Lourdes
di Jessica Hausner (2009 Austria/FRA/GER 96')
Gemma in celluloide, astratta e tagliente, filmata dalla Hausner in luoghi di culto solitamente interdetti ai media e per di più con l'autorizzazione delle attente autorità ecclesiastiche. La grandezza del film viene dimostrata anche dal fatto che è stato premiato al Festival di Venezia sia dai critici cattolici che dall'associazione degli atei e non credenti. La pellicola, controllatissima in ogni dettaglio, infatti viene a configurarsi come una raffigurazione feroce della mancanza di fede nel nostro mondo e della attuale inutilità dei miracoli a causa di un cinismo imperante e di una dilagante mercificazione dei simboli religiosi: la vendita di enormi taniche d'acqua santa o i negozi stracolmi di Madonne degni dell'incubo del Cristo/ladrone de La montagna sacra, il ridicolo premio per il pellegrino dell'anno. Lo stile della Hausner ricorda la lezione di Bresson nel non enfatizzare i dettagli più inquietanti, ma possiede la vena perfida del miglior Buñuel quando mostra il potere sociale della malattia o l'essenza profonda degli esseri umani (indimenticabili i dialoghi tra il prete, il capoguardia e la vicecapo infermiera mentre giocano a carte bevendo vino). Da sottolineare i sottili scambi relazionali tra i protagonisti, che frequentemente sono dominati dallo scetticismo o dall'invidia, per un film che mostra elegantemente l'egoismo che spesso si nasconde dietro atti di solidarietà apparentemente genuini. Tra le riprese si notano alcune sequenze provenienti da macchine da presa piazzate in punti strategici e rubate durante i veri rituali, come quelle della toccante veglia notturna, che conferiscono al film un emozionante realismo. Superlativa la sequenza della gita in montagna con tanto di gelosie, livori, disquisizioni teologiche, amori e voyeurismo senile. Inquietante la protagonista interpretata da una bravissima Sylvie Testud, che rimane quasi indifferente al miracolo e apparentemente si trova a Lourdes quasi per noia. Figura centrale è quella dell'anziana vicina di letto della miracolata: una delle poche a possedere una vera e solida fede. Probabilmente è lei quella che permette l'avvenimento del miracolo, ma è sempre lei che nel raggelante e geniale finale (tutti ballanti al ritmo di Felicità di Al Bano e Romina cantata da un esilarante crucco) riporta la protagonista sulla carrozzina, come a voler dire che un'umanità del genere non merita guarigioni miracolose. Una scena atroce, ma potentemente reale e umana, che rimane incuneata nella mente anche a distanza di molti giorni dalla visione. Un film che, a suo modo, è un miracolo.
19/09/10
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento