentrico francese, non disdegnando una persona esperta della città degli angeli. A questo punto qualcosa va storto, forse quando Banksy, un po’ esausto consiglia a Guetta di produrre la propria arte. In un battibaleno, Guetta investe le sue (non poche) energie nella creazione di Mr Brainwash e diventa un artista di grido. Alla sua prima inaugurazione, un guazzabuglio di opere scopiazzate dal libro “Art Now” di Taschen, intervengono, tra gli altri, Angelina Jolie e Jude Law. Narrato da Rhys Ifans, il documentario non è solo esilarante, ma anche una riflessione crudele sul mondo dell’arte che, come riferisce Banksy in un’intervista a Sheperd Fairey, “è la più grande delle truffe. È un ospizio per superprivilegiati, velleitari e deboli”. Il dvd è accompagnato da un libro che include la suddetta intervista più altri saggi utili a capire la personalità di Banksy, che anche con Exit through the gift shop ci ricorda il suo più grande talento, l’abilità di smascherare gli impostori e le insensatezze della nostra epoca. (by SaraSchifano)

Domenica 11 Dicembre ore 21.30
Italian Kings of B’s
di  Steve Della Casa 
Il film di serie B è nato negli anni trenta negli Stati Uniti per contrastare il calo di spettatori nelle sale. Pagando un solo biglietto si poteva vedere un film in più e questo spiega anche la loro durata inferiore ai settanta minuti. Si trattava di film (di genere soprattutto western e noir) girati in pochi giorni e sfruttando scenografie e costumi di altri film ben più costosi. Negli anni Sessanta ha avuto il massimo successo di pubblico con i film prodotti e diretti da Roger Corman.  Resta invece incerta l'origine del nome, o meglio, della "B". Secondo alcuni viene da «Bottom of the Bill» perché il loro titolo era scritto in fondo al manifesto del film che accompagnavano; secondo altri invece viene da «Bread and Butter» cioè film girati per guadagnare il pane, per vivere. Il termine ha poi assunto un significato di film girato in fretta, senza particolari pretese e solitamente, ma non sempre, di non eccelsa qualità.  In Italia i film di serie B hanno assunto soprattutto significato di film di bassa qualità. Essi si diffusero in particolar modo tra gli anni sessanta e gli anni ottanta, ma in realtà esistono da quando è nato il cinema con i suoi generi. Questi film, venivano girati e montati molto in fretta rispetto agli standard delle grandi produzioni, perciò hanno sempre goduto del vantaggio d'essere distribuiti (nel caso dei sequel), in modo relativamente celere rispetto all'uscita dell'originale. I numerosi generi e sottogeneri (tra questi ricordiamo almeno gli spaghetti western o western all'italiana, nati con il cinema di Sergio Leone) che questa definizione abbraccia, proprio perché così diversi fra loro e per la facilità degli argomenti trattati, ebbero molta fortuna tra gli spettatori italiani, almeno fino all'avvento della televisione generalista e commerciale verso la metà degli anni settanta; anche in caso di abbandono del pubblico, si rigenerarono cambiando anche registro, ad esempio, da drammatico a comico; o si perpetuarono in, più o meno lunghi, sequel. Perciò, a tempo di record, e in qualche caso anche nell'arco dello stesso anno, uscivano nelle sale numerosi film di una stessa serie, con varianti, e omissioni (anche evidenti) comprese, tendenzialmente peggiorando in qualità e sceneggiatura di film in film; la richiesta faceva sì che si formassero dei veri e propri episodi espressi in tempo reale, che il pubblico, in qualche modo richiedeva, o imparava ad aspettare; il meccanismo durava finché c'era pubblico in sala. Lo sfruttamento plurimo di uno stesso personaggio faceva sì che divenisse, ben presto, uno stereotipo; o l'utilizzazione di una situazione conosciuta e/o riconoscibile immediatamente alla collettività degli spettatori, anche di diversa estrazione sociale, permettevano al grande pubblico di affezionarsi alle serie, creando così, ove fosse possibile, dei tormentoni che si traducevano in pubblicità gratuita ai vari prodotti, in blocco, senza discrimini qualitativi di sorta. Per lo stesso motivo, molti attori, identificati nei personaggi stessi che interpretavano, divennero dei veri e propri modelli incarnando delle maschere nel tempo del cinematografo. Tra gli altri attori celebri dei B-Movie italiani vanno ricordate vere e proprie star agli occhi degli appassionati del genere, personaggi come Bombolo, Jimmy il Fenomeno, Lando Buzzanca, Lino Banfi, Alvaro Vitali, Renzo Montagnani, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, o attrici come Barbara Bouchet, Gloria Guida, Nadia Cassini, Edwige Fenech, Anna Maria Rizzoli, Carmen Villani e Orchidea De Santis. Negli ultimi anni, molti tra questi B-movie sono tornati alla ribalta, per motivi non soltanto cinematografici, ma più per l'importanza sul piano del costume nazionale poiché vengono identificati generalmente con la commedia erotica all'italiana o commedia sexy; vengono sovente definiti trash o cult, a volte pronunciato come si scrive, o in un altro caso stracult, come dichiara l'omonimo titolo di un dizionario di B-Movie e di un programma televisivo a loro dedicati, curati dallo storico del cinema Marco Giusti. Durante la 61ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia (2004) è stata presentata una selezione di film di serie B italiani, chiamata Italian Kings of the Bs / Storia segreta del cinema italiano 1949-1976, patrocinata da Quentin Tarantino, che ha avuto una sezione dedicata ed ha riscosso un grande successo di pubblico e critica. Questo imperdibile documentario ne ripercorre la storia (da Wikipedia).

Domenica 18 Dicembre ore 21.30
Una bella grinta
di Giuliano Montaldo (1964 ITA 100’)
Girato a Bologna, "il film mira chiaramente a darci il ritratto di un nuovo tipo di borghese italiano, il borghese neocapitalista nordico [...] e qui, crediamo, sta la sua indubbia originalità. Si pensi agli industriali ora crepuscolari ora, che fa lo stesso, demiurgici del nostro cinema anche migliore, e si vedrà la differenza: Zambrini non è crepuscolare né demiurgico, è quello che è. Il grande merito di Giuliano Montaldo è di averci dato un personaggio per così dire di puro comportamento, senza quasi residui ideologici o psicologici, fine a se stesso. Un simile personaggio, naturalmente, può anche compiere un delitto: in lui il crimine non sarà motivo di rimorso o di orgoglio; resterà una cosa fra le tante che può accadere di fare per difendersi e affermarsi". (Alberto Moravia)
Di sicuro Montaldo e i suoi co-sceneggiatori Lucio Battistrada, Armando Crispino e Giuliani De Negri non potevano immaginare quanto di profetico ci fosse in questo film, che racconta la storia di un industrialotto spregiudicato che continua ad accumulare debiti, riesce a farla franca con la giustizia e finisce addirittura per compiere un omicidio e rimanere anche in questo caso impunito. Un uomo vile, viscido, amorale, fondamentalmente impotente (e questa è la ragione per cui ostenta continuamente la propria virilità): un Berlusconi ante litteram. Ma non solo di coincidenze si può parlare, perchè l'Italia del 1965, a boom economico appena concluso, era fertile terreno per una storia di questo tipo, la cui morale si racchiude nella battuta "Avere i soldi ti permette di non pagare": il potere alimenta sè stesso e non deve giustificazioni a nessuno. Così come Zambrini compie la sua parabola trionfale in Una bella grinta (per inciso: di titoli più brutti raramente è capitato di sentirne), allo stesso modo il cavaliere di Arcore farà nella realtà, trasformandosi pian piano da losco palazzinaro con le mani affondate nel fango in vero e proprio criminale, ma un criminale ormai perfettamente in grado di aggirare accuratamente la legge. Purtroppo la forma (visiva) non corrisponde alle straordinarie intuizioni di scrittura, anche perchè Una bella grinta è in fondo il secondo film di Montaldo regista (escludendo il pasticciato — e introvabile — documentario Nudi per vivere, girato assieme agli amici Giulio Questi ed Elio Petri, e un sketch in un film a episodi) e la sua mancanza di inventiva si nota facilmente. In particolare la parte che risente maggiormente dell'inesperienza del regista è quella centrale, durante la quale i dialoghi vengono ridotti sensibilmente (la macchina da presa segue la fuga del protagonista, solitario) e l'azione prende a correre su binari monotoni: il tutto è salvato solamente da una strepitosa colonna sonora swing, firmata dal grandissimo Piero Umiliani. Renato Salvatori è lievemente imperfetto, forse proprio perchè diretto da un regista non particolarmente esperto, ma il personaggio è assolutamente il suo: duro, scontroso, furbo ma con malizia quando non pura malvagità. Fotografia, molto bella, in bianco e nero che risalta le desolate campagne emiliane invernali in cui la storia si svolge, a cura di Erico Menczer, che aveva appena finito di girare La vita agra dell'amico (di Montaldo) Lizzani. (da cinerepublic.film.tv.it)

Nessun commento: