Appunti per un film sull'India
di Pier Paolo Pasolini (1968 ITA 34’)
I temi centrali del documentario sarebbero il contrasto tra l’arcaismo del mondo rurale e l’inurbazione del proletariato operaio industriale, il conflitto costante tra il problema della fame e quello della sovrappopolazione, tra la democrazia formale e il sistema delle caste. Pasolini però li trascende e riesce ad afferrare l'intimità dello spirito indiano confrontando l'opinione di varie persone provenienti da ogni casta e ruolo sociale riguardo alla veridicità dell’ipotesi di partenza di un suo prossimo film sull’India (si parla di un Maharajah che, in preda ad una pietà religiosa irrefrenabile, si offre in pasto a due tigrotti affamati e delle vicissitudini della sua famiglia piombata nella povertà più nera in seguito al suo gesto). Pasolini nel suo peregrinare e grazie al suo stupefacente occhio poetico trova tra la popolazione sia i volti per interpretarne i personaggi che i luoghi dove rappresentare la vicenda. Emerge il contrasto tra l’immane povertà di questa gente e la loro sorprendente quiete interiore, la dolcezza, la grazia dei loro gesti quotidiani, dei “loro sorrisi illuminati dall’interno”. Il documentario è un mirato atto d’accusa verso l’Occidente e le rivoluzioni apparentemente “democratiche” da esso pilotate, che riducono ogni realtà ad una traduzione nei termini del mondo borghese, il quale non accetta diversità e richiede per funzionare lo snaturamento e l’assimilazione di tutto ciò che è altro da sé. ”Un occidentale che va in India ha tutto, ma non dà niente. L’India, invece, che non ha nulla, in realtà dà tutto. Ma cosa?”, conclude il regista. La risposta è nelle immagini che accompagnano le sue parole: un corpo viene solennemente cremato. L’India, come il Maharajah della sua storia, al processo di “democratizzazione”, rischia di poter offrire solo la propria morte. C'era già arrivato quarant'anni fa...
Buon Natale a tutti i lettori del blog!
17 ore fa
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